Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20675 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20675 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
R.G.N. 31504/20
C.C. 10/07/2025
Vendita -Cose mobili -Inadempimento -Risarcimento danni –
Pagamento prezzo sul ricorso (iscritto al N.R.G. 31504/2020) proposto da:
COGNOME NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 640/2020, pubblicata il 30 giugno 2020, notificata a mezzo PEC il 15 ottobre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 luglio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
visto l’atto di rinuncia al ricorso, depositato in via telematica dalla ricorrente il 3 giugno 2025.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 7 marzo 2005, COGNOME NOME conveniva, davanti al Tribunale di Fermo, COGNOME Franco, chiedendo che il convenuto fosse condannato al risarcimento dei danni nella misura di euro 10.000,00 in esito all’inadempimento del contratto di vendita di un forno per la cottura di alimenti, inadempimento consistito nel ritardo nella consegna e nel cattivo montaggio.
Si costituiva in giudizio COGNOME COGNOME il quale contestava la domanda avversaria e, in via riconvenzionale, chiedeva che l’attrice fosse condannata al versamento del prezzo residuo dovuto per la fornitura di alcuni beni acquistati dall’attrice unitamente al forno.
Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa ed era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 807/2014, depositata il 31 ottobre 2014, accoglieva la domanda principale e la domanda riconvenzionale e, per l’effetto, condannava il convenuto al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di euro 8.500,00, a titolo di risarcimento danni, nonché condannava l’attrice al pagamento, in favore del convenuto, della somma di
euro 2.490,00, senza accessori, a titolo di saldo del corrispettivo dovuto per l’acquisto.
-Avverso la pronuncia di prime cure proponeva appello COGNOME COGNOME contro cui resisteva COGNOME NOMECOGNOME
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Ancona, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’impugnazione e, per l’effetto, in riforma della pronuncia appellata, condannava COGNOME NOME al pagamento, in favore di COGNOME Franco, della somma di euro 2.490,00, oltre interessi legali dalla messa in mora al saldo sulla sorte capitale e oltre il maggior danno pari al saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a 12 mesi, se superiore al saggio degli interessi legali, dalla messa in mora al saldo, nonché alla restituzione di quanto corrisposto in virtù della sentenza impugnata, oltre interessi dal pagamento al saldo.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, COGNOME NOME
Ha resistito, con controricorso, l’intimato COGNOME COGNOME.
4. -La ricorrente ha rinunciato al ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., per avere la Corte di merito accolto incoerentemente il motivo di appello relativo alla condanna, a titolo di saldo del prezzo, al pagamento della somma di euro 2.490,00, sebbene in comparsa conclusionale parte appellante avesse manifestamente rinunciato
alla richiesta di tale somma, in quanto, per accordo transattivo relativo alla correzione di fatto della sentenza di primo grado, si era stabilito che tale somma non fosse corrisposta in favore del venditore.
2. -Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto, in termini irriducibilmente contraddittori e incoerenti, che -in base alla clausola 5 delle condizioni generali di cui alla commissione del 17 gennaio 2003, in tema di installazione -il contratto intercorso tra le parti escludesse la predisposizione dell’impianto di scarico dei vapori ad opera del venditore, in quanto non previsto in tale articolo.
3. -Con il terzo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., per avere la Corte distrettuale reputato che non vi fosse stato ritardo nella consegna del forno, benché la consegna fosse avvenuta circa un anno e quattro mesi dopo l’ordine, e che il maggior consumo di energia elettrica dipendesse solo dalla presenza del ventilatore (in realtà mai installato), anziché dalla cottura difficoltosa per ristagno dei vapori all’interno della camera di cottura, con la conseguente cattiva cottura dei cibi da pizzeria.
4. -Con il quarto motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 2222 c.c., per avere la Corte del gravame mancato di considerare l’esistenza del contratto d’opera, in ragione di un accordo tra le parti che avrebbe previsto
un quid pluris rispetto al contratto di vendita, con uno specifico obbligo di facere , ossia il montaggio/installazione del forno e della condotta di scarico dei vapori, oltre alla vendita, come sarebbe risultato dal contratto intercorso di cui alla commissione del 17 gennaio 2003 e dalla prova testimoniale assunta.
5. -Con il quinto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, come risultante dal testo della sentenza e dagli atti processuali, per avere la Corte di secondo grado mancato di tenere conto del fatto che la ditta COGNOME avesse riconosciuto di aver realizzato l’impianto di scarico dei vapori, seppure errato nella sua esecuzione.
6. -Il sesto motivo di ricorso investe, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte d’appello asserito che non fosse stato previsto alcun termine di consegna del forno, così da non potere invocare il ritardo nell’apertura dell’attività, benché la commissione del forno risalisse al 17 gennaio 2003 e la consegna fosse avvenuta nell’aprile del 2004.
7. -Il settimo motivo di ricorso riguarda, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte anconetana mancato di considerare la circostanza relativa all’aumento di corrente elettrica, non dovuto alla presenza di aspiratori, per quanto comunque necessari, ma al ristagno dei vapori all’interno della camera di cottura del forno.
8. -Sennonché, come anzidetto, la ricorrente ha rinunciato al ricorso con atto di rinuncia depositato in via telematica il 3 giugno 2025 (e comunicato alla controparte costituita a cura della cancelleria ex art. 390, terzo comma, c.p.c. il 4 giugno 2025), cui non è seguita alcuna accettazione del controricorrente.
Ne consegue che, in applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 390 e 391 c.p.c., deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio di legittimità, poiché la rinuncia al ricorso per cassazione produce l’estinzione del processo anche in assenza di accettazione, non avendo tale atto carattere ‘accettizio’ per essere produttivo di effetti processuali.
Piuttosto, detta rinuncia, determinando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, comporta il venir meno dell’interesse a contrastare l’impugnazione, fatta salva, comunque, la condanna del rinunciante alle spese del giudizio -quale parte che vi ha dato causa -, spese che si liquidano come da dispositivo (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 25745 del 26/09/2024; Sez. 5, Ordinanza n. 10140 del 28/05/2020; Sez. U, Ordinanza n. 34429 del 24/12/2019; Sez. 6-L, Sentenza n. 3971 del 26/02/2015; Sez. 5, Sentenza n. 9857 del 05/05/2011; Sez. 3, Ordinanza n. 21894 del 15/10/2009; Sez. 3, Ordinanza n. 23840 del 18/09/2008).
Non ricorrono, al riguardo, specifiche circostanze meritevoli di apprezzamento, idonee a giustificare la deroga alla regola generale della condanna del rinunciante al rimborso delle spese sostenute dalla controparte (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 14685 del 27/05/2024; Sez. L, Sentenza n. 14257 del 22/05/2024; Sez. 1, Ordinanza n. 9474 del 22/05/2020), posto che non è stata
allegata all’atto di rinuncia alcuna transazione tra le parti da cui risulti che le stesse si sono accordate per la compensazione di dette spese, come sostenuto dalla ricorrente nell’atto di rinuncia.
Per effetto della rinuncia non trova applicazione l’obbligo di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, stabilito dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002 (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 19071 del 18/07/2018; Sez. 6-1, Ordinanza n. 23175 del 12/11/2015; Sez. 6-3, Ordinanza n. 19560 del 30/09/2015).
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara estinto il giudizio di legittimità e condanna la ricorrente alla refusione, in favore del controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda