Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25854 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25854 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13897/2023 R.G. proposto da: NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 2051/2022 depositata il 14/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1. –NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno citato in giudizio NOME COGNOME per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni conseguenti all’omicidio dello zio degli attori, NOME COGNOME, fratello della loro madre, NOME COGNOME, deceduta anche ella poco dopo il fratello. La notifica dell’atto introduttivo, un ricorso ai sensi dell’art. 702 c.p.c., è stata effettuata al COGNOME nel luogo in cui egli si trovava in regime di protezione, in quanto collaboratore di giustizia.
Tuttavia, per una serie complicata di passaggi, imposti dal regime in cui il COGNOME si trovava, la costituzione in giudizio di costui è avvenuta tardivamente. COGNOME ha chiesto di essere rimesso in termini, sostenendo che la tardiva costituzione non gli era imputabile ma era dovuta proprio alla procedura che, di fatto, era seguita in caso di notifiche ai collaboratori di giustizia in regime di protezione.
2. -Il Tribunale di Palermo ha rigettato la richiesta, con l’argomento che era stato il Sinagra ad attendere 44 giorni prima di consegnare al suo difensore l’atto che gli era stato pervenuto, e lo ha condannato a 100.248,84 euro di risarcimento per ciascuna delle parti.
NOME COGNOME ha proposto appello, eccependo nuovamente che quel ritardo non gli era imputabile, in quanto erano occorsi molti
giorni prima che il ricorso gli venisse consegnato, ed altrettanti ne erano occorsi per ritirare la procura e farla firmare al difensore.
Il COGNOME si è anche difeso nel merito, contestando che vi fosse un rapporto di parentela o comunque una stabile coabitazione tra i ricorrenti e le vittime, tale da potersi dire che era stato leso il rapporto parentale.
3. -La Corte di Appello di Palermo ha ribadito che il ritardo nella costituzione in giudizio era da addebitarsi allo stesso COGNOME il quale, ricevuto il ricorso, ha atteso 44 giorni prima di farlo avere al difensore. Nel merito, i giudici di appello hanno osservato che la morte cruenta ed il lasso di tempo trascorso dalla scomparsa delle vittime (anche il marito di NOME COGNOME era scomparso) indicavano l’intensità del danno subito, e dunque hanno confermato il risarcimento in favore degli eredi.
4. -Avverso tale sentenza ricorre il COGNOME con quattro motivi di censura illustrati da memoria, di cui chiedono il rigetto i Rizzuto, con controricorso.
Ragioni della decisione
1. -I primi due motivi attengono alla richiesta di rimessione in termini.
Come si è ricordato, il ricorrente si è costituito tardivamente, ma ha chiesto di essere rimesso in termini facendo notare che, a causa del suo stato di collaboratore di giustizia soggetto a regime di protezione, i tempi per la consegna dell’atto a lui notificato e poi quelli necessari perché l’atto stesso fosse consegnato al difensore, e successivamente venisse consegnata la procura al medesimo difensore, erano tempi che non dipendevano da lui, e sono trascorsi dunque inutilmente per una causa a lui non imputabile.
I giudici di merito hanno osservato che non era dimostrata la causa non imputabile, e che era stato lo stesso ricorrente a far avere l’atto al difensore ben 44 giorni dopo averlo ricevuto; che inoltre la
stessa istanza di rimessione in termini è stata depositata con ritardo.
Questa ratio è contestata nel modo seguente.
1.1. -Con il primo motivo si prospetta degli articoli 115 c.p.c. e 111 Cost.
Il ricorrente osserva, ed è contestazione rivolta alla seconda ratio , che l’istanza di rimessione in termini non è stata fatta con colpevole ritardo, poiché il difensore ha ricevuto la procura non solo quando era già decorso il termine per costituirsi, ma era addirittura già stata tenuta la prima udienza di comparizione.
1.2. -Con il secondo motivo si prospetta violazione degli articoli 115, 132, 116, c.p.c. 2727 cc. e 111 Cost.
Si censura l’altra ratio decidendi , ossia quella sulla imputabilità del ritardo allo stesso ricorrente.
Sostiene costui di avere proposto specifico motivo di appello, supportandolo con il verbale del Servizio di Protezione da cui risultavano le date di ricezione degli atti e loro consegna al difensore.
Il verbale sarebbe stato completamente travisato dai giudici di appello, che dunque sono incorsi nella violazione dell’articolo 115 c.p.c., e comunque non sarebbe stato apprezzato nella sua valenza probatoria, e dunque con violazione dell’articolo 116 c.p.c.
Inoltre, da quel verbale era inducibile che la data di formale notifica non coincideva con quella di effettiva ricezione dell’atto poiché chi è soggetto a protezione non vive nel luogo in cui è formalmente domiciliato, e comunque, da quell’atto doveva evincersi quale fosse la complicata procedura di notifica.
Questi due motivi, che sono logicamente connessi, sono inammissibili.
Innanzitutto, l’accertamento dei tempi, sia di notifica che di tempestività dell’istanza, è un accertamento in fatto rimesso ai giudici di merito.
E non è censurabile se non per difetto assoluto di motivazione. La sentenza impugnata risulta invece motivata sufficientemente, e lo stesso ricorrente ne ripercorre le motivazioni.
Ma, soprattutto la ratio decisiva della decisione impugnata è che, dal momento in cui il ricorrente ha ricevuto la notifica, ossia gli è stato consegnato l’atto, a quando lo ha consegnato lui al Servizio venisse recapitato al difensore, sono trascorsi 44 giorni; ritardo che dunque è a lui imputabile.
Questa ratio è basata proprio sulle espressioni utilizzate nel verbale di consegna, in cui si dice che l’atto è consegnato al Sinagra il 29.6.2015 e che Sinagra lo consegna poi al Servizio, perché venga inoltrato al difensore, il successivo 11 agosto 2015.
Dunque, non può prospettarsi né un errore percettivo sul documento, che invece attesta quanto i giudici di merito assumono, né un travisamento del suo valore probatorio, poiché i giudici di merito non danno al documento un valore che esso non ha. Né infine una violazione del procedimento presuntivo, posto, e tanto basta, che i giudici di merito non inducono il ritardo di 44 giorni da elementi indiziari, ma lo basano su una prova diretta, che è per l’appunto, quella fornita dal documento.
3. -Il terzo motivo prospetta violazione degli articoli 479 c.p.c e 2947 c.c.
Si assume che, ove rimesso in termini, il ricorrente avrebbe potuto far valere l’eccezione di prescrizione, che era fondata, e che non è stata tenuta in conto proprio per la tardività della costituzione in giudizio.
Il motivo sta e cade con i precedenti, dunque è assorbito dal loro rigetto.
-Con il quarto motivo si prospetta violazione degli articoli 1226 e ss. c.c. e 115 e 132 c.p.c.
La questione attiene alla liquidazione del danno, ed alla sua stessa prova.
Il ricorrente assume che il danno da perdita del rapporto parentale è stato liquidato in maniera illegittima, per una serie di circostanze. In primo luogo, in quanto i giudici di merito avrebbero utilizzato le vecchie tabelle milanesi, con il sistema a forbice; in secondo luogo, in quanto avrebbero usato indici (l’intensità del rapporto e dunque della sofferenza, non corrispondenti a situazioni di fatto). Il ricorrente, in tal senso, adduce una serie di elementi di fatto per dire che la percezione della morte del fratello è stata brevissima, o nulla, essendo la madre dei danneggiati morta pochi mesi dopo la scomparsa del fratello, e via dicendo.
Il motivo è inammissibile.
Esso è rivolto a contestare i presupposti di fatto dei criteri di stima del danno, o di sua personalizzazione, presupposti che non possono qui essere messi in discussione.
L’unico aspetto ammissibile della censura attiene al ricorso ai criteri tabellari: il ricorrente sostiene che i giudici di merito hanno fatto uso di tabelle vecchie basate sul sistema a forbice. E tuttavia, dalla motivazione adottata, risulta chiaramente il contrario: che si è fatto riferimento alle tabelle basate sul sistema a punti. La tesi secondo cui, a dispetto di tale declamazione, i giudici avrebbero di fatto invece usato il sistema a forbice non è supportata dal fondamento, ed è apoditticamente assunta.
Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrete al pagamento delle spese di lite, nella misura di 5000,00 euro, oltre 200,00 euro di esborsi, ed oltre spese generali di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, se dovuto, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 01/07/2025. Il Presidente NOME COGNOME