Rinuncia al ricorso: uno strumento per chiudere la lite
La rinuncia al ricorso è un istituto fondamentale del diritto processuale civile che consente di porre fine a una controversia in modo definitivo. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come questo strumento funzioni nella pratica, evidenziando le sue conseguenze dirette sull’esito del giudizio e sulla gestione delle spese legali. Analizziamo insieme il caso per comprendere meglio la portata di questa scelta processuale.
I fatti di causa
Una società alberghiera aveva citato in giudizio una società di servizi ambientali, incaricata della riscossione della Tariffa di Igiene Ambientale (TIA). L’oggetto della contesa era la restituzione di una somma considerevole, versata a titolo di IVA su tale tariffa in un arco temporale di diversi anni. La società alberghiera sosteneva che, secondo consolidati orientamenti giurisprudenziali, la TIA avesse natura di tributo e, come tale, dovesse essere esente da IVA.
Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione alla società alberghiera, condannando la società di servizi a rimborsare l’importo indebitamente percepito. Di fronte a questa doppia sconfitta, la società di servizi aveva deciso di tentare l’ultima carta, proponendo ricorso davanti alla Corte di Cassazione.
La decisione della Corte e la rinuncia al ricorso
Il percorso del giudizio di legittimità ha subito una svolta decisiva prima ancora di arrivare alla discussione nel merito. La società ricorrente, infatti, ha depositato un atto di rinuncia al ricorso, manifestando formalmente la volontà di non proseguire con l’impugnazione. Questo atto ha cambiato completamente lo scenario.
La Corte di Cassazione, ricevuta la rinuncia, non è entrata nel merito della questione (ovvero, se l’IVA sulla TIA fosse dovuta o meno), ma si è limitata a prendere atto della volontà della parte ricorrente. Verificata la correttezza formale della rinuncia, ha dichiarato l’estinzione del giudizio.
Le motivazioni
La motivazione dell’ordinanza è estremamente sintetica e si concentra esclusivamente sugli aspetti procedurali. I giudici hanno spiegato che l’atto di rinuncia depositato era “rituale”, cioè conforme alle condizioni previste dall’articolo 390 del Codice di Procedura Civile.
La conseguenza diretta e inevitabile di una rinuncia valida è l’estinzione del processo, come stabilito dalla legge. Inoltre, la Corte ha sottolineato un aspetto di grande rilevanza pratica: la rinuncia, presentata in quella specifica forma, consentiva di non pronunciare condanna alle spese processuali del giudizio di legittimità, in applicazione dell’articolo 391, quarto comma, del Codice di Procedura Civile. In sostanza, la parte che ha rinunciato ha evitato di essere condannata a pagare gli onorari legali della controparte per la fase di Cassazione.
Le conclusioni
Questa ordinanza dimostra l’importanza strategica della rinuncia al ricorso. Si tratta di una scelta che può essere motivata da varie ragioni: una riconsiderazione delle probabilità di successo, un accordo transattivo raggiunto tra le parti, o semplicemente la volontà di porre fine a un contenzioso lungo e costoso. Il caso in esame evidenzia come, oltre a chiudere definitivamente la lite, la rinuncia possa essere uno strumento per controllare e limitare l’esborso finale in termini di spese legali, evitando una probabile condanna in caso di rigetto del ricorso. Per le parti in causa, valutare attentamente questa opzione è un passaggio cruciale nella gestione di un’impugnazione.
Cosa succede se una parte presenta una rinuncia al ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione, una volta verificato che la rinuncia sia stata presentata correttamente secondo le norme procedurali, dichiara l’estinzione del giudizio. Il processo si chiude senza una decisione nel merito della questione.
La parte che effettua la rinuncia al ricorso è sempre condannata a pagare le spese legali?
No. Come specificato nel provvedimento, se la rinuncia soddisfa le condizioni previste dalla legge (art. 390 e 391 c.p.c.), la Corte può non pronunciare condanna alle spese processuali del giudizio di legittimità.
Perché in questo caso la Corte non ha deciso se l’IVA sulla tariffa ambientale fosse dovuta o meno?
La Corte non ha deciso nel merito perché l’atto di rinuncia al ricorso, depositato dalla società ricorrente, ha interrotto il processo. La funzione della Corte è diventata quella di verificare la validità della rinuncia e dichiarare l’estinzione del giudizio, senza poter più esaminare il fondo della controversia.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8344 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8344 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21176/2021 R.G. proposto da :
VENEZIANA RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 1145/2021 depositata il 19/04/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/02/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
La società RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio la RAGIONE_SOCIALE (V.E.R.IRAGIONE_SOCIALE chiedendone la condanna alla restituzione della somma di € 48.772,80, versata a titolo di IVA sulle fatture relative alla Tariffa di Igiene Ambientale (TIA) nel periodo compreso tra la il 13.05.2003 e il 28.10.2010. Alla luce di successivi orientamenti giurisprudenziali, ha ritenuto che la TIA costituisse un tributo e, in quanto tale, esente da IVA. Di conseguenza, ha agito nei confronti della RAGIONE_SOCIALE società incaricata della riscossione, per ottenere la restituzione dell’importo indebitamente versato a titolo di imposta non dovuta. Il Tribunale di Venezia accoglieva la domanda e condannava RAGIONE_SOCIALE a restituire alla controparte la somma di € 48.772,80 oltre interessi dalla domanda giudiziale al saldo.
Con la sentenza n. 1145/2021, del 20.4.2021 la Corte d’Appello di Venezia confermava la sentenza impugnata.
Ricorre RAGIONE_SOCIALE con un solo motivo.
3.1. L’intimata non ha svolto attività difensiva.
3.2. È stata formulata proposta di definizione accelerata del ricorso, per i suoi riscontrati profili di inammissibilità; in esito al deposito della procura a chiedere la decisione del ricorso, ne è disposta la trattazione in adunanza camerale.
CONSIDERATO CHE:
4. Il ricorso deve essere dichiarato estinto per rinuncia.
Prima della data fissata per la trattazione in camera di consiglio, infatti, è stato depositato atto di rinuncia al ricorso da parte di V.E.R.I.T.A.S. ricorrente principale.
Trattasi di rinuncia rituale, giacchè soddisfa le condizioni poste dall’art. 390 c.p.c., e consente, anche, di non pronunciare condanna alle spese processuali del presente giudizio di legittimità (art. 391, quarto comma, c.p.c.).
P.Q.M.
la Corte dichiara l’estinzione per rinuncia del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza