Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23711 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23711 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/08/2025
Oggetto:
responsabile di branca
–
medico
specialista
–
AIR
Sardegna
Dott. NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13593/2022 R.G. proposto da:
NOME COGNOME domiciliata in ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– ricorrente –
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALEARES) in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliata in ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 199/2021 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 24/11/2021 R.G.N. 166/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso depositato il 24.11.2014 l’ASL n. 3 di Nuoro (divenuta ATS Sardegna) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 199/2014 emesso il 14.10.2014 dal Tribunale di Nuoro, in funzione di giudice del lavoro, in favore della dott.ssa NOME COGNOME per la somma complessiva di euro 9.300,00 oltre accessori e spese del procedimento.
Alla base del provvedimento monitorio, l’opposta aveva allegato: di avere ricoperto, quale medico specialista, fin dal mese di giugno dell’anno 2004, la funzione di responsabile di branca (nell’ambito del settore della dermatologia); che fino al mese di luglio del 2011 aveva sempre percepito, in ragione di tale incarico, un’indennità mensile di euro 300,00; che a partire dalla mensilità di agosto 2011, l’Azienda aveva interrotto i pagamenti, e non aveva più corrisposto la menzionata indennità (pur continuando la COGNOME a ricoprire l’incarico di responsabile di branca, mai revocato dall’azienda fino al 6.6.2014); che pertanto ella era creditrice dell’importo indicato.
Con l’opposizione l’ASL n. 3 di Nuoro eccepiva e osservava: che l’accordo integrativo regionale (AIR) per la medicina specialistica ambulatoriale interna, come modificato il 29.7.09, in attuazione del d.P.R. n. 271/2000, all’art. 3 individuava le funzioni e i compiti dei c.d. responsabili di branca; che tuttavia, la figura dei responsabili di branca era stata lentamente accantonata, poiché rivelatasi scarsamente utile e che all’incirca dal 2010 gli atti aziendali non avevano più registrato alcuna particolare attività (che, in altre parole, le funzioni di cui si tratta pur previste sulla carta e pur formalmente affidate, non erano più state svolte); che pertanto, a decorrere da quel momento (e comunque a decorrere dalla scadenza del biennio di durata degli incarichi già conferiti e non prorogati, come stabilito al comma 9 dell’art. 2 del già citato
accordo integrativo regionale, nella versione modificata il 29.7.2009) si era ritenuto ingiustificato continuare a versare, in favore degli interessati, l’indennità mensile di euro 300,00; che in conclusione, il credito azionato dall’opposta era insussistente sia perché nel periodo considerato ella era da ritenersi già scaduta dall’incarico di responsabile di branca, sia perché in ogni caso la COGNOME non aveva mai effettivamente svolto, sempre nell’arco temporale per cui è giudizio, concrete attività di lavoro e specifici compiti operativi.
Si costituiva in giudizio l’opposta ed osservava: che al contrario, la COGNOME aveva ininterrottamente e, in concreto, svolto fino al 6.6.2014 le funzioni di responsabile di branca (svolgendo le mansioni riportate nella sentenza appellata); che quella di responsabile di branca è una figura presente in tutte le ASL della Sardegna, in forza degli accordi integrativi per la medicina specialistica ambulatoriale interna, siglati tra Regione e Sindacati (accordi che a loro volta recepiscono l’accordo collettivo nazionale del 23.3.2005, come modificato dall’accordo collettivo nazionale (ACN) del 29.7.09; che il credito era quindi sussistente, con il conseguente rigetto del ricorso e la conferma del decreto ingiuntivo opposto.
3. Il Tribunale di Nuoro rigettava l’opposizione dell’Azienda.
In particolare, incontestata essendo la nomina dell’opposta quale responsabile di branca sin dal 2004, come anche la percezione della relativa indennità mensile sino al luglio 2011, riteneva dimostrata, in forza della prova orale espletata, la prestazione delle funzioni in esame fino al 6.6.2014 ossia fino alla data di nomina dei nuovi responsabili di branca, il tutto in continuità con quelle disimpegnate nel periodo precedente.
Quanto al profilo relativo alla scadenza dell’incarico, il Tribunale, richiamata la disciplina vigente fino al luglio 2009 nonché quella successiva, riteneva esservi tra le stesse una sostanziale continuità e identità sì che anche con la nuova
disciplina doveva ritenersi operante il regime di proroga tacita vigente in precedenza fino alla data del 6.6.2014 nella quale detto incarico è stato conferito a un nuovo responsabile.
La Corte d’Appello di Sassari, con la sentenza n. 199 del 2021, in accoglimento dell’impugnazione dell’ATS Sardegna ( ex ASL n. 3 di Nuoro) revocava il decreto ingiuntivo opposto.
Riteneva incontroversa la circostanza che la COGNOME, responsabile di branca (dermatologia) con incarico formale fino dal 2004, avesse percepito l’indennità di branca fino al luglio 2011 benché avesse formalmente continuato a ricoprire detto incarico fino al 6 giugno 2014 allorquando è stato nominato un nuovo responsabile di branca di dermatologia.
Rilevava che la disciplina dell’AIR avesse chiaramente previsto che l’incarico avesse durata biennale e che la prevista convocazione della Conferenza di branca fosse solo una modalità per anticipare la fine dell’incarico non già per evitare la proroga in assenza di detta richiesta di convocazione: proroga tacita non più consentita come emergeva dalla sua cancellazione nel nuovo accordo rispetto a quello vigente sino al 29.7.2009.
Riteneva che detta interpretazione non si ponesse in contrasto né con la circostanza che la COGNOME aveva continuato a percepire l’indennità in questione fino al giugno 2011 (essendo la nuova disciplina intervenuta quando l’incarico della COGNOME era stato già rinnovato) né con quanto affermato dal Comitato consultivo regionale per la medicina specialistica ambulatoriale e riportato nel prot. del 26.1.2017 dell’Assessorato dell’igiene e sanità e dell’assistenza sociale della Regione Autonoma della Sardegna (che senza alcun riferimento ad un rinnovo tacito dell’incarico si era limitato ad affrontare un aspetto particolare, ossia lo svolgimento di attività aggiuntiva da parte dei responsabili di branca perdenti posto).
Escludeva poi, vertendosi in tema di rapporto di lavoro convenzionato, l’applicabilità dell’art. 2126 cod. civ.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria.
L’Azienda Sanitaria Locale Roma 1 ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
In via preliminare deve essere valutata l’eccezione preliminare di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla Azienda regionale della Salute -ARES, costituitasi con controricorso.
1.1. Sostiene l’Azienda regionale della Salute:
che la legge regionale della Sardegna 27/07/2016, n. 17 ha disposto la soppressione delle vecchie ASL e l’istituzione della Azienda territoriale RAGIONE_SOCIALE che era subentrata in tutte le posizioni attive e passive delle aziende soppresse, compresa la ASL n. 3 di Nuoro che era parte del rapporto con NOME COGNOME e che per questa ragione la Azienda territoriale RAGIONE_SOCIALE era stata parte del giudizio di primo grado innanzi al Tribunale di Nuoro e aveva di seguito proposto l’impugnazione accolta dalla Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, sezione lavoro, con la decisione in questa sede impugnata;
che la parte ricorrente ha notificato il ricorso per cassazione alla Azienda regionale della Salute -ARES in virtù della legge regionale Sardegna 10/09/2020, n. 24 che ha stabilito la soppressione di Azienda territoriale salute – ATS e la istituzione della nuova Azienda Regionale della Salute alla quale era affidata la funzione di Ufficio liquidazione di tutti i debiti facenti capo alla Azienda territoriale salute – ATS e prima ancora alle USL;
-che, tuttavia, la successiva legge regionale Sardegna 22/11/2021, n. 17, intervenuta prima della pubblicazione della sentenza di appello pronunciata tra le parti, aveva istituito la Gestione sanitaria liquidatoria, con autonomia patrimoniale ed economica e con personalità giuridica, alla quale erano trasferiti
tutti i debiti facenti capo alla Azienda territoriale salute – ATS e alle ASL, tanto da renderla l’unico legittimato passivo;
-che, pertanto, il ricorso per cassazione, notificato ad Azienda regionale della Salute – ARES quale soggetto continuatore della Azienda territoriale salute – ATS era male diretto perché non sussisteva alcun collegamento tra Azienda regionale della Salute -ARES e Azienda territoriale salute – ATS.
1.2. Il Collegio ritiene infondata l’eccezione preliminare sollevata dalla Azienda regionale della Salute -ARES.
Si consideri, in proposito, che dal 1° gennaio 2022, ai sensi della legge Regione Sardegna n. 24 dell’11.9.2020 e s.m.i. si è attuato il riordino del Servizio Sanitario Regionale pubblico ed inaugurato il nuovo corso della Sanità sarda.
L’Azienda per la Tutela della Salute della Sardegna (ATS Sardegna) ha mantenuto l’esclusiva competenza per la liquidazione di tutte le posizioni attive e passive e di tutte le cause pendenti, dalla data di costituzione dell’Azienda per la Tutela della Salute (01/01/2017) e di quelle facenti in precedenza capo alle soppresse Unità Sanitarie Locali e alle soppresse Aziende Sanitarie.
L’indicata legge Regione Sardegna n. 24 del 2020 (‘Riforma del sistema sanitario regionale e riorganizzazione sistematica delle norme in materia. Abrogazione della legge regionale n. 10 del 2006, della legge regionale n. 23 del 2014 e della legge regionale n. 17 del 2016 e di ulteriori norme di settore’) ha istituito, tra le altre, ARES (Azienda Regionale della Salute).
In base all’ art. 34, comma 6, della legge regionale Sardegna 22/11/2021, n. 17: « 6. Contestualmente all’istituzione di ARES, nell’interesse della Regione e su indicazione dell’Assessorato regionale competente in materia di sanità, è istituita la Gestione regionale sanitaria liquidatoria, dotata di personalità giuridica e di autonomia patrimoniale ed economica, competente per la liquidazione di tutte le posizioni attive e passive e di tutte le cause pendenti, dalla data di costituzione dell’Azienda per la tutela della
salute (ATS) e di quelle facenti in precedenza capo alle soppresse unità sanitarie locali e alle soppresse aziende sanitarie. A questo scopo nel bilancio della Regione, a decorrere dal 2021, è istituito un apposito capitolo di spesa. Per l’espletamento di tutte le attività è utilizzato il personale dell’ARES. Il commissario liquidatore, competente a dirigere la Gestione regionale sanitaria liquidatoria, è nominato dalla Giunta regionale. L’attività liquidatoria di ARES è completata entro tre anni. Ai relativi oneri si fa fronte con le risorse del fondo sanitario regionale attribuite ad ARES ».
1.3. La Gestione regionale sanitaria liquidatoria è descritta dalla disposizione come un organo della Azienda regionale della Salute e si avvale del personale della Azienda regionale della Salute e dei fondi messi a disposizione dalla Regione.
1.4. Nel solco della consolidata giurisprudenza di questa Corte va esclusa la natura esclusiva della legittimazione passiva attribuita alle gestioni liquidatorie. In proposito è opportuno richiamare le argomentazioni spese da Cass. 15 aprile 2010, n. 9049: ‘quanto al merito della vicenda, è appena il caso di richiamare la consolidata giurisprudenza di questa Corte la quale riconosce la legittimazione sostanziale e processuale concernente i pregressi rapporti creditori e debitori delle soppresse UU.SS.LL. sia alle gestioni liquidatorie che alle Regioni, individuando comunque nelle regioni il soggetto passivo delle obbligazioni (Cass. S.U. 23022 del 2005). Secondo Cass. 1532 del 26 gennaio 2010, questi principi non comportano affatto l’attribuzione di una legittimazione processuale esclusiva alle gestioni liquidatorie in persona del commissario liquidatore. Del resto, con numerose pronunce, questa Corte ha riconosciuto che la legittimazione processuale in ordine alle controversie spetta sia alle Gestioni liquidatorie che alle Regioni (Cass. n. 20412 del 2006, 18285 del 2005). Né a diverse conclusioni può giungersi, nel caso di specie, sulla base della legislazione regionale (L.R. Piemonte 22 settembre 1994, n. 39), considerato che la stessa non elimina affatto la
titolarità passiva della Regione, ma la rende concorrente con quella attribuita alla Gestione Liquidatoria in persona del Commissario Liquidatore. I principi affermati da questa Corte, come più sopra ricordati, hanno ricevuto l’avallo della Corte Costituzionale, nella sentenza n. 89 del 23/31 marzo 2000’.
Ed ancora, secondo Cass. 29 gennaio 2019, n. 2343 : ‘ la legittimazione sostanziale e processuale concernente i rapporti creditori e debitori conseguenti alla soppressione delle USL spetta, in via concorrente con le gestioni liquidatorie, alle Regioni, in quanto una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa regionale esclude l’ammissibilità di una attribuzione della legittimazione processuale in capo alle sole gestioni liquidatorie; tale ultima legittimazione, infatti, risponde soltanto a criteri amministrativo-contabili, intesi ad assicurare la distinzione delle passività già gravanti sugli enti soppressi rispetto alla corrente gestione economica degli enti successori’.
Rileva, altresì, il principio di diritto affermato da Cass., Sez. Un., 20 giugno 2012, n. 10135 secondo il quale: ‘la legittimazione sostanziale e processuale concernente i rapporti creditori e debitori conseguenti alla soppressione delle USL spetta, in via concorrente con le gestioni liquidatorie, alle Regioni, in quanto una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa regionale esclude l’ammissibilità di una attribuzione esclusiva della legittimazione processuale in capo alle gestioni liquidatorie; tale ultima legittimazione, infatti, risponde soltanto a criteri amministrativo-contabili, intesi ad assicurare la distinzione delle passività già gravanti sugli enti soppressi rispetto alla corrente gestione economica degli enti successori’.
Va, dunque, ritenuto che, all’esito del descritto iter legislativo, l’autonomia giuridica sia rimasta in capo all’ente, che però è rappresentato esclusivamente dai liquidatori per tutta la durata della procedura.
La “gestione regionale sanitaria liquidatoria” dell’ATS Sardegna rappresenta, a ben guardare, solo la modalità organizzativa e amministrativa attraverso cui l’ente (ATS Sardegna) viene gestito nella fase di liquidazione. Non si tratta di un soggetto distinto rispetto all’ATS Sardegna, ma di una funzione interna all’ente stesso nella sua fase liquidatoria.
Pertanto, la legittimazione passiva nelle controversie relative a obbligazioni sorte durante la liquidazione spetta all’ATS Sardegna in liquidazione, rappresentato dai liquidatori, così come correttamente individuata nel ricorso per cassazione e nella notificazione dello stesso.
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione della legge regionale 28 luglio 2006, n. 10 e successive modifiche (Tutela della salute e riordino del servizio sanitario della Sardegna. Abrogazione della legge regionale 26 gennaio 1995, n. 5) e della legge regionale 17 novembre 2014, n. 23 (Norme urgenti per la riforma del sistema sanitario regionale): sull’assetto istituzionale e organizzativo del servizio sanitario regionale.
2.1. Con questo motivo si critica in sostanza la sentenza impugnata perché, nel decidere la controversia, non avrebbe tenuto conto che la Regione Autonoma Sardegna con l’Assessorato all’igiene e alla sanità aveva dato indicazione alle ASL di procedere al pagamento degli incarichi conferiti e ha, in senso contrario, affermato che ‘in nessun passaggio del parere è affermato che la nuova disciplina prevede il rinnovo tacito dell’incarico ma affronta un aspetto particolare ossia lo svolgimento di attività aggiuntiva da parte dei responsabili di branca perdenti posto. Pertanto, il comitato consultivo si è limitato a dare delle indicazioni nei confronti di tutte quelle ASL che non hanno tempestivamente attivato le procedure per l’individuazione del nuovo responsabile di branca facendo sì che quelli cessati continuassero di fatto a
svolgere dette mansioni, con invito ad effettuare il relativo pagamento’.
2.2. Il motivo è infondato.
In primo luogo, l’affermazione della sentenza criticata con il motivo di ricorso non viola gli specifici parametri normativi invocati.
In secondo luogo, l’interpretazione del documento offerta dalla sentenza della Corte d’appello è logica e coerente.
Va, in definitiva, osservato che, a prescindere dal significato attribuibile al parere in questione, l’indicazione dell’organo amministrativo non poteva in ogni caso valere a superare il principio secondo cui in materia di impiego pubblico e retribuzione è dovuto quanto stabilito in virtù della legge e del c.c.n.l. e della contrattazione integrativa senza che possano assumere rilievo decisivo diverse indicazioni degli organi amministrativi.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 36 Cost. e 2126 cod. civ. e del d.P.R. n. 271 del 2000 che ha reso esecutivo il contratto collettivo nazionale dei medici specialisti ambulatoriali interni.
La sentenza impugnata sarebbe viziata nella parte in cui ha statuito che ‘non essendo più previsto alcun rinnovo automatico, lo svolgimento di fatto di detto incarico da parte del responsabile cessato non ha fondamento contrattuale atteso che il medico ambulatoriale è un lavoratore autonomo’.
Secondo la parte ricorrente il rapporto di lavoro del medico specialista ambulatoriale sarebbe stato stipulato nelle forme del rapporto di lavoro subordinato ai sensi del d.P.R. n. 271/2000.
3.1. Il motivo è infondato.
La sentenza sul punto va esente da censure perché esclude l’applicabilità dell’art. 2126 cod. civ. al rapporto di lavoro dei medici convenzionati in quanto non si tratta di rapporto di lavoro subordinato e tanto in piena conformità al costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte.
3.2. In proposito si consideri che: ‘la norma di cui all’art. 2126 cod. civ. (sulla ‘prestazione di fatto con violazione di legge’) ha carattere eccezionale e può trovare applicazione solo nell’ambito del lavoro subordinato, senza possibilità di estensione a rapporti di lavoro autonomi, neppure se riconducibili all’ipotesi del lavoro c.d. parasubordinato di cui all’art. 409, n. 3, cod. proc. civ.’ (v. Cass. 21 marzo 2006, n. 6260; Cass. Cass. 25 marzo 1995, n. 3496 in fattispecie relative alle prestazioni lavorative di fatto rese da medici convenzionato con la ASL in favore di pazienti in eccedenza rispetto al massimale consentito; si veda ne medesimo senso Cass. 8 novembre 2007, n. 23265 in fattispecie relativa al conferimento, da parte dell’Ordine Mauriziano, di un incarico di collaborazione coordinata e continuativa ad un medico).
3.3. Circa la natura del rapporto di lavoro dei medici convenzionati: in materia di medici convenzionati, va escluso che nell’ordinamento sia rinvenibile un principio generale, ancorché settoriale, di assimilazione delle prestazioni svolte presso enti sanitari dai medici in base a convenzioni, ex art. 48 legge n. 833 del 1978, a quelle rientranti nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, attesa l’assenza nei rapporti d’opera professionale (pur caratterizzati da collaborazione coordinata e continuativa) del requisito della subordinazione, dovendosi ritenere che le disposizioni che estendono l’applicabilità della normativa del pubblico impiego con equiparazione alle prestazioni subordinate abbiano carattere speciale ed eccezionale e siano insuscettibili di essere applicate al di fuori dei casi considerati (Cass. 29 luglio 2008, n. 20581). I rapporti tra i medici convenzionati esterni e gli enti sanitari, disciplinati dall’art. 48 della l. n. 833 del 1978 e dagli accordi collettivi nazionali stipulati in attuazione di tale norma, pur se costituiti in vista dello scopo di soddisfare le finalità istituzionali del servizio sanitario nazionale, corrispondono a rapporti liberoprofessionali che si svolgono di norma su un piano di parità, non esercitando l’ente pubblico nei confronti del medico convenzionato
alcun potere autoritativo, all’infuori di quello di sorveglianza, né potendo incidere unilateralmente, limitandole o degradandole ad interessi legittimi, sulle posizioni di diritto soggettivo nascenti, per il professionista, dal rapporto di lavoro autonomo. Ne deriva che tali rapporti, non connotati da subordinazione, non possono essere ricompresi nell’ambito di applicazione della direttiva 99/70/CE sul lavoro a tempo determinato, che presuppone la presenza di ‘un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro’, al quale non può essere ricondotto il rapporto di parasubordinazione che si instaura con il medico convenzionato (Cass. 5 marzo 2020, n. 6294; nel medesimo senso Cass. 13 aprile 2011, n. 8457).
3.4. La parte ricorrente ha poi rivendicato, con la domanda originaria spiegata in via monitoria, un emolumento che trova fondamento negli accordi collettivi nazionale e cioè nella fonte dei rapporti convenzionali tra medici specialisti e Usl e quindi in una fonte incompatibile con la natura subordinata del rapporto di lavoro predicata con il secondo motivo di ricorso.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1, n. 9, ACN 23/03/2005 così come modificato e integrato dall’art. 2, n. 9, ACN 29/07/2009 : in ordine alla tacita rinnovabilità dell’incarico di responsabile di branca.
La sentenza impugnata sarebbe viziata nella parte in cui ha statuito che la dott.ssa COGNOMEnon avrebbe dovuto né potuto più svolgere l’incarico di responsabile di branca in assenza di un formale provvedimento dell’amministrazione appellante’ tanto sul presupposto che, a seguito dell’entrata in vigore del nuovo A.C.N. del 29.7.2009, sarebbe stato escluso il rinnovo automatico della nomina del responsabile di b ranca sicché l’incarico affidato alla dott.ssa COGNOME nel 2004, non si sarebbe più prorogato automaticamente e sarebbe venuto a cessare nel 2011.
Assume, di contro, che nonostante la modifica dell’AIR del 2005 da parte dell’AIR del 2009 il rinnovo tacito dell’incarico di
responsabile di branca doveva comunque ritenersi implicitamente previsto.
Evidenzia che i responsabili di branca nominati direttamente dall’ASL di Nuoro n. 3 nell’anno 2004 hanno ininterrottamente svolto la propria funzione sino all’anno 2014, anno in cui, come già detto, si sono svolte, per la prima volta le elezioni (la dott.ssa COGNOME peraltro è stata anche riconfermata quale responsabile di branca) e che anche dopo l’entrata in vigore del nuovo Accordo Integrativo Regionale nel luglio 2009, l’ASL di Nuoro n. 3 non aveva indetto le nuove elezioni né aveva revocato l’incarico della dott.ssa COGNOME alla quale, peraltro, ha continuato a pagare (fino al 2011) l’indennità per responsabile di branca.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e art. 1, n. 9, ACN 23/03/2005: sulla mancata applicazione e sulla modifica in peius dell’accordo collettivo del 2009.
La sentenza impugnata è criticata perché sarebbe viziata nella medesima parte -già censurata con il terzo motivo -in cui ha statuito che la dott.ssa COGNOMEnon avrebbe dovuto né potuto più svolgere l’incarico di responsabile di branca in assenza di un formale provvedimento dell’amministrazione appellante’.
Ribadisce che anche a seguito dell’entrata in vigore dell’ACN 29/07/2009, la ASL n. 3 di Nuoro non aveva indetto le elezioni ed aveva continuato a impiegare la dott.ssa COGNOME nel ruolo di r esponsabile di branca, continuando a pagare l’indennità fino al 2011 e che, dopo il 2011, egualmente non aveva indetto le elezioni, né ha revocato l’incarico alla dott.ssa COGNOME.
Rileva che dall’istruttoria della causa era emerso che: – i responsabili di branca sono presenti in tutte le ASL della Sardegna in forza degli accordi integrativi per la medicina specialistica ambulatoriale interna, tra Regione e Sindacati; – le altre ASL della Regione Sardegna hanno regolarmente pagato le indennità di responsabile di branca; – a far data dal mese di giugno 2004, la
dott.ssa COGNOME aveva svolto in modo continuativo sino al giugno 2014 la funzione di responsabile di branca di Dermatologia, in forza dell’incarico diretto ricevuto dalla ASL n. 3 di Nuoro e si era occupata ‘ della congruità delle apparecchiature utili per il suo settore cioè proponeva rinnovi di materiale e attrezzature del settore dermatologia, compreso anche il materiale di consumo, si è poi occupata di risolvere il problema della riduzione delle liste di attesa rendendosi inoltre a disposizione per il coordinamento dei medici con il responsabile del poliambulatorio e il direttore del distretto, questa attività è svolta in modo molto snello tanto che spesso non ci sono tracce documentali ad esempio una convocazione avente ad oggetto la riorganizzazione dei piani di lavoro, sul tema non c’è stata nessuna convocazione ma si può evincere dalla modifica ai piani di lavoro’ ; inoltre la medesima aveva ha svolto la funzione di referente interlocutore tra la Dirigenza ASL (Direttore sanitario e Direttore del distretto) e i medici specialisti di branca, proponendo azioni volte a prevenire disservizi, comportamenti impropri dell’Azienda, reclami e quant’altro necessario in funzione di coordinatore e/o interlocutore.
I suddetti terzo e quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente perché riguardano lo stesso capo della sentenza e censurano le stesse argomentazioni spese dalla Corte per l’interpretazione della medesima fonte pattizia.
6.1. Essi sono infondati.
La sentenza offre una interpretazione dell’accordo che risponde al dato letterale della disposizione pattizia (nella versione applicabile ratione temporis dell’accordo, era stata soppressa la previsione del rinnovo tacito dell’incarico che nella versione precedente era, invece, espressamente prevista).
L’interpretazione della Corte d’appello risponde poi alla ragione fondante della disposizione convenzionale in discussione: veniva, infatti, introdotto un nuovo modello organizzativo e un nuovo
strumento, quello delle elezioni, per l’individuazione del responsabile.
6.2. L’art. 2, paragrafi 9 e 10, dell’ACN spiega in modo piano e letterale che la scadenza dell’incarico interviene dopo due anni, salvo che prima della scadenza del termine non venga fatta richiesta di nuova elezione; alla scadenza del termine biennale il responsabile decade e si attivano le procedure per la nuova nomina senza che possa operare alcun rinnovo tacito. Di qui la validità della conclusione raggiunta dalla sentenza impugnata circa l’assenza di titolo per la prosecuzione della funzione e l’assenza di titolo alla retribuzione.
In conclusione il ricorso deve essere integralmente respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi euro 200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario spese generali nella misura del 15%.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione