Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34443 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34443 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 25264-2023 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difes o dall’avv. NOME COGNOME e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, e CONFEDERAZIONE RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, nello studio dell’avv. NOME COGNOME che li rappresenta e dife nde unitamente all’avv. NOME COGNOME
– controricorrenti –
nonchè contro
COGNOME NOME COGNOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 5667/2023 della CORTE DI APPELLO di ROMA, depositata il 08/09/2023;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 16.7.2008 la società RAGIONE_SOCIALE evocava in giudizio COGNOME NOME, COGNOME NOME Enzo e COGNOME Pasquale innanzi il Tribunale di Viterbo, invocando l’accertamento della sua esclusiva proprietà di alcuni immobili e la condanna dei convenuti al rilascio degli stessi. L’attrice allegava, in particolare, che i beni oggetto della domanda erano stati illecitamente ceduti a terzi dal COGNOME NOME.
Si costituiva quest’ultimo, contestando la domanda ed eccependo che gli immobili oggetto della domanda di rivendicazione erano stati venduti a COGNOME NOME NOME dalla società attrice, della quale egli era legale rappresentante all’epoca dell’alienazione, con atto per notar COGNOME in data 29.1.2005, e che l’acquirente aveva poi a sua volta ceduto i cespiti predetti a COGNOME Pasquale con atto a rogito del notar COGNOME in data 24.1.2007. Sosteneva quindi di aver legittimamente agito nella qualità di legale rappresentante della società attrice e contestava la propria carenza di legittimazione passiva rispetto alla domanda spiegata dalla parte attrice.
Con sentenza n. 398/2017 il Tribunale accoglieva la domanda, condannando i convenuti al rilascio dei beni rivendicati dalla società attrice.
Con la sentenza impugnata, n. 5667/2023, la Corte di Appello di Roma rigettava il gravame interposto dall’odierno ricorrente avverso la decisione di prime cure, confermandola.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione COGNOME NOME, affidandosi a due motivi.
Resistono con controricorso RAGIONE_SOCIALE ed il suo socio unico, Confederazione Nazionale delle Associazioni per la Coscienza di Krishna.
Le altre parti intimate, COGNOME NOME e COGNOME COGNOME non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
A seguito di proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art.380 bis c.p.c. la parte ricorrente, con istanza del 16.4.2024 corredata da procura speciale in pari data, ha chiesto la decisione del ricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale, ambo le parti costituite hanno depositato memoria.
La parte ricorrente, in particolare, con la sua memoria ha rinunciato al ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente il collegio dà atto che, a seguito della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 9611/2024 (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9611 del 10/04/2024, Rv. 670667) non sussiste alcuna incompatibilità del presidente della sezione o del consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, a far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1, atteso che la proposta non ha funzione decisoria e non è suscettibile di
assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta del giudizio di cassazione, con carattere di autonomia e contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa.
Prima di esaminare i motivi del ricorso, va dato atto, come già accennato, che la parte ricorrente, con la sua memoria, ha rinunciato al ricorso.
In difetto di accettazione della rinuncia, la Corte ritiene di regolare le spese del presente giudizio di legittimità (v. art. 391 secondo e ultimo comma cpc), che, liquidate come da dispositivo, sono a carico del rinunciante.
P. Q. M.
La Corte dichiara estinto il presente giudizio di legittimità e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda