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Rinuncia al ricorso: come estingue il giudizio

Un professionista si opponeva a un decreto ingiuntivo per il pagamento di indagini geotecniche. Dopo la reiezione dell’opposizione in primo e secondo grado, in Cassazione le parti hanno raggiunto un accordo, portando alla rinuncia al ricorso e alla conseguente estinzione del giudizio.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso: La Via d’Uscita dal Giudizio di Cassazione

Quando un contenzioso legale arriva fino alla Corte di Cassazione, l’esito può sembrare incerto fino all’ultimo. Tuttavia, esiste uno strumento processuale che permette alle parti di porre fine alla disputa in modo definitivo: la rinuncia al ricorso. Un’ordinanza recente della Suprema Corte illustra perfettamente come questo istituto ponga fine al giudizio, evidenziandone le importanti conseguenze pratiche, soprattutto in merito alle spese legali e agli oneri fiscali.

I Fatti del Contenzioso: Dal Decreto Ingiuntivo alla Cassazione

La vicenda trae origine da un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale a favore di una società di servizi geotecnici nei confronti di un professionista. La richiesta di pagamento, pari a circa 60.000 euro, riguardava il corrispettivo per indagini geognostiche e prove geotecniche relative a un progetto di ampliamento stradale.

Il professionista si era opposto al decreto, sostenendo che il pagamento fosse subordinato alla liquidazione delle somme da parte dell’Ente Provinciale committente, condizione che non si era verificata. Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello, però, avevano respinto le sue ragioni. I giudici di merito avevano ritenuto provata l’esecuzione della prestazione da parte della società e non dimostrata l’esistenza di una condizione sospensiva che legasse il pagamento all’ente pubblico. Anzi, durante un interrogatorio formale, lo stesso professionista aveva ammesso che l’eventuale condizione non si estendeva al rimborso delle spese per la perizia. Di fronte alla doppia sconfitta, il professionista aveva deciso di presentare ricorso in Cassazione.

L’Accordo tra le Parti e la Conseguente Rinuncia al Ricorso

Durante il giudizio dinanzi alla Suprema Corte, è avvenuto il colpo di scena. Le parti, in prossimità dell’udienza, hanno comunicato di aver raggiunto un accordo per la definizione conciliativa della controversia. Questo accordo prevedeva, tra le altre cose, la presentazione di una rinuncia al ricorso da parte del professionista, con la relativa accettazione da parte della società creditrice. Conseguentemente, il ricorrente ha depositato un atto formale, sottoscritto sia da lui personalmente che dal suo difensore, così come l’accettazione è stata firmata dal difensore della controparte.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, preso atto del deposito dell’atto di rinuncia e della sua accettazione, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La decisione si fonda su precise disposizioni del codice di procedura civile.

In primo luogo, i giudici hanno verificato la regolarità formale dell’atto. L’articolo 390 del codice di procedura civile richiede che la rinuncia sia sottoscritta dalla parte e dal suo avvocato, o dal solo avvocato se munito di mandato speciale. In questo caso, la presenza di tutte le firme necessarie ha soddisfatto pienamente i requisiti di legge.

Di conseguenza, in applicazione dell’articolo 391 del codice di procedura civile, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare estinto il processo. Questo significa che il giudizio si è concluso senza che la Corte entrasse nel merito dei motivi del ricorso. Riguardo alle spese legali, la Corte non ha emesso alcuna statuizione, poiché la loro regolamentazione era verosimilmente parte dell’accordo transattivo raggiunto tra le parti, come si evinceva dal tenore della stessa rinuncia.

Infine, è stata affrontata la questione del cosiddetto “doppio contributo unificato”. L’articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002 prevede che la parte che ha impugnato e ha perso debba versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato. La Corte, richiamando una propria precedente pronuncia (Cass. n. 19560/2015), ha chiarito che questa norma non si applica quando il giudizio si estingue per rinuncia, in quanto non vi è una parte “non vittoriosa” nel merito.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. Dimostra come un accordo tra le parti possa chiudere efficacemente e vantaggiosamente un contenzioso anche nella fase più alta del giudizio. La rinuncia al ricorso, se formalmente corretta, porta all’immediata estinzione del processo, evitando i tempi e le incertezze di una decisione della Cassazione. Inoltre, la pronuncia conferma un principio fondamentale per chi decide di rinunciare: l’estinzione del giudizio esclude l’obbligo di versare il doppio del contributo unificato, un risparmio economico non indifferente che può incentivare le soluzioni conciliative.

Cosa succede quando una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
Il giudizio viene dichiarato estinto, il che significa che il processo si conclude senza una decisione della Corte nel merito dei motivi di ricorso.

Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso?
Nel caso specifico, la Corte non ha emesso alcuna statuizione sulle spese di lite, poiché il tenore della rinuncia e dell’accettazione lasciava intendere che le parti avessero già regolato questo aspetto nel loro accordo transattivo.

In caso di estinzione del giudizio per rinuncia, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità della norma (art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002) che obbliga la parte impugnante non vittoriosa a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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