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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte sia del ricorrente principale che di quello incidentale. Data la mancata costituzione della parte intimata, la Corte non ha pronunciato condanna alle spese, applicando l’articolo 391 del codice di procedura civile.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Quando il Giudizio si Estingue

La rinuncia al ricorso rappresenta un atto processuale fondamentale che consente a una parte di interrompere volontariamente un giudizio di impugnazione. Questa decisione ha conseguenze dirette e immediate sulla sorte del processo, come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Analizziamo un caso emblematico che illustra perfettamente come la rinuncia, se effettuata da tutte le parti impugnanti, conduca inevitabilmente all’estinzione del giudizio, con specifiche regole per la gestione delle spese legali.

Il Contesto del Caso: Un Doppio Passo Indietro

La vicenda processuale trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. A impugnare la decisione non era una sola parte, ma due distinti soggetti: un ricorrente principale e una società che aveva proposto un ricorso incidentale. Entrambi contestavano, per ragioni diverse, la medesima pronuncia di secondo grado. La controparte, un Fallimento, era stata regolarmente informata del ricorso ma aveva scelto di non costituirsi in giudizio, rimanendo quindi assente dal procedimento.

Il colpo di scena si è verificato quando, nel corso del giudizio di Cassazione, sia il ricorrente principale sia quello incidentale hanno formalmente dichiarato di voler rinunciare ai rispettivi ricorsi. Questa doppia e concorde volontà di abbandonare l’impugnazione ha posto la Corte di fronte a una situazione ben definita dalla legge processuale.

La Decisione della Corte: Conseguenze della Rinuncia al Ricorso

La Suprema Corte, prendendo atto delle dichiarazioni di rinuncia, non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione dell’intero giudizio di cassazione. La decisione si basa su un principio cardine del diritto processuale: il processo continua solo se vi è l’interesse di almeno una delle parti a ottenere una pronuncia nel merito. Venendo meno tale interesse da parte di tutti i soggetti che avevano promosso l’impugnazione, il procedimento perde la sua ragione d’essere e deve essere chiuso.

Un aspetto cruciale della decisione riguarda la regolamentazione delle spese legali. Poiché la parte intimata (il Fallimento) non si era costituita in giudizio, la Corte ha stabilito che non vi fosse luogo a una condanna al pagamento delle spese. Questa scelta non è discrezionale, ma deriva direttamente da una precisa disposizione normativa.

Le Motivazioni: L’Applicazione dell’Art. 391 c.p.c.

La motivazione della Corte è lineare e si fonda sull’applicazione dell’articolo 391 del codice di procedura civile. Questa norma disciplina gli effetti della rinuncia nel giudizio di Cassazione.

Il primo effetto, automatico, è che la rinuncia al ricorso, quando accettata dalle altre parti costituite che ne abbiano interesse, comporta l’estinzione del procedimento. In questo caso specifico, poiché la rinuncia proveniva da tutti gli impugnanti (principale e incidentale), l’estinzione è stata una conseguenza inevitabile e non era necessaria l’accettazione della controparte, la quale peraltro non era nemmeno costituita.

Il secondo effetto, relativo alle spese, è altrettanto chiaro. Lo stesso art. 391 c.p.c. prevede che la Corte non emetta una condanna alle spese se la parte contro cui è stato proposto il ricorso non ha partecipato al giudizio. La logica è semplice: non avendo sostenuto costi per difendersi in Cassazione, la parte intimata non ha diritto ad alcun rimborso. Pertanto, a fronte della mancata costituzione del Fallimento, la Corte ha correttamente omesso qualsiasi pronuncia sulle spese.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Rinuncia

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che la rinuncia al ricorso è uno strumento efficace per chiudere un contenzioso, specialmente quando le parti raggiungono un accordo stragiudiziale o quando un’analisi costi-benefici sconsiglia di proseguire il giudizio. In secondo luogo, chiarisce in modo inequivocabile il regime delle spese legali: chi rinuncia al ricorso non sarà condannato a rimborsare le spese di una controparte che ha scelto di non partecipare al giudizio. Questa regola incentiva le parti a valutare con attenzione l’opportunità di costituirsi, poiché la mancata costituzione, sebbene precluda la possibilità di difendersi, mette al riparo da eventuali pretese economiche in caso di estinzione del processo per rinuncia.

Cosa succede se tutte le parti che hanno impugnato una sentenza decidono di rinunciare al ricorso in Cassazione?
Il giudizio di Cassazione si estingue. La Corte, preso atto della rinuncia da parte di tutti i ricorrenti (sia principali che incidentali), dichiara la fine anticipata del processo senza emettere una decisione nel merito.

Se il giudizio di Cassazione si estingue per rinuncia, chi paga le spese legali della controparte?
La condanna alle spese dipende dalla condotta della controparte. Secondo l’ordinanza, basata sull’art. 391 c.p.c., se la parte intimata (contro cui era rivolto il ricorso) non si è costituita in giudizio, non viene emessa alcuna condanna al pagamento delle spese legali.

La rinuncia al ricorso è efficace anche se proviene sia dal ricorrente principale sia da quello incidentale?
Sì. Come dimostra il caso in esame, quando sia il ricorrente principale sia quello incidentale rinunciano ai rispettivi ricorsi, l’effetto combinato delle loro dichiarazioni porta all’estinzione dell’intero giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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