Rinuncia al Giudizio in Cassazione: Quando l’Accordo tra le Parti Chiude il Contenzioso
La rinuncia al giudizio rappresenta uno strumento processuale fondamentale che consente alle parti di porre fine a una controversia legale prima che si arrivi a una sentenza definitiva. Questo atto, che esprime la volontà di non proseguire nell’azione legale, può intervenire in qualsiasi fase del processo, compreso il giudizio di legittimità davanti alla Corte di Cassazione. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di come questo meccanismo funzioni e quali siano le sue conseguenze dirette, ovvero l’estinzione del processo.
I Fatti di Causa: Dalle Distanze Legali alla Cassazione
La vicenda trae origine da una causa civile avviata nel 2009. Una proprietaria citava in giudizio una società commerciale lamentando la violazione delle distanze legali nella costruzione di alcune opere e la presenza di immissioni rumorose provenienti dal fondo della convenuta. La richiesta era chiara: ottenere l’arretramento delle costruzioni, la cessazione dei rumori e il risarcimento dei danni.
Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente le domande, ordinando alla società di conformarsi alle normative sulle distanze e di porre fine alle immissioni, ma rigettava la richiesta di risarcimento. La decisione veniva confermata anche in secondo grado dalla Corte d’Appello, che respingeva il gravame proposto dalla società e dal proprietario dell’immobile locato.
Insoddisfatti dell’esito, la società e il proprietario decidevano di portare la questione davanti alla Corte di Cassazione, proponendo ricorso e affidandosi a cinque motivi di contestazione. Gli eredi della originaria attrice, nel frattempo, si costituivano in giudizio per resistere al ricorso.
La Svolta Processuale: La Rinuncia al Giudizio
Quando tutto sembrava pronto per la discussione finale davanti alla Suprema Corte, le parti depositavano un atto congiunto che cambiava radicalmente il destino del processo. Con un’istanza datata 12 gennaio 2024, sottoscritta sia dalle parti che dai loro rispettivi avvocati, veniva formalizzata la rinuncia al giudizio.
Questo atto non rappresenta una decisione sul merito della questione (chi aveva ragione o torto), ma una scelta strategica delle parti di non voler più proseguire la lite. La sottoscrizione congiunta dell’atto ha un valore decisivo: manifesta non solo la volontà dei ricorrenti di abbandonare l’impugnazione, ma anche l’accettazione di tale rinuncia da parte dei controricorrenti.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
Di fronte a questa manifestazione di volontà, la Corte di Cassazione ha agito in modo conseguenziale. I giudici hanno interpretato l’istanza congiunta come un atto di rinuncia al ricorso e, contestualmente, come un’accettazione della stessa da parte degli avversari processuali.
La conseguenza giuridica di tale accordo è predeterminata dalla legge: il giudizio di legittimità deve essere dichiarato estinto. L’estinzione significa che il processo si chiude definitivamente senza che la Corte entri nel merito dei motivi del ricorso. La sentenza della Corte d’Appello, quindi, diventa definitiva, non perché confermata dalla Cassazione, ma perché non è stata più validamente contestata.
Un altro aspetto importante riguarda le spese legali. Nell’atto di rinuncia, le parti avevano espressamente previsto la loro compensazione. Ciò significa che avevano concordato che ciascuna parte si sarebbe fatta carico delle proprie spese legali sostenute per il giudizio in Cassazione. La Corte, prendendo atto di tale accordo, non ha dovuto emettere alcuna condanna al pagamento delle spese.
Conclusioni: L’Importanza della Rinuncia al Giudizio come Strumento Deflattivo
Questa ordinanza, pur nella sua brevità, mette in luce l’importanza della rinuncia al giudizio come strumento per definire le controversie. Spesso, dopo anni di battaglie legali, le parti possono trovare un accordo extragiudiziale o semplicemente decidere che non è più conveniente proseguire. La rinuncia permette di formalizzare questa decisione, evitando ulteriori costi e tempi processuali. Per il sistema giudiziario, rappresenta un meccanismo deflattivo che contribuisce a ridurre il carico di lavoro, specialmente per la Corte di Cassazione. La decisione evidenzia come l’autonomia delle parti possa efficacemente porre fine a un contenzioso, sancendo la chiusura del sipario su una lunga vicenda legale.
Cosa succede se le parti presentano una rinuncia al giudizio in Cassazione?
La Corte di Cassazione prende atto della volontà delle parti e, se la rinuncia è formalmente corretta e accettata, dichiara l’estinzione del giudizio. Questo significa che il processo si conclude senza una decisione sul merito del ricorso.
Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al giudizio?
In questo caso specifico, le parti avevano espressamente concordato la compensazione delle spese, quindi ognuna ha sostenuto i propri costi. In generale, le parti possono accordarsi liberamente su questo punto; in mancanza di accordo, la legge prevede che il rinunciante rimborsi le spese alla controparte.
La rinuncia al ricorso deve essere accettata dalla controparte?
Sì. L’ordinanza chiarisce che l’atto congiunto è stato interpretato come una ‘rinuncia al ricorso e di contestuale accettazione della stessa’. L’accettazione della controparte è fondamentale affinché la rinuncia possa produrre l’effetto di estinguere il processo, soprattutto quando si concorda sulla compensazione delle spese.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4045 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4045 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11883-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, e COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, nello studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO e domiciliati presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 240/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 01/02/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 3.6.2009 COGNOME NOME evocava in giudizio RAGIONE_SOCIALE innanzi il Tribunale di Ragusa, invocando la condanna della convenuta ad arretrare alcune opere eseguite in violazione delle distanze, a cessare le immissioni rumorose provenienti dal suo fondo e a risarcire il danno.
Nella resistenza della convenuta il Tribunale, dopo aver disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di COGNOME NOME, proprietario dell’immobile locato alla società RAGIONE_SOCIALE, accoglieva in parte, con sentenza n. 1230/2016, le domande di parte attrice, ordinando l’arretramento e la cessazione delle immissioni denunziate, ma rigettando la pretesa risarcitoria.
Con la sentenza impugnata, n. 240/2019, la Corte di Appello di Catania rigettava il gravame interposto da RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME avverso la decisione di prime cure, confermandola.
Propongono ricorso per la cassazione di tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a cinque motivi.
Resistono con controricorso COGNOME NOME e COGNOME NOME, eredi di COGNOME NOME.
Con atto del 12.2.2021 si è costituito il nuovo difensore della parte ricorrente.
Con atto del 12.1.2024, depositato e firmato da ambo le parti e dai rispettivi difensori, il giudizio è stato rinunciato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In forza dell’istanza di rinuncia al giudizio del 12.1.2024, che -in quanto sottoscritta da tutte le parti e dai rispettivi difensori- va interpretata come atto di rinuncia al ricorso e di contestuale accettazione della stessa, il presente giudizio di legittimità va dichiarato estinto. Nulla per le spese, avendo le parti espressamente previsto la loro compensazione.
PQM
la Corte dichiara estinto il presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda