Rinuncia al ricorso: chi paga le spese legali?
La rinuncia al ricorso è un atto processuale che può chiudere anticipatamente una controversia legale. Tuttavia, non è una mossa priva di conseguenze, soprattutto per quanto riguarda le spese legali. Un recente decreto della Corte di Cassazione chiarisce in modo inequivocabile chi debba farsi carico dei costi del procedimento quando una parte decide di fare un passo indietro, anche se la controparte non accetta formalmente la rinuncia.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine da un ricorso presentato da una società immobiliare contro la Curatela della liquidazione giudiziale di un’altra società. La controversia era giunta fino alla Corte di Cassazione. Tuttavia, in corso di causa, la società ricorrente ha deciso di ritirare il proprio ricorso, presentando un atto di rinuncia.
Un dettaglio significativo è che la controparte, la Curatela, non ha formalmente accettato tale rinuncia. Questo elemento avrebbe potuto, in teoria, creare incertezza sull’esito del procedimento e, in particolare, sulla ripartizione delle spese legali.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, preso atto della rinuncia, ha emesso un decreto con due statuizioni principali:
1. Dichiarazione di estinzione del giudizio: La Corte ha dichiarato formalmente chiuso il processo, poiché l’atto di rinuncia ha fatto venir meno l’oggetto stesso del contendere.
2. Condanna alle spese: Ha condannato la società ricorrente, ovvero la parte che ha rinunciato, al pagamento delle spese processuali sostenute dalla controparte. Le spese sono state liquidate in 3.000 Euro per compensi, oltre a 200 Euro per esborsi, rimborso forfettario del 15% e accessori di legge.
Conseguenze della rinuncia al ricorso sulle spese
La decisione della Corte si fonda sull’applicazione dell’articolo 391 del Codice di Procedura Civile. Questa norma stabilisce che, in caso di estinzione del giudizio per rinuncia, il giudice deve provvedere alla liquidazione delle spese. La condanna ricade sulla parte rinunciante, a meno che non vi sia un diverso accordo tra le parti, che in questo caso mancava.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte è lineare e si basa su un principio fondamentale del diritto processuale: la parte che avvia un procedimento e poi lo abbandona deve tenere indenne la controparte dai costi che è stata costretta a sostenere per difendersi. La rinuncia al ricorso, pur essendo un diritto della parte, non può tradursi in un danno economico per chi si è diligentemente costituito in giudizio.
La Corte ha specificato che la mancata accettazione della rinuncia da parte del controricorrente non influisce sulla decisione relativa alle spese. L’obbligo di provvedere sulle spese processuali, secondo l’art. 391 c.p.c., sorge automaticamente dalla rinuncia stessa. Il giudice, nel liquidare l’importo, tiene conto della natura del contenzioso e delle difese svolte fino al momento della rinuncia, assicurando un giusto ristoro alla parte che ha subito il procedimento.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questo decreto ribadisce una regola chiara e importante: la ritirata da un giudizio di Cassazione ha un costo. Chi presenta un ricorso e poi ci ripensa deve mettere in conto di dover pagare le spese legali della controparte. La decisione serve a responsabilizzare le parti, scoraggiando la presentazione di ricorsi avventati o dilatori. Per le aziende e i privati, ciò significa che la scelta di impugnare una decisione deve essere sempre ponderata attentamente, valutando non solo le possibilità di successo, ma anche le conseguenze economiche di un’eventuale, successiva, rinuncia al ricorso.
Cosa accade se una parte rinuncia al proprio ricorso in Cassazione?
Il giudizio viene dichiarato estinto, ovvero si chiude senza una decisione sul merito della questione.
La parte che si difende deve accettare la rinuncia perché il processo si estingua?
No, sulla base del provvedimento analizzato, il processo si estingue a seguito della rinuncia anche se la controparte non la accetta formalmente.
Chi è tenuto a pagare le spese legali in caso di rinuncia al ricorso?
La parte che presenta la rinuncia è condannata a pagare le spese processuali sostenute dalla controparte fino a quel momento, come stabilito dall’art. 391 del Codice di Procedura Civile.
Testo del provvedimento
Decreto di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17226 Anno 2025
Civile Decr. Sez. 1 Num. 17226 Anno 2025
Presidente:
Relatore:
Data pubblicazione: 26/06/2025
DECRETO
sul ricorso iscritto al n. 3070/2024 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE COGNOME, elettivamente domiciliato in AULLA INDIRIZZO DOM DIG, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
CURATELA DELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ARREDAMENTI RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Massa INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso ORDINANZA di TRIBUNALE MASSA nel RG n.1090/2023 depositata il 22/12/2023.
letta la rinuncia al ricorso del ricorrente, cui peraltro non ha fatto seguito l’ accettazione del controricorrente;
ritenuto che la rinuncia ha i requisiti richiesti dagli articoli 390 e
391 c.p.c.;
che l’estinzione può essere dichiarata con decreto ai sensi dell’art. 391 c.p.c., come modificato dal d.l. n. 68 del 2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 197 del 2016;
Ritenuto che, a norma dell’art. 391, secondo comma, c.p.c., deve provvedersi sulle spese processuali, che vanno liquidate come in dispositivo, tenuto conto della natura del contenzioso e della sua evoluzione, in ragione delle difese spiegate;
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio di Cassazione.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 3.000 Euro per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 25/06/2025