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Rimedio preventivo: obbligo per equa riparazione

Una domanda di equa riparazione per l’eccessiva durata di un processo è stata dichiarata inammissibile per non aver utilizzato il rimedio preventivo previsto dalla legge. La Cassazione conferma che l’uso di tale strumento è un onere obbligatorio per la parte, non una scelta discrezionale. Tuttavia, la Corte ha annullato la condanna alle spese legali a favore della controparte rimasta contumace.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Equa Riparazione e Durata del Processo: L’Importanza del Rimedio Preventivo

Ottenere giustizia in tempi ragionevoli è un diritto fondamentale. Ma cosa succede quando un processo si trascina per anni? La legge prevede un’equa riparazione per i danni subiti, ma per ottenerla è necessario aver prima utilizzato ogni rimedio preventivo a disposizione per accelerare il giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con forza questo principio, chiarendo che l’uso di tali strumenti non è una scelta, ma un preciso onere a carico della parte.

I Fatti del Caso

Una professionista legale aveva intentato una causa per ottenere un’equa riparazione a causa dell’eccessiva durata di un precedente giudizio civile. La sua domanda, tuttavia, è stata respinta dalla Corte d’Appello. La ragione? Non aveva esperito il cosiddetto “rimedio preventivo”, ovvero non aveva richiesto, durante il processo originario, il passaggio dal rito ordinario a quello semplificato, uno strumento pensato per snellire la procedura.

La Corte d’Appello non solo ha dichiarato la domanda inammissibile, ma ha anche condannato la ricorrente al pagamento di una somma a favore della cassa delle ammende e, in un secondo momento, al rimborso delle spese legali al Ministero della Giustizia, nonostante quest’ultimo non si fosse costituito in giudizio.

La professionista ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il rito semplificato non sarebbe stato comunque efficace nel suo caso, data la complessità della causa. Ha inoltre contestato la condanna al pagamento delle spese a una controparte assente (contumace).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto solo parzialmente il ricorso, offrendo chiarimenti cruciali su due aspetti distinti della vicenda.

In primo luogo, ha respinto i motivi relativi all’omesso utilizzo del rimedio preventivo. I giudici hanno affermato che la legge pone l’esperimento di tali rimedi come una condizione imprescindibile per poter chiedere l’equa riparazione. Si tratta di un onere che grava sulla parte, la quale non può esimersi dal richiederlo sulla base di una propria valutazione di inefficacia.

In secondo luogo, la Corte ha accolto il motivo relativo alla condanna alle spese. Ha ritenuto illegittimo condannare la ricorrente a rimborsare le spese legali a una controparte (il Ministero) che, essendo rimasta contumace, non aveva svolto alcuna attività difensiva e, di conseguenza, non aveva sostenuto alcun costo.

Di conseguenza, la Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello solo su questo punto, eliminando la condanna al pagamento delle spese.

Le Motivazioni: Il Ruolo Inderogabile del Rimedio Preventivo

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione della normativa sull’equa riparazione (Legge n. 89/2001). La Corte ha spiegato che il legislatore ha volutamente introdotto i rimedi preventivi per responsabilizzare le parti processuali e incentivarle a contribuire attivamente alla ragionevole durata del processo.

L’obbligo di richiedere, ad esempio, il passaggio al rito semplificato non è soggetto a una prognosi di successo da parte dell’avvocato. È un dovere formale. Spetterà poi al giudice valutare se la richiesta sia accoglibile in base alle esigenze istruttorie del caso. Sostituirsi a questa valutazione, omettendo del tutto la richiesta, preclude definitivamente la possibilità di ottenere un indennizzo per la lentezza della giustizia. La giurisprudenza, anche costituzionale ed europea, è concorde nel considerare questi strumenti non solo ammissibili, ma addirittura preferibili, perché mirano a prevenire il danno anziché a risarcirlo a posteriori.

Le Motivazioni: La Condanna alle Spese della Parte Contumace

Sul secondo punto, la motivazione è altrettanto netta e si basa su un principio fondamentale del processo civile: il principio di soccombenza. Secondo l’art. 91 c.p.c., la parte che perde la causa deve rimborsare le spese sostenute dalla parte vincitrice per difendersi. Ma se una parte non si costituisce in giudizio (rimane contumace), non svolge alcuna attività difensiva e non sostiene alcuna spesa. Pertanto, una condanna al rimborso delle spese in suo favore è priva di fondamento logico e giuridico, poiché non c’è alcun costo da rimborsare.

Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche:

1. Obbligo di Cooperazione: Chiunque ritenga che un processo si stia prolungando eccessivamente ha l’onere di attivarsi durante il processo stesso, utilizzando tutti gli strumenti che la legge mette a disposizione per accelerarlo. Omettere questo passaggio, anche se si ritiene che il rimedio sia inefficace, comporta l’inammissibilità di una futura domanda di equa riparazione.
2. Spese Legali e Contumacia: Non è possibile essere condannati a pagare le spese legali a una controparte che non ha partecipato al giudizio. La condanna alle spese presuppone che la parte vittoriosa abbia effettivamente sostenuto dei costi per la propria difesa.

È possibile ottenere un’equa riparazione per la durata irragionevole di un processo se non si è utilizzato un rimedio preventivo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’esperimento dei rimedi preventivi, come la richiesta di passaggio al rito semplificato, è una condizione di ammissibilità della domanda di equa riparazione. La loro omissione rende la domanda inammissibile.

La parte può evitare di chiedere un rimedio preventivo se ritiene che non sia efficace nel suo caso specifico?
No. La valutazione sull’efficacia del rimedio spetta al giudice, non alla parte. La legge impone alla parte l’onere di richiederlo, indipendentemente dalla prognosi sul suo esito, quale condizione per accedere alla successiva domanda di indennizzo.

Una parte che non si costituisce in giudizio (contumace) ha diritto al rimborso delle spese legali?
No, la sentenza chiarisce che è illegittima la condanna al pagamento delle spese in favore della parte che, rimanendo contumace, non ha svolto attività difensiva e quindi non ha sopportato alcun costo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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