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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione di un giudizio in materia di lavoro a seguito della rinuncia al ricorso da parte dei dipendenti. La controversia originaria riguardava l’inquadramento e le differenze retributive di alcuni lavoratori di un ente pubblico. Con la rinuncia, il processo si conclude senza una decisione nel merito, e la Corte compensa le spese legali tra le parti.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al ricorso: Quando il Processo si Ferma Prima del Verdetto

La rinuncia al ricorso è un istituto fondamentale del diritto processuale civile che consente di porre fine a un giudizio prima della sua naturale conclusione. Con l’ordinanza n. 5742/2024, la Corte di Cassazione offre un chiaro esempio pratico delle conseguenze di tale atto, dichiarando l’estinzione di un complesso contenzioso di diritto del lavoro. Analizziamo i dettagli di questa decisione per capire come funziona e quali sono le sue implicazioni.

Il Contesto: Una Lunga Controversia di Lavoro

La vicenda trae origine da una richiesta di alcuni dipendenti di un ente pubblico regionale, i quali contestavano il proprio inquadramento professionale. Essi erano stati assunti a seguito di procedure selettive riservate al personale interno, che però erano state successivamente dichiarate illegittime e annullate dal giudice amministrativo.

Nonostante l’annullamento delle procedure, i lavoratori erano stati definitivamente assunti grazie a una legge regionale successiva, emanata per salvaguardare le loro posizioni. La questione legale verteva sul corretto inquadramento economico e sulla decorrenza dei benefici, con i dipendenti che chiedevano il riconoscimento di una posizione superiore.

La Decisione della Corte d’Appello

In secondo grado, la Corte di Appello aveva ribaltato la sentenza iniziale, respingendo le domande dei lavoratori. I giudici territoriali avevano stabilito che l’assunzione definitiva non derivava dalla selezione originaria (ormai annullata), ma dalla successiva legge regionale. Di conseguenza, la decorrenza economica dell’inquadramento doveva essere calcolata dalla data di stipula dei nuovi contratti di lavoro e non retroattivamente.

Insoddisfatti, i dipendenti avevano deciso di portare la questione davanti alla Corte di Cassazione, proponendo ricorso.

L’Atto Decisivo: La Rinuncia al Ricorso in Cassazione

Il colpo di scena è avvenuto prima che la Cassazione potesse esaminare il merito della questione. I ricorrenti, infatti, hanno notificato formalmente alla controparte un atto di rinuncia al ricorso. Questo atto unilaterale, come sottolineato dalla Corte, è sufficiente a chiudere la partita processuale.

La Corte ha verificato che la rinuncia fosse ‘rituale’, ovvero compiuta nel rispetto delle forme previste dalla legge: sottoscritta personalmente dalle parti e notificata al procuratore della controparte prima dell’udienza. Una volta accertata la regolarità, l’esito era segnato.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni dell’ordinanza sono di natura puramente processuale. La Suprema Corte non entra nel merito della controversia lavoristica, ma si limita a prendere atto della volontà dei ricorrenti di abbandonare l’impugnazione. La legge, in particolare l’art. 391 del codice di procedura civile, prevede che la rinuncia, se accettata dalla controparte o se ritualmente notificata, estingua il procedimento.

I giudici chiariscono che la rinuncia al ricorso per cassazione è un atto unilaterale che non richiede l’accettazione della controparte per essere efficace. La semplice notifica formale è sufficiente a produrre l’effetto estintivo. Di conseguenza, il compito della Corte è stato semplicemente quello di dichiarare formalmente l’estinzione del giudizio di legittimità.

In merito alle spese legali, la Corte ha deciso per la loro integrale compensazione, tenendo conto dell’esito del giudizio. Inoltre, ha specificato che la declaratoria di estinzione esime i ricorrenti dal versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto in caso di rigetto del ricorso.

Le Conclusioni

Questa ordinanza evidenzia l’importanza degli atti processuali nella definizione di una controversia. La rinuncia al ricorso rappresenta uno strumento a disposizione delle parti per terminare una lite, evitando i costi e le incertezze di un giudizio di Cassazione. La decisione dimostra che, una volta formalizzata la rinuncia, il processo si conclude inevitabilmente con una declaratoria di estinzione. Per le parti coinvolte, ciò significa che la sentenza impugnata (in questo caso, quella della Corte d’Appello) diventa definitiva, e il giudizio si chiude con una decisione sulle spese che, come in questo caso, può portare alla loro compensazione.

Qual è l’effetto principale della rinuncia al ricorso?
La rinuncia al ricorso, se formalmente valida, comporta l’estinzione del giudizio. Ciò significa che il processo si conclude senza una decisione nel merito da parte del giudice adito.

La parte avversaria deve accettare la rinuncia al ricorso perché sia valida?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che la rinuncia al ricorso è un atto unilaterale che, per la sua operatività, non richiede l’accettazione della controparte. È sufficiente che sia notificata regolarmente al procuratore di quest’ultima.

Cosa succede alle spese legali in caso di estinzione del giudizio per rinuncia?
In caso di estinzione, il giudice decide sulle spese. In questo specifico caso, la Corte ha optato per la compensazione integrale, stabilendo che ogni parte sostenesse i propri costi. Inoltre, la declaratoria di estinzione evita l’obbligo di pagare l’ulteriore contributo unificato previsto per i ricorsi respinti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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