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Rinuncia al ricorso: estinzione e spese compensate

Un comune ha presentato ricorso in Cassazione contro una società di trasporto persone, contestando una decisione che annullava una sanzione basata su un’ordinanza locale. Tale ordinanza limitava la navigazione nelle acque del centro storico alle imbarcazioni autorizzate da comuni diversi. A seguito di una nuova e decisiva sentenza delle Sezioni Unite sulla stessa materia, il comune ha presentato una rinuncia al ricorso. La Corte Suprema ha quindi dichiarato l’estinzione del processo e ha compensato integralmente le spese legali tra le parti, riconoscendo l’importanza del pregresso contrasto giurisprudenziale risolto solo di recente.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio e compensazione delle spese

L’istituto della rinuncia al ricorso rappresenta un meccanismo processuale cruciale che può determinare la conclusione anticipata di un giudizio di legittimità. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come tale atto, specialmente se motivato da un mutamento giurisprudenziale, influenzi non solo l’esito del processo ma anche la regolamentazione delle spese legali tra le parti. Analizziamo insieme i dettagli di questa interessante vicenda.

I Fatti: La Disputa sull’Ordinanza Comunale

La controversia ha origine da un’ordinanza ingiunzione emessa da un noto Comune lagunare nei confronti di una società di trasporto persone. L’accusa era la violazione di un’ordinanza locale che vietava il transito nelle acque del centro storico di Murano alle unità adibite al noleggio granturismo dotate di autorizzazioni rilasciate da comuni diversi. La società si era opposta alla sanzione, ottenendo ragione sia davanti al Giudice di Pace che, in appello, davanti al Tribunale. Secondo i giudici di merito, l’ordinanza comunale creava una disparità di trattamento ingiustificata tra gli operatori del settore.

Il Ricorso in Cassazione e l’Intervento delle Sezioni Unite

Non arrendendosi, l’amministrazione comunale ha proposto ricorso per Cassazione, articolando cinque complessi motivi che spaziavano dalla violazione di norme nazionali sulla concorrenza e sui servizi pubblici fino alla presunta lesione di principi costituzionali e del diritto dell’Unione Europea. Tuttavia, durante la pendenza del giudizio, si è verificato un evento decisivo: le Sezioni Unite Civili della stessa Corte di Cassazione hanno pronunciato una sentenza dirimente (n. 17541/2023) proprio sulla medesima questione, seguita da altre pronunce conformi. Questo nuovo orientamento giurisprudenziale, evidentemente sfavorevole alla tesi del Comune, ha cambiato le carte in tavola.

L’impatto della rinuncia al ricorso sul processo

Preso atto del nuovo consolidato orientamento, il Comune ricorrente ha depositato una dichiarazione di rinuncia al ricorso. Questo atto unilaterale, previsto dall’articolo 391 del codice di procedura civile, è sufficiente a provocare l’estinzione del processo, anche senza un’esplicita accettazione da parte della controparte (la società controricorrente, in questo caso). La Corte, ricevuta la rinuncia dopo aver già fissato l’udienza, è stata chiamata a pronunciarsi con ordinanza per formalizzare l’estinzione del giudizio.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto il giudizio. La questione più delicata da risolvere era quella relativa alle spese processuali. Di norma, la parte che rinuncia al ricorso viene condannata a pagare le spese legali della controparte. In questo caso, però, il Comune aveva richiesto la compensazione integrale delle spese. La Corte ha accolto tale richiesta, basando la sua decisione su una motivazione di equità e ragionevolezza. Ha riconosciuto che il ricorso del Comune si fondava su questioni di diritto complesse e su un pregresso contrasto interpretativo all’interno della stessa giurisprudenza. È stato solo l’intervento chiarificatore e risolutivo delle Sezioni Unite a rendere la posizione del Comune insostenibile. La rilevanza e la complessità delle questioni trattate, che hanno richiesto l’intervento del massimo organo nomofilattico, giustificavano ampiamente la decisione di lasciare che ogni parte sostenesse i propri costi.

Le Conclusioni: Compensazione delle Spese e Principio di Diritto

In conclusione, la Corte ha stabilito due principi importanti. Primo, la rinuncia al ricorso comporta l’estinzione del giudizio, che deve essere formalizzata con ordinanza. Secondo, in presenza di un mutamento giurisprudenziale su questioni complesse e dibattute, che ha di fatto reso inutile la prosecuzione del giudizio, è giustificata la compensazione integrale delle spese legali tra le parti. Infine, l’ordinanza ha chiarito che, in caso di rinuncia, non si applica l’obbligo del versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto invece per i casi di rigetto o inammissibilità del ricorso. Questa decisione sottolinea come il sistema processuale tenga conto dell’evoluzione del diritto, evitando di penalizzare la parte che, con senso di responsabilità, prende atto di un nuovo e consolidato orientamento giurisprudenziale.

Cosa succede quando una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
La rinuncia formale al ricorso determina l’estinzione del giudizio. La Corte di Cassazione prende atto della rinuncia e dichiara estinto il processo con un’apposita ordinanza, ponendo così fine alla controversia a quel livello di giudizio.

Perché la Corte ha deciso di compensare le spese legali anziché addebitarle alla parte che ha rinunciato?
La Corte ha compensato le spese perché ha riconosciuto che il ricorso era stato proposto sulla base di un significativo e preesistente contrasto giurisprudenziale. La rinuncia è avvenuta solo dopo un intervento risolutore delle Sezioni Unite che ha chiarito la questione. La complessità e la rilevanza della materia hanno quindi giustificato la decisione di far sostenere a ciascuna parte i propri costi legali.

Chi rinuncia al ricorso deve pagare il cosiddetto ‘doppio contributo unificato’?
No. L’ordinanza chiarisce che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, non si applica nei casi di rinuncia al ricorso, ma solo in quelli di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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