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Rinuncia al ricorso e spese: la Cassazione decide

Due cittadini rinunciano al ricorso in Cassazione contro un Ministero per un risarcimento danni. A causa della mancata accettazione della rinuncia da parte del Ministero, la Cassazione ha dichiarato estinto il giudizio e ha condannato i cittadini a pagare le spese legali, chiarendo le conseguenze della rinuncia al ricorso.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso: Conseguenze sulle Spese Legali Secondo la Cassazione

La rinuncia al ricorso è uno strumento processuale che consente di porre fine a un contenzioso in fase di impugnazione. Tuttavia, le sue implicazioni, specialmente per quanto riguarda le spese legali, non sono sempre scontate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: cosa succede se la rinuncia non viene formalmente accettata dalla controparte? La decisione chiarisce che, in assenza di un’accettazione formale, la parte che rinuncia è tenuta a sostenere i costi del giudizio.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una richiesta di risarcimento avanzata nel 2018 da due cittadini nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. I due sostenevano di aver subito danni a seguito di un’alluvione fluviale avvenuta nel lontano 1992, attribuendo la causa a un’errata progettazione degli argini del fiume da parte di un funzionario del ministero.

Sia in primo grado, presso il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, sia in appello, presso il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, la domanda dei cittadini era stata respinta. I giudici avevano infatti dichiarato il diritto al risarcimento prescritto, ritenendo superato il termine decennale previsto dalla legge. Secondo i tribunali, il termine per agire era iniziato a decorrere non dalla data dell’alluvione, ma dal momento in cui i danneggiati avevano potuto acquisire consapevolezza della causa del danno, identificato al più tardi con la condanna penale in primo grado dell’ingegnere responsabile della progettazione (avvenuta nel 2003).

Di fronte a queste decisioni sfavorevoli, i due cittadini avevano deciso di presentare ricorso per Cassazione.

La Rinuncia al Ricorso e la Disciplina delle Spese

Durante il giudizio di legittimità, è avvenuto il colpo di scena: i ricorrenti hanno depositato un atto di rinuncia al ricorso. In tale atto, essi chiedevano che le spese legali venissero compensate tra le parti, sostenendo che anche l’amministrazione resistente (il Ministero) aderisse a tale richiesta.

Qui sorge il nodo centrale della questione affrontata dalla Corte Suprema. L’atto di rinuncia, infatti, era stato sottoscritto solo dai ricorrenti e dal loro avvocato, ma mancava la firma dell’Avvocato dello Stato, che rappresentava il Ministero. Questa assenza si è rivelata decisiva.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, preso atto della rinuncia, ha dichiarato estinto il giudizio. Tuttavia, per quanto riguarda le spese, ha respinto la richiesta di compensazione. I giudici hanno chiarito che, sebbene la rinuncia al ricorso abbia l’effetto di escludere una possibile condanna per responsabilità aggravata (ai sensi dell’art. 96, quarto comma, c.p.c.), non elimina il principio generale secondo cui la parte che rinuncia deve farsi carico delle spese.

La motivazione è squisitamente procedurale: la mancanza di accettazione formale da parte del controricorrente (il Ministero) impedisce di considerare valido qualsiasi accordo sulla compensazione delle spese. L’affermazione dei ricorrenti circa l’adesione del Ministero non era supportata da una prova documentale, ovvero la firma dell’Avvocato dello Stato sull’atto di rinuncia. Di conseguenza, la Corte ha applicato la regola standard, ponendo le spese del giudizio di Cassazione a carico dei rinuncianti.

Conclusioni

L’ordinanza offre un importante insegnamento pratico: chi intende effettuare una rinuncia al ricorso e desidera evitare la condanna alle spese deve assicurarsi di ottenere una formale e inequivocabile accettazione da parte della controparte. Tale accettazione deve manifestarsi con la sottoscrizione congiunta dell’atto di rinuncia o con un atto separato. Affidarsi a presunti accordi verbali o a dichiarazioni unilaterali non è sufficiente a derogare alla regola generale che addossa i costi del processo a chi decide di abbandonarlo. La formalità degli atti processuali, come dimostra questo caso, è un elemento imprescindibile per garantire la certezza dei rapporti giuridici.

Cosa succede se una parte decide di fare una rinuncia al ricorso in Cassazione?
La rinuncia al ricorso comporta l’estinzione del giudizio, ovvero la sua conclusione definitiva senza una decisione nel merito della questione.

Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso?
La regola generale prevede che le spese legali siano a carico della parte che effettua la rinuncia. È possibile un accordo diverso, come la compensazione delle spese, solo se la rinuncia viene formalmente accettata dalla controparte.

In questo caso, perché i ricorrenti sono stati condannati a pagare le spese pur avendo chiesto la compensazione?
Perché l’atto di rinuncia, in cui si menzionava un accordo per la compensazione, non è stato firmato dall’Avvocato dello Stato che rappresentava il Ministero. La Corte ha ritenuto questa mancanza come una mancata accettazione formale, applicando quindi la regola generale che pone le spese a carico dei rinuncianti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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