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Rinuncia al ricorso: come si decidono le spese?

Un istituto bancario, dopo aver proposto ricorso in Cassazione contro due garanti di un credito, ha presentato una rinuncia al ricorso. La Corte Suprema ha dichiarato estinto il giudizio e, applicando il principio della soccombenza virtuale, ha condannato l’istituto bancario al pagamento delle spese legali. La decisione si fonda sull’analisi dei motivi del ricorso, che la Corte ha ritenuto sarebbero stati comunque respinti per inammissibilità e infondatezza.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Chi Paga le Spese?

La decisione di presentare una rinuncia al ricorso in Cassazione è un passo processuale delicato con conseguenze dirette sulla ripartizione delle spese legali. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce come, anche in caso di rinuncia, la parte che rinuncia possa essere condannata a pagare le spese, basandosi su una valutazione dell’esito probabile del giudizio. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I Fatti del Caso

Un istituto bancario, in qualità di cessionario di un portafoglio di crediti, aveva agito legalmente contro due persone fisiche, garanti di un debito contratto da una società. Dopo aver perso sia in primo grado che in appello, l’istituto ha deciso di portare la questione davanti alla Corte di Cassazione.

Tuttavia, in prossimità dell’udienza, la banca ha depositato un atto di rinuncia al ricorso, motivandolo con “sopravvenute valutazioni di opportunità”. A questo punto, la Corte Suprema si è trovata a dover decidere non sul merito della causa, ormai conclusa, ma sulla regolamentazione delle spese legali del giudizio di legittimità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio a seguito della rinuncia. La questione centrale, però, era stabilire chi dovesse farsi carico dei costi del procedimento. Invece di compensare le spese (dividerle tra le parti), la Corte ha condannato l’istituto bancario rinunciante a rimborsare integralmente le spese legali sostenute dai garanti.

Le Motivazioni: La Soccombenza Virtuale e la Rinuncia al Ricorso

Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione del principio di “soccombenza virtuale”. La Corte ha spiegato che la rinuncia è un atto unilaterale che estingue il processo, ma non risolve la questione delle spese. Per decidere su queste, il giudice deve compiere una valutazione prognostica: analizzare i motivi del ricorso e stabilire se, in assenza della rinuncia, sarebbero stati accolti o respinti.

In questo caso, la Corte ha esaminato i cinque motivi di ricorso presentati dalla banca, concludendo che nessuno di essi aveva probabilità di successo:

* Errata valutazione delle prove: Un motivo è stato giudicato inammissibile perché, pur lamentando una violazione delle norme sull’onere della prova, in realtà criticava la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, attività non consentita in Cassazione.
* Vizio di motivazione e la “doppia conforme”: Altri motivi sono stati ritenuti inammissibili a causa della regola della “doppia conforme”. Poiché la sentenza d’appello aveva confermato integralmente quella di primo grado sui fatti, era preclusa la possibilità di contestare in Cassazione un presunto vizio di motivazione.
* Infondatezza degli altri motivi: I restanti motivi sono stati considerati parimenti inammissibili o infondati, in quanto contestavano accertamenti fattuali o questioni già correttamente risolte nei gradi precedenti.

Poiché l’analisi ha rivelato che il ricorso sarebbe stato molto probabilmente respinto, la Corte ha identificato l’istituto bancario come la parte “virtualmente soccombente” e, di conseguenza, lo ha condannato al pagamento delle spese.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: la rinuncia al ricorso non è una scorciatoia per evitare la condanna alle spese. Anche se pone fine alla controversia, il giudice è tenuto a valutare la fondatezza potenziale dell’impugnazione per decidere a chi addebitare i costi del procedimento. La scelta di rinunciare, soprattutto in una fase avanzata del giudizio, deve quindi essere attentamente ponderata, tenendo conto del rischio concreto di essere considerati soccombenti virtuali e di dover comunque sostenere l’onere delle spese legali della controparte.

Cosa succede se una parte presenta una rinuncia al ricorso in Cassazione?
Il giudizio si estingue, ovvero si conclude senza una decisione nel merito della questione. La Corte non esamina più la fondatezza dell’impugnazione.

La rinuncia al ricorso esonera automaticamente dal pagamento delle spese legali?
No. La Corte è tenuta a decidere sulla ripartizione delle spese. Per farlo, applica il principio della “soccombenza virtuale”, valutando quale sarebbe stato l’esito probabile del ricorso se non fosse stato ritirato. Se il ricorso appare infondato, la parte che ha rinunciato viene condannata a pagare le spese.

Cos’è il principio della “soccombenza virtuale”?
È il criterio utilizzato dal giudice per decidere sulle spese quando un processo si estingue per rinuncia. Consiste in un’analisi ipotetica dei motivi del ricorso per determinare quale parte avrebbe probabilmente perso la causa. La parte identificata come “virtualmente soccombente” viene condannata al pagamento delle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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