LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Rinuncia al ricorso: chi paga le spese legali?

Un’amministrazione comunale, dopo aver promosso un ricorso per cassazione in una lunga controversia immobiliare, vi rinuncia. Le controparti non accettano la rinuncia e chiedono il pagamento delle spese. La Corte di Cassazione dichiara estinto il processo e, proprio in virtù della mancata accettazione, condanna l’ente alla rifusione delle spese legali, delineando le precise conseguenze economiche della rinuncia al ricorso.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Rinuncia al ricorso in Cassazione: Le Conseguenze sulle Spese Legali

La decisione di intraprendere un’azione legale comporta una serie di valutazioni strategiche, ma altrettanto importante è la gestione della sua conclusione. Un atto fondamentale in questo senso è la rinuncia al ricorso, che permette di terminare un giudizio di impugnazione. Tuttavia, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione, questa scelta non è priva di conseguenze, soprattutto per quanto riguarda il pagamento delle spese legali. Analizziamo un caso pratico che chiarisce chi deve farsi carico dei costi quando la rinuncia non viene accettata dalla controparte.

I Fatti del Caso: Una Lunga Controversia Immobiliare

La vicenda trae origine da una richiesta di pagamento avanzata da un’amministrazione comunale nei confronti di numerosi cittadini, assegnatari di alloggi edificati da cooperative edili. La controversia, iniziata nei primi anni 2000, verteva sulla richiesta di un conguaglio sul prezzo di cessione dei terreni. Dopo un complesso iter giudiziario, che ha visto alternarsi decisioni di inammissibilità e di merito tra Tribunale e Corte d’Appello, la questione è approdata in Corte di Cassazione su iniziativa del Comune, che contestava la sentenza a sé sfavorevole.

La Svolta Processuale: La Rinuncia al Ricorso

Durante il giudizio di legittimità, è accaduto un fatto decisivo: l’amministrazione comunale ha deciso di fare un passo indietro, depositando un atto di rinuncia al ricorso. Questo atto processuale, in linea di principio, è finalizzato a chiudere definitivamente la controversia, ponendo fine al processo. Tuttavia, la semplice presentazione della rinuncia non è sempre sufficiente a definire ogni aspetto, specialmente quello economico.

Le Conseguenze della Rinuncia al Ricorso non Accettata

Le parti contro cui era stato promosso il ricorso (i cittadini assegnatari degli alloggi) hanno reagito in modo specifico: pur prendendo atto della volontà del Comune, hanno dichiarato di non accettare la rinuncia e hanno chiesto che il giudice condannasse l’ente al pagamento delle spese legali sostenute per difendersi nel giudizio di Cassazione.

Questa mossa è stata determinante. La Corte di Cassazione, infatti, ha accolto la loro richiesta, delineando un principio procedurale di fondamentale importanza pratica.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il processo estinto, come previsto dall’art. 391 del codice di procedura civile in caso di rinuncia al ricorso. Tuttavia, ha chiarito che l’estinzione non comporta automaticamente l’azzeramento dei costi. Poiché le parti controricorrenti non avevano accettato la rinuncia e non sussistevano ragioni per disporre la compensazione delle spese (ovvero far sì che ogni parte pagasse le proprie), l’ente che aveva rinunciato all’impugnazione è stato condannato a rifondere tutte le spese legali alla controparte.

La Corte ha liquidato una somma specifica, comprensiva di onorari, esborsi, spese generali e accessori di legge. Inoltre, ha fornito un’importante precisazione: la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicazione della norma (art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002) che prevede il raddoppio del contributo unificato a carico della parte impugnante la cui domanda sia integralmente respinta o dichiarata inammissibile o improcedibile. La rinuncia, portando all’estinzione, evita questa sanzione aggiuntiva.

Conclusioni: Cosa Insegna Questa Ordinanza

La decisione in commento offre una lezione chiara: la rinuncia al ricorso è uno strumento efficace per porre fine a un contenzioso, ma non è una scorciatoia per evitare le proprie responsabilità economiche. Se la controparte non accetta la rinuncia, il principio generale è che chi rinuncia paga le spese del giudizio di legittimità. Questo perché la controparte è stata costretta a sostenere dei costi per difendersi da un ricorso che poi è stato abbandonato. Pertanto, prima di rinunciare a un’impugnazione, è sempre consigliabile cercare un accordo con la controparte che includa anche una regolamentazione delle spese legali, al fine di evitare una condanna quasi certa da parte del giudice.

Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
Il processo si estingue, ovvero si chiude senza una decisione sul merito della questione.

Se la rinuncia al ricorso non viene accettata dalla controparte, chi paga le spese legali?
La parte che ha rinunciato al ricorso è tenuta a rimborsare le spese legali alla controparte, a meno che il giudice non ravvisi motivi eccezionali per disporre la compensazione delle spese.

In caso di estinzione del processo per rinuncia, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo pari al contributo unificato, previsto per chi perde l’impugnazione, non si applica quando il processo viene dichiarato estinto per rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati