Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34154 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34154 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12162/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, domiciliata presso il loro recapito digitale con indirizzo pec: info@pec.studiolegaleliguori.com;
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA COGNOME, in persona del ministro pro tempore ; -intimato- per la cassazione del decreto della Corte di appello di Napoli n. 1890/2022, depositato il 14 dicembre 2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso proposto ai sensi degli artt. 2 e 3 della l. n. 89/2001, depositato in data 7 giugno 2022, NOME COGNOME chiedeva
alla Corte di appello di Napoli il riconoscimento di un equo indennizzo per l’eccessiva durata del procedimento svoltosi dinnanzi al Giudice di Pace di Napoli, iniziato con la notifica dell’atto di citazione in data 29 agosto 2016 e concluso con sentenza del 10 giugno 2021. L’istanza di indennizzo per equa riparazione da irragionevole durata del giudizio è stata dichiarata inammissibile dal Consigliere delegato della Corte di appello di Napoli con decreto n. 2096/2022, depositato il 4 luglio 2022, per mancato esperimento del rimedio preventivo consistente nella proposizione dell’istanza di decisione ex art. 281 sexies cod. proc. civ.
-Con ricorso ex art. 5 ter l. 24 marzo 2001 n. 89, la ricorrente ha proposto impugnazione avverso il decreto monocratico lamentando l’erronea declaratoria di inammissibilità della domanda per il mancato esperimento del rimedio preventivo costituito dall’istanza di decisione della causa a seguito di tratta zione orale ex art. 281 sexies cod. proc. civ. in quanto non applicabile ai giudizi innanzi al Giudice di Pace, non effettivo (perché non garantisce alcuna efficacia acceleratoria), né decisivo, per cui in ogni caso doveva ritenersi inapplicabile per contrasto con le norme eurounitarie e la giurisprudenza eurounitaria e costituzionale.
Radicatasi la lite in sede di opposizione, si è costituito il Ministero della giustizia che ha resistito e chiesto il rigetto del ricorso.
La Corte di appello di Napoli, con decreto collegiale n. 3744/2022 del 14 dicembre 2022, ha rigettato l’opposizione , compensando tra le parti le spese di lite.
–NOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi.
Il Ministero della giustizia non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione delle norme ex artt. 1 bis , comma 2, 1 ter , comma 1, 2, commi 1 e 2 bis, l. 24 marzo 2001 n. 89, 281 sexies , 311, 321 cod. proc. civ., 12, 14 disp. sulla legge in generale, 3, 10, comma 1, 24, 111, commi 1 e 2, 117, comma 1, Cost., 6, paragrafo 1, Convenzione EDU, 47, commi 1 e 2, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e 6, comma 3, Trattato sull’Unione europea (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.). La ricorrente ha lamentato, in particolare, l’eccessiva durata del giudizio presupposto che, svoltosi in un solo grado di giudizio innanzi al Giudice di Pace di Napoli, è iniziato il 29 agosto 2016, data di notifica dell’atto di citazione ed è terminato il 10 giugno 2021, data di deposito della sentenza e, quindi, è durato 4 anni, 9 mesi e 12 giorni, durata irragionevole, superiore sia a quella massima auspicabile di 2 anni, sia a quella massima prevista dall’art. 2, comma 2 bis , l. 24 marzo 2001 n. 89 pari a ‘tre anni in primo grado…’. L’esasperante lentezza del giudizio presupposto che le ha cagionato, con esclusiva efficienza causale, sofferenze morali e psico-fisiche, un turbamento del suo stato d’animo, la lesione della s ua dignità, un perdurante stato di angoscia, ansia, paura, forte stress, patema d’animo, disagio psichico e un repentino cambiamento in peius delle sue abitudini di vita privata, familiare e sociale, con conseguente lesione della sua personalità. La Corte di appello di Napoli, con decreto monocratico ha ritenuto che la ricorrente, a tanto onerata, non ha dedotto né tantomeno provato di aver attivato il rimedio preventivo costituito dall’istanza di decisione della causa a seguito di trattazione orale ex art. 281 sexies cod. proc. civ., dichiarando inammissibile la domanda. Parte ricorrente evidenzia che lo schema di trattazione orale ex art. 281 sexies cod. proc. civ., contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice e dal giudice dell’opposizione non è app licabile ai giudizi innanzi al Giudice di Pace . L’art. 321 cod. proc. civ. – nel testo applicabile ratione temporis , quello vigente prima della modifica
effettuata dall’art. 3, comma 24, lett. f), d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 – in particolare, dispone(va): ‘Il giudice di pace, quando ritiene matura la causa per la decisione, invita le parti a precisare le conclusioni e a discutere la causa. La sentenza è depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla discussione’. Tale norma prevedeva espressamente la discussione orale per tutti i giudizi innanzi al Giudice di Pace come unica forma di trattazione della causa nella fase decisionale. Si evidenzia, inoltre, che se il legislatore avesse voluto effettivamente applicare lo schema di trattazione orale ex art. 281 sexies cod. proc. civ. anche a processi diversi da quelli svolti innanzi al Tribunale, lo avrebbe fatto espressamente come ha fatto con l’art. 16, comma 5, primo alinea, d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 articolo abrogato dall’art. 54, co mma 5, l. 18 giugno 2009 n. 69 ma le cui disposizioni continuano ad applicarsi alle controversie pendenti alla data di entrata in vigore della medesima l. 18 giugno 2009 n. 69. Si evidenzia, altresì, che lo schema di trattazione orale della causa innanzi al Giudice di Pace ex art. 321 cod. proc. civ. è già equipollente allo schema di trattazione orale della causa ex art. 281 sexies cod. proc. civ. Parte ricorrente richiama i principi generali dell’ordinamento e di civiltà giuridica secondo cui le previsioni legislative di decadenza, in quanto rendono più difficile l’esercizio del diritto soggettivo anche in via giudiziale, contrastano con gli artt. 24 e 111 Cost. e, perciò, devono essere espressamente previste e non possono ravvisarsi vuoi in via analogica, vuoi in via interpretativa, evidenziando che le disposizioni normative che mediante decadenze o preclusioni limitano l’accesso alla giustizia – comprese quelle che prevedono condizioni di ammissibilità e/o procedibilità – hanno carattere eccezion ale e, pertanto, ai sensi dell’art. 14 disp. sulla legge in generale, vanno interpretate restrittivamente.
1.1. -Il motivo è infondato.
Secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, nei processi civili davanti al giudice di pace, ai fini dell’ammissibilità della
domanda di equa riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata, ex artt. 1bis , 1ter , comma 1, e 2, comma 1, della l. n. 89 del 2001, sussiste per la parte l’onere di esperire il rimedio preventivo della proposizione dell’istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma dell’art. 281sexies cod. proc. civ., in quanto, pur costituendo la “regola”, in base al modello dell’art. 321 cod. proc. civ. (nella formulazione antecedente alle modifiche operate dal d.lgs. 149 del 2022), che la decisione della causa in tali processi avvenga a seguito di discussione orale, tale istanza non è incompatibile strutturalmente con il rito davanti al giudice di pace, alla stregua dell’art. 311 cod. proc. civ., e riveste comunque funzione acceleratoria in riferimento alle modalità di discussione della causa, redazione della sentenza e pubblicazione della stessa (Cass., Sez. II, 21 luglio 2023, n. 21874).
Dunque, anche in questo caso, l’esperimento del rimedio preventivo dell’istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma dell’art. 281sexies cod. proc. civ. era un passaggio necessario.
2. -Con il secondo motivo, in via subordinata al mancato accoglimento del primo motivo, si lamenta violazione e/o falsa applicazione delle norme ex artt. 1 bis , comma 2, 1 ter, commi 1 e 7, 2, commi 1 e 2 bis, l. 24 marzo 2001 n. 89, 175, comma 1, 183 bis , 281 sexies , 702 bis , 702 ter , commi 2, 3 e 4, cod. proc. civ., 3, 10, comma 1, 24, 97, comma 1, 111, commi 1 e 2, 117, comma 1, Cost., 6, paragrafo 1, Convenzione EDU, 47, commi 1 e 2, Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e 6, comma 3, Trattato sull’Unione Europea (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.). Parte ricorrente evidenzia che il primo rimedio preventivo previsto per il processo civile (introduzione del giudizio con ricorso ex artt. 702 bis e segg. cod. proc. civ.) è, solo in taluni casi (causa documentale), l’unico effettivo (secondo la definizione del diritto dell’Unione), nel senso che non richiede una valutazione da parte del giudice in quanto
è rimesso alla semplice decisione della parte; dall’altro lato, che dell’art. 1 ter, comma 1, l. 24 marzo 2001 n. 89 va fornita un’interpretazione adeguatrice costituzionalmente ed eurounitariamente orientata e, quindi, va ritenuto che i tre rimedi preventivi previsti per il processo civile quali introduzione del giudizio con ricorso ex artt. 702 bis e segg. cod. proc. civ. in caso di causa che richieda un’istruttoria non sommaria, richiesta di passaggio dal rito ordinario al rito sommario e presentazione di istanza di decisione a seguito di trattazione orale (quest’ultimo che rileva nel caso in esame): non sono effettivi; sono una mera condizione formale; producono l’effetto di ostacolare irragionevolmente e ingiustamente l’accesso alla giustizia al fine di ottenere un’equa riparazione per la durata irragionevole del processo civile.
Si evidenzia, altresì, che gli ultimi due rimedi preventivi previsti per il processo civile, al pari degli altri rimedi esaminati dalla Corte EDU e dalla Consulta relativi al processo amministrativo (ante l. 28 dicembre 2015 n. 208) e penale, vanno disapplicati nel diritto interno in quanto sono: in contrasto con il diritto eurounitario (artt. 6, paragrafo 1, 13 Convenzione EDU e 47, commi 1 e 2, Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea); in contrasto -dopo la declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme che prevedevano come obbligatorio il rimedio dell’istanza di prelievo nel processo amministrativo (ante l. 28 dicembre 2015 n. 208) e dell’istanza di accelerazione del processo penale – con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) visto che l’obbligo di tali rimedi preventivi persisterebbe solo per il processo civile e il processo amministrativo (post l. 28 dicembre 2015 n. 208) e non anche per quello amministrativo (ante l. 28 dicembre 2015 n. 208) e quello penale. Pertanto, la Corte di appello di Napoli con la sua decisione avrebbe violato palesemente il combinato disposto di cui agli artt. 1 bis, comma 2, 1 ter, commi 1 e 7, 2, commi 1 e 2 bis, l. 24 marzo 2001 n. 89, 175, comma 1, 183 bis, 281 sexies, 702 bis, 702 ter, commi
2, 3 e 4, cod. proc. civ., 3, 10, comma 1, 24, 97, comma 1, 111, commi 1 e 2, 117, comma 1, Cost., 6, paragrafo 1, Convenzione EDU, 47, commi 1 e 2, Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e 6, comma 3, Trattato sull’Unione Europea.
2.1. -Il motivo è infondato.
In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo costituisce rimedio preventivo a norma dell’art. 1 -ter , comma 1 della l. n. 89 del 2001, la proposizione di un’istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma dell’art. 281sexies cod. proc. civ. applicabile ratione temporis in forza dell’ultimo comma dell’art. 352 cod. proc. civ. come aggiunto dalla l. n. 183 del 2011, n.183, almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all’articolo 2, comma 2-bis della citata l. n. 89 del 2001, essendo richiesto alla parte, come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 121 del 2020, un comportamento collaborativo con il giudicante, al quale manifestare la propria disponibilità al passaggio al rito semplificato o al modello decisorio concentrato, in tempo potenzialmente utile ad evitare il superamento del termine di ragionevole durata del processo e restando di competenza del giudice verificare l’utilizzabilità del diverso modello decisorio (Cass., Sez. II, 10 giugno 2024, n. 16039).
Come puntualizzato dalla Corte costituzionale, nel caso di specie, l’eventuale limitato margine di compressione della tutela giurisdizionale, peraltro con riguardo alle sole modalità del suo esercizio e non alla qualità del relativo approfondimento, che possa derivare alla parte dal passaggio al rito semplificato, riflette una legittima opzione del legislatore nel quadro di un bilanciamento di valori di pari rilievo costituzionale: quali, da un lato, il diritto di difesa (art. 24 Cost.) e, dall’altro, il va lore del giusto processo (art. 111 Cost.), per il profilo della ragionevole durata delle liti, che trova ostacolo nella già abnorme mole del contenzioso (sentenza n. 157 del 2014), innegabilmente aggravata dal flusso indiscriminato dei
procedimenti per equo indennizzo ex lege n. 89 del 2001 (sentenza n. 135 del 2018).
I rimedi preventivi volti a evitare che la durata del processo diventi eccessivamente lunga sono ritenuti dalla giurisprudenza di Strasburgo non solo ammissibili, ma «addirittura preferibili eventualmente in combinazione con quelli indennitari» (Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 29 marzo 2006, Scordino contro Italia ). Secondo, infatti, la Corte europea dei diritti dell’uomo, quando un sistema giudiziario si rivela lacunoso rispetto all’esigenza derivante dall’art. 6 della CEDU, per quanto riguarda il termine ragionevole del processo, un rimedio che permetta di accelerarlo, allo scopo di impedirne una durata eccessiva, costituisce la soluzione più efficace. Tale rimedio presenta infatti un vantaggio innegabile rispetto ad un rimedio unicamente risarcitorio, in quanto permette di accelerare la decisione del giudice interessato, evita altresì di dover accertare l’avvicendarsi di violazioni dello stesso procedimento e non si limita ad agire a posteriori come nel caso del rimedio risarcitorio (Corte EDU, sentenza 25 febbraio 2016, COGNOME e altri contro Italia ).
3. -Il ricorso va quindi rigettato.
Non si deve provvedere sulle spese stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero della giustizia.
Non sussistono le condizioni per dichiarare la ricorrente tenuta al versamento di un importo di cui all’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 115 del 2002, perché il presente giudizio è esente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione