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Rinnovo permesso di soggiorno: ordine del giudice

Un cittadino titolare di protezione sussidiaria, a fronte di un ritardo di quasi due anni nel rinnovo del permesso di soggiorno da parte della Pubblica Amministrazione, ha adito il Tribunale con un ricorso d’urgenza. Il Giudice, pur dichiarando inammissibile la richiesta di un ordine diretto di rinnovo, ha accolto la domanda riqualificandola. Ha ordinato alla Questura di concludere il procedimento amministrativo entro 40 giorni, riconoscendo l’illegittimità dell’inerzia e il grave pregiudizio arrecato ai diritti del ricorrente, in particolare all’unità familiare e al lavoro.

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Pubblicato il 9 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rinnovo Permesso di Soggiorno e Inerzia della P.A.: Quando il Giudice Interviene

Il rinnovo del permesso di soggiorno rappresenta un passaggio cruciale per la vita di un cittadino straniero in Italia. Cosa accade, però, se la Pubblica Amministrazione rimane inerte per anni di fronte a una richiesta? Un’importante ordinanza del Tribunale di Firenze fa luce sugli strumenti di tutela a disposizione del cittadino, stabilendo che, pur non potendo sostituirsi alla P.A., il giudice può ordinare di porre fine al ritardo. Analizziamo questa decisione che tocca i diritti fondamentali della persona.

I Fatti del Caso

Un cittadino di origine turca, titolare di protezione sussidiaria riconosciutagli dal Tribunale di Roma nel 2018, si trova in una situazione di stallo. Dopo un primo rilascio del permesso di soggiorno, nel settembre 2023 presenta richiesta di rinnovo alla Questura competente. Trascorrono quasi due anni senza alcuna risposta. Questo silenzio amministrativo gli causa gravi pregiudizi: l’impossibilità di ottenere un contratto di lavoro stabile e, soprattutto, di viaggiare per ricongiungersi con la moglie e le due figlie minori residenti in Germania, a causa della mancanza di un titolo di viaggio valido.

La Domanda al Tribunale e l’inerzia della Pubblica Amministrazione

Stremato dall’attesa e dalle mancate risposte, il cittadino si rivolge al Tribunale con un ricorso d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c. La sua richiesta è chiara: ordinare alla Questura di procedere con il rinnovo del permesso di soggiorno e del relativo titolo di viaggio. Nel ricorso, evidenzia come l’inerzia della P.A. leda i suoi diritti fondamentali, tra cui l’unità familiare, la libertà di circolazione e il diritto al lavoro, creando uno stato di incertezza insostenibile.

La Decisione del Tribunale: Inammissibilità e Riqualificazione della Domanda

Il Tribunale di Firenze affronta la questione con un’analisi precisa. In primo luogo, dichiara inammissibile la domanda diretta ad ottenere un ordine di ‘rinnovo’ del permesso. Il giudice, infatti, non può sostituirsi alla Pubblica Amministrazione nelle sue valutazioni discrezionali. L’accertamento dei presupposti per il rinnovo spetta in via esclusiva all’Autorità amministrativa.
Tuttavia, il Tribunale non si ferma qui. Riconosce che, insita nella richiesta del ricorrente, vi è una domanda diversa ma meritevole di tutela: quella di ottenere una risposta, un provvedimento espresso (positivo o negativo che sia) che ponga fine all’inerzia. Il giudice riqualifica quindi la domanda e la accoglie sotto questo profilo.

Le Motivazioni

La decisione si fonda su due pilastri del diritto cautelare: il fumus boni iuris e il periculum in mora.
Il fumus boni iuris, ovvero la parvenza di fondatezza del diritto, viene individuato nel diritto del ricorrente a ricevere una conclusione del procedimento amministrativo da lui avviato. L’inerzia della P.A. è illegittima e viola i principi generali dell’ordinamento.
Il periculum in mora, cioè il pregiudizio grave e irreparabile causato dal ritardo, è evidente. Il giudice riconosce che il silenzio dell’amministrazione genera ‘un’incertezza sulla propria posizione giuridica sul territorio dello Stato’ e impedisce concretamente al ricorrente di esercitare il suo diritto alla vita privata e familiare, non potendo visitare la sua famiglia in Germania. Questa situazione, protratta nel tempo, costituisce un danno concreto e attuale.
Di conseguenza, il Tribunale ordina alla Questura di concludere il procedimento e di emettere un provvedimento definitivo entro 40 giorni dalla notifica dell’ordinanza.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione sulla tutela dei diritti contro il silenzio della Pubblica Amministrazione. Sebbene il giudice non possa ordinare direttamente il rilascio di un permesso, può e deve intervenire per porre fine a un’inerzia che lede i diritti fondamentali della persona. La decisione riafferma un principio di civiltà giuridica: ogni cittadino ha diritto a una risposta, positiva o negativa, in tempi certi. Lo strumento del ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. si conferma un rimedio efficace per costringere l’amministrazione a uscire dall’immobilismo e ad adempiere ai propri doveri, tutelando così la dignità e i diritti dei singoli.

Un giudice può ordinare direttamente alla Questura di rilasciare un permesso di soggiorno?
No, il giudice non può sostituirsi alla valutazione di merito della Pubblica Amministrazione. La richiesta di ordinare direttamente il rilascio o il rinnovo è considerata inammissibile.

Cosa può fare il giudice in caso di ritardo ingiustificato nel rinnovo del permesso di soggiorno?
Il giudice può, tramite un provvedimento d’urgenza (art. 700 c.p.c.), ordinare all’Amministrazione di concludere il procedimento entro un termine stabilito, emettendo un provvedimento definitivo (di accoglimento o di rigetto) per porre fine alla situazione di inerzia e incertezza.

Quali danni sono stati riconosciuti dal Tribunale a causa del ritardo della P.A.?
Il Tribunale ha riconosciuto che il ritardo ha causato un grave pregiudizio, in particolare l’incertezza sulla posizione giuridica del richiedente, l’impossibilità di ottenere un titolo di viaggio per visitare la propria famiglia residente all’estero (lesione della vita privata e familiare) e difficoltà nell’accesso a lavoro e servizi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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