Rimessione in Termine Avvocato: Quando la Mancanza di Diligenza Non Ammette Scuse
L’istituto della rimessione in termine per l’avvocato rappresenta un’ancora di salvezza nel complesso mare delle scadenze processuali, ma non è un rimedio universale per ogni errore. La recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 6431 del 2025, traccia una linea netta tra l’imprevisto insormontabile e la negligenza professionale, sottolineando come un difetto nell’organizzazione del proprio lavoro non possa mai giustificare il mancato rispetto di un termine. Questa decisione ribadisce l’elevato standard di diligenza richiesto a ogni professionista legale.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla richiesta di un professionista legale di essere nuovamente iscritto presso l’albo di competenza. Tale richiesta era stata oggetto di una valutazione di merito da parte del Consiglio Nazionale Forense (C.N.F.), il quale aveva emesso una decisione sfavorevole basata sulla qualificazione professionale del ricorrente. Contro questa decisione, il professionista ha proposto ricorso per cassazione, cercando di ottenere un riesame della sua posizione.
La Decisione della Corte di Cassazione
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte non è entrata nel merito della valutazione compiuta dal C.N.F. sulla preparazione giuridica del ricorrente, ritenendola una valutazione di fatto, insindacabile in sede di legittimità. Il fulcro della decisione si è invece concentrato sui principi che regolano la rimessione in termine, un concetto chiave quando si discute di scadenze mancate.
Le Motivazioni: la rimessione in termine per l’avvocato e la diligenza professionale
La Corte ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia. L’articolo 153, secondo comma, del codice di procedura civile, stabilisce che la parte decaduta da un termine può chiedere di essere rimessa in termini se dimostra che la decadenza è avvenuta per una causa a lei non imputabile.
Il punto cruciale, evidenziato dai giudici, è la definizione di “causa non imputabile”. Secondo la Cassazione, questa deve avere le caratteristiche di un impedimento assoluto, un evento che va oltre la normale prevedibilità e che non può essere superato con l’ordinaria diligenza. Citando precedenti specifici (Cass. n. 17729/18 e Cass. n. 363/2017), la sentenza afferma chiaramente che la causa non imputabile:
1. Non può risolversi in una mancanza di diligenza.
2. Non può consistere in un difetto di organizzazione della propria attività professionale da parte del difensore.
In altre parole, un deficit organizzativo o una gestione negligente delle scadenze sono considerati rischi intrinseci all’attività professionale, la cui responsabilità ricade interamente sull’avvocato. Affidarsi a questo istituto per sanare errori derivanti da una cattiva gestione del proprio studio è, pertanto, una strada non percorribile. La buona fede del professionista è irrilevante, poiché ciò che conta è l’oggettiva imputabilità dell’errore.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
La sentenza n. 6431/2025 delle Sezioni Unite consolida un principio di fondamentale importanza per la professione forense: la responsabilità per l’organizzazione e la diligenza nel proprio lavoro è un onere non delegabile e non scusabile. L’istituto della rimessione in termine per l’avvocato è una misura eccezionale, riservata a situazioni di impedimento oggettivo e insormontabile, come una calamità naturale o una grave e improvvisa malattia, e non può essere invocata per coprire lacune organizzative o disattenzioni.
Per i professionisti legali, questa pronuncia è un monito a mantenere sempre un altissimo livello di organizzazione e controllo sulla propria attività, poiché le conseguenze di un errore, come in questo caso la declaratoria di inammissibilità e la condanna alle spese, ricadono direttamente su di loro.
Un difetto di organizzazione dello studio legale può giustificare una rimessione in termine?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un deficit di diligenza e di organizzazione del lavoro è imputabile al difensore e non costituisce una “causa non imputabile” ai sensi dell’art. 153 c.p.c., perciò non può giustificare una rimessione in termine.
Cosa si intende per “causa non imputabile” ai fini della rimessione in termine?
Per “causa non imputabile” si intende un impedimento di carattere assoluto, come un evento imprevedibile e insormontabile, che non può essere superato con l’ordinaria diligenza. Non rientra in questa categoria una semplice mancanza di diligenza o un difetto organizzativo.
Quali sono le conseguenze per il professionista che non rispetta un termine per negligenza?
Il professionista subisce le conseguenze negative del mancato rispetto del termine, come la declaratoria di inammissibilità di un atto o di un ricorso. Inoltre, in base al principio della soccombenza, sarà condannato al pagamento delle spese processuali della controparte.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Civile Sez. U Num. 6431 Anno 2025
Civile Sent. Sez. U Num. 6431 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
art. 153, comma 2, c.p.c., deve avere carattere di impedimento assoluto, come richiesto dalla norma, sulla base di un orientamento consolidato (Cass. n. 17729/18), e che la causa non imputabile « non può risolversi in una mancanza di diligenza » e « non può quindi consistere in un difetto di organizzazione della propria attività professionale da parte del difensore » (Cass. n. 363/2017). Un deficit di diligenza e di organizzazione del lavoro imputabile al difensore esclude pertanto la possibilità della rimessione in termini; ed è sempre irrilevante il requisito di buona fede di chi ponga in essere l’atto processuale e pertanto non vi è necessità di una sua intenzione dolosa.
Nella specie, dunque, la valutazione di merito del RAGIONE_SOCIALE, fondata sulla pacifica qualificazione professionale, derivante dalla preparazione giuridica del ricorrente, che chiedeva la reiscrizione nell’albo presso il COA di Reggio Calabria, neppure specificamente contestata nel ricorso, non è sindacabile in questa sede per quanto sopra affermato dalla giurisprudenza di legittimità.
Per quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in €. 5.000,00, oltre €. 200,00 per esborsi ed oltre accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 4 febbraio 2025 .
La Consigliera est.
La Presidente NOME COGNOME