Rinuncia al Ricorso: Chi Paga le Spese Se la Controparte Non Accetta?
La decisione di presentare una rinuncia al ricorso durante un giudizio di Cassazione può sembrare una via d’uscita per concludere una controversia, ma le conseguenze economiche non sono sempre scontate. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: anche se il giudizio si estingue, la parte che rinuncia può essere comunque condannata a pagare le spese legali, soprattutto se la controparte non accetta formalmente la rinuncia.
I Fatti del Caso: Un Passo Indietro nel Processo di Cassazione
La vicenda processuale ha origine da un ricorso presentato in Cassazione da una cittadina contro una sentenza della Corte d’Appello di Roma. La controparte nel giudizio era una società in fallimento. In una fase avanzata del procedimento, la ricorrente ha deciso di fare un passo indietro, depositando un atto formale di rinuncia al ricorso.
Tuttavia, la società in fallimento, costituitasi come controricorrente, non ha manifestato la propria adesione a tale rinuncia. Questa mancata accettazione è diventata il punto cruciale per la decisione finale sulle spese di lite.
La Decisione della Corte sulla Rinuncia al Ricorso
La Corte di Cassazione ha preso atto della volontà della ricorrente e ha dichiarato, come previsto dalla legge, l’estinzione del giudizio. La controversia, quindi, si è conclusa senza una decisione sul merito della questione.
Nonostante la chiusura del procedimento, i giudici hanno condannato la ricorrente a rimborsare le spese processuali alla controparte. Poiché la società fallita era stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, la Corte ha disposto che il pagamento, quantificato in € 5.200,00 oltre accessori, fosse effettuato direttamente a favore dell’Erario.
Le Motivazioni della Condanna alle Spese
La motivazione della Corte si basa su un principio chiaro del codice di procedura civile. L’articolo 391 c.p.c. stabilisce che la parte che rinuncia a un ricorso deve rimborsare le spese alle altre parti, a meno che non vi sia un accordo diverso. La rinuncia, infatti, è un atto unilaterale che determina la fine del processo, ma la legge presume che chi rinuncia abbia dato causa al giudizio e al sostenimento dei relativi costi da parte dell’avversario.
In questo caso specifico, la mancanza di adesione da parte della società controricorrente ha reso automatica l’applicazione di questa regola. La Corte ha inoltre applicato l’articolo 133 del Testo Unico sulle Spese di Giustizia (T.U.S.G.), che prevede, in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato della parte vittoriosa (o che comunque non deve sostenere le spese), la condanna della controparte a pagare le somme dovute direttamente allo Stato.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Rinuncia Non Accettata
Questa ordinanza offre un importante monito: la rinuncia al ricorso non è una scorciatoia a costo zero per chiudere un contenzioso. È un atto processuale con precise conseguenze giuridiche ed economiche. Prima di procedere con una rinuncia, è essenziale valutare attentamente la posizione della controparte. Se non si ottiene una sua esplicita adesione, che potrebbe includere un accordo sulla compensazione delle spese, il rischio di essere condannati al pagamento di tutti i costi del giudizio è molto concreto. La decisione conferma che chi abbandona un’impugnazione è considerato, ai fini delle spese, come la parte che ha perso la causa.
Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione ma la controparte non accetta la rinuncia?
Il giudizio di cassazione si estingue ugualmente, ma la parte che ha rinunciato viene condannata a pagare le spese processuali sostenute dalla controparte, poiché si presume che abbia dato causa al giudizio.
Se la parte che subisce la rinuncia è ammessa al patrocinio a spese dello Stato, chi riceve il pagamento delle spese legali?
In questo caso, la condanna al pagamento delle spese viene pronunciata a favore dell’Erario (lo Stato), che ha anticipato i costi per la difesa della parte ammessa al beneficio.
La rinuncia al ricorso comporta sempre l’estinzione del giudizio?
Sì, secondo quanto emerge dall’ordinanza, la rinuncia al ricorso comporta l’estinzione del giudizio di cassazione, indipendentemente dal fatto che le altre parti aderiscano o meno.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23975 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23975 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13249/2021 proposto da:
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocato COGNOME per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA N. 738/2020 della CORTE D ‘ APPELLO DI ROMA, depositata il 3/2/2020;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell’adunanza in camera di consiglio del 26/6/2025;
FATTI DI CAUSA
rilevato che: – la ricorrente, con atto in data 9/6/2025, ha dichiarato di rinunciare al ricorso e che il controricorrente non risulta aver aderito alla rinuncia; – la rinuncia al ricorso comporta l’estinzione del giudizio di cassazione ma, in difetto di a desione delle relative controparti, è pronunciata la condanna alle spese
nei confronti del ricorrente, che vi ha dato causa (art. 391 c.p.c.); – il Fallimento controricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, per cui, a norma dell’art. 133 T.U.S.G., la condanna dev’essere pronunciata a favore dell’ Erario e, come da parte statuitiva, riflette nella misura finale la disamina della lite, delle difese e dell’andamento del giudizio ;
P.Q.M.
la Corte dichiara l’estinzione del giudizio di cassazione; condanna la ricorrente a rimborsare al Fallimento e, per esso, allo Stato le spese di lite, che liquida in €. 5 .200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima