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Rinuncia al ricorso: chi paga le spese legali?

Un professionista, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza relativa alla condanna al pagamento delle spese legali a favore della propria assicurazione e di altre parti, effettua una rinuncia al ricorso. Mentre la compagnia assicurativa accetta la compensazione delle spese, le altre controparti insistono per il rimborso. La Suprema Corte, dichiarando estinto il giudizio, condanna il professionista a rifondere le spese legali solo alle parti che non avevano accettato la compensazione, chiarendo che la rinuncia obbliga al pagamento dei costi sostenuti dalle controparti per resistere in giudizio.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinuncia al Ricorso: La Cassazione Chiarisce la Ripartizione delle Spese Legali

La decisione di impugnare una sentenza è un passo importante, ma altrettanto cruciale è la scelta di fare un passo indietro attraverso la rinuncia al ricorso. Questa mossa procedurale, sebbene ponga fine alla controversia, apre un interrogativo fondamentale: chi paga le spese legali sostenute fino a quel momento? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiaro indirizzo su come gestire i costi processuali quando le controparti assumono posizioni diverse sull’accettazione della rinuncia.

I Fatti del Caso: Una Complessa Vicenda di Responsabilità Professionale

La vicenda trae origine da un’azione di risarcimento danni per responsabilità professionale intentata da due società immobiliari contro il loro avvocato. Le società lamentavano una condotta negligente del legale nella gestione di un giudizio di opposizione a un decreto ingiuntivo, conclusosi con la loro sconfitta. L’avvocato, costituitosi in giudizio, aveva chiamato in causa la propria compagnia assicurativa per essere manlevato da eventuali condanne.

Il Tribunale di primo grado aveva respinto le domande delle società. La Corte d’Appello, investita della questione, aveva riformato la sentenza di primo grado solo per quanto riguarda la regolamentazione delle spese legali. In particolare, aveva stabilito che le spese sostenute dalla compagnia assicurativa dovessero essere rimborsate non dalle società attrici, ma direttamente dall’avvocato, ritenendo infondata la sua domanda di manleva per carenza di copertura assicurativa. Insoddisfatto, l’avvocato ha proposto ricorso per Cassazione.

La Rinuncia al Ricorso e la Posizione delle Controparti

Durante il giudizio di legittimità, è avvenuto il colpo di scena: il legale ricorrente ha depositato un atto di rinuncia al ricorso, proponendo la compensazione integrale delle spese. A questo punto, lo scenario si è diviso:

* La compagnia assicurativa ha dichiarato di aderire alla rinuncia, accettando la compensazione delle spese.
* Le due società immobiliari, invece, pur prendendo atto della rinuncia, hanno insistito affinché il ricorrente fosse condannato a rifondere le spese legali da loro sostenute per difendersi in Cassazione.

Si è quindi posto il problema di come ripartire i costi a fronte di posizioni così divergenti.

Le Motivazioni della Corte sulla rinuncia al ricorso

La Corte di Cassazione, con la sua ordinanza, ha innanzitutto dichiarato l’estinzione del giudizio per effetto della rinuncia. Per quanto riguarda le spese, ha applicato un principio tanto semplice quanto rigoroso, basato sull’articolo 391 del Codice di Procedura Civile.

I Giudici hanno stabilito che nel rapporto tra l’avvocato e la sua compagnia assicurativa, poteva essere disposta la compensazione, dato il reciproco accordo. Diversamente, nel rapporto con le due società immobiliari, la condanna alle spese a carico del rinunciante era inevitabile. La Corte ha spiegato che l’interesse delle società a resistere nel giudizio di Cassazione non era affatto marginale. Il ricorrente, infatti, non si era limitato a contestare la condanna alle spese a favore dell’assicurazione, ma aveva anche chiesto, in via subordinata, di porre le spese dei gradi di merito a carico delle società stesse. Questa specifica domanda ha reso necessaria e giustificata la costituzione in giudizio delle due società per difendere le proprie ragioni.

La Suprema Corte ha inoltre precisato un punto fondamentale: in caso di estinzione del giudizio per rinuncia, non è necessario procedere a una valutazione della cosiddetta “soccombenza virtuale”, ossia un’analisi ipotetica su chi avrebbe avuto torto o ragione se il processo fosse proseguito. La legge (art. 391 c.p.c.) non fa distinzioni e stabilisce che il rinunciante può essere sempre condannato alle spese, a prescindere dall’esito potenziale del ricorso. La semplice rinuncia è sufficiente a fondare la condanna ai costi sostenuti dalle controparti che non hanno accettato la compensazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

La decisione della Cassazione ribadisce un principio cardine della procedura civile: la rinuncia a un’impugnazione è un atto che produce conseguenze economiche dirette. Chi rinuncia deve essere consapevole che, salvo diverso accordo con tutte le controparti, sarà tenuto a rimborsare le spese legali sostenute da coloro che si sono dovuti difendere a causa della sua iniziativa processuale. Non è possibile ottenere una compensazione “parziale” se alcune delle parti resistono e chiedono la liquidazione dei costi. Questa ordinanza serve da monito: la rinuncia al ricorso è una scelta strategica che deve essere ponderata attentamente, considerando non solo la fine della lite, ma anche il suo costo finale.

Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso in Cassazione?
Di regola, la parte che rinuncia al ricorso è tenuta a pagare le spese legali sostenute dalle altre parti (controricorrenti), a meno che non vi sia un accordo diverso tra tutti i soggetti coinvolti nel processo.

Se una delle controparti accetta la compensazione delle spese, il rinunciante è esonerato dal pagare le spese anche alle altre?
No. L’accordo sulla compensazione delle spese vale solo tra le parti che lo hanno stipulato. Il rinunciante rimane obbligato a rifondere le spese alle altre parti che non hanno accettato la compensazione e ne hanno chiesto il pagamento.

Per decidere sulle spese dopo una rinuncia, il giudice deve valutare chi avrebbe avuto ragione nel merito (soccombenza virtuale)?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, in caso di estinzione del giudizio per rinuncia, non è necessario compiere una valutazione sulla soccombenza virtuale. La condanna alle spese a carico del rinunciante è una conseguenza diretta prevista dalla legge (art. 391 c.p.c.), a prescindere dal potenziale esito del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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