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Rinuncia al ricorso: conseguenze sulle spese legali

Una società di revisione, sanzionata dall’autorità di vigilanza sui mercati finanziari per irregolarità nella revisione dei bilanci di due compagnie assicurative, ha impugnato la sanzione. Giunto il caso in Cassazione, la società ha presentato una rinuncia al ricorso. La Corte ha dichiarato estinto il processo, condannando però la parte ricorrente al pagamento delle spese legali della controparte, poiché quest’ultima non aveva aderito alla rinuncia. La decisione chiarisce le implicazioni procedurali ed economiche della rinuncia in Cassazione.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Societario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso: la Cassazione Chiarisce le Conseguenze sulle Spese Legali

La decisione di presentare una rinuncia al ricorso in Cassazione è un atto processuale con conseguenze precise, soprattutto per quanto riguarda la ripartizione delle spese legali. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: se la controparte non accetta la rinuncia, il rinunciante è tenuto a rimborsare le spese di giudizio. Analizziamo insieme questa vicenda per comprendere meglio le dinamiche e le implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

La controversia trae origine da una sanzione amministrativa pecuniaria inflitta dall’Autorità di vigilanza sui mercati finanziari a una società di revisione e a un suo professionista. Le sanzioni erano state comminate per presunte violazioni dei principi di revisione contabile (ISA Italia e D.Lgs. 39/2010) nei lavori di controllo sui bilanci di due compagnie assicurative.

La società e il professionista avevano impugnato la delibera sanzionatoria davanti alla Corte d’Appello, chiedendone l’annullamento totale o parziale per carenza di prove e sproporzione delle sanzioni. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto l’opposizione, confermando la validità degli accertamenti e la proporzionalità delle sanzioni.

Contro questa decisione, le parti sanzionate avevano proposto ricorso per cassazione. Tuttavia, in una fase successiva del giudizio, hanno depositato un atto di rinuncia al ricorso.

La Decisione sulla rinuncia al ricorso e le sue conseguenze

Preso atto della rinuncia al ricorso, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del processo. Questa è la conseguenza diretta prevista dall’art. 391, comma 1, del Codice di procedura civile. La decisione, però, non si è limitata a questo. L’Autorità di vigilanza, costituitasi come controricorrente, pur prendendo atto della rinuncia, ha insistito per la condanna alle spese.

La Corte ha accolto questa richiesta, condannando la parte ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 3.300 oltre accessori. La chiave di volta di questa decisione risiede nella ‘mancata adesione alla rinuncia ad opera della controparte’, un dettaglio che determina l’obbligo di rifondere le spese.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione chiara delle norme procedurali. L’estinzione del processo per rinuncia al ricorso comporta una regolamentazione delle spese legali che dipende dalla posizione della controparte. Se quest’ultima accetta la rinuncia senza insistere sulle spese, il giudice può disporne la compensazione. In questo caso, però, la controricorrente non ha aderito alla rinuncia in tal senso, ma ha chiesto espressamente la condanna alle spese. Di conseguenza, la Corte ha applicato il principio generale della soccombenza virtuale, ponendo i costi del giudizio a carico di chi ha rinunciato.

Un altro aspetto importante toccato dalla Corte riguarda il cosiddetto ‘doppio contributo unificato’. La declaratoria di estinzione del giudizio, come specificato nell’ordinanza richiamando un precedente (Cass. 25485/2018), esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. 115/2002. Questa norma prevede l’obbligo per la parte impugnante soccombente di versare un’ulteriore somma pari al contributo unificato già pagato. Poiché l’estinzione non equivale a una decisione di rigetto o inammissibilità nel merito, tale obbligo non sorge.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, la rinuncia al ricorso in Cassazione non garantisce automaticamente di evitare la condanna alle spese legali. È fondamentale considerare la posizione della controparte: solo un accordo tra le parti può portare a una compensazione delle spese. In assenza di tale accordo, chi rinuncia sarà probabilmente considerato ‘soccombente’ ai fini delle spese. In secondo luogo, la rinuncia permette di evitare il pagamento del doppio contributo unificato, un risparmio economico non trascurabile che può influenzare la decisione di proseguire o meno con un’impugnazione dall’esito incerto.

Cosa succede se si presenta una rinuncia al ricorso in Cassazione?
Il processo si estingue, ovvero si conclude senza una decisione sul merito della questione. La Corte dichiara formalmente la fine del giudizio.

La parte che rinuncia al ricorso deve sempre pagare le spese legali della controparte?
No, non sempre. È tenuta a pagarle se la controparte non accetta la rinuncia o, pur accettandola, insiste per ottenere il rimborso delle spese sostenute. Se c’è un accordo tra le parti, le spese possono essere compensate.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del doppio contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito che la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’obbligo di versare un’ulteriore somma a titolo di contributo unificato, previsto solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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