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Rimedi preventivi: quando chiedere il rito sommario

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34188/2024, ha chiarito i termini per l’utilizzo dei rimedi preventivi volti ad accelerare i processi civili. È stato stabilito che la richiesta di passaggio dal rito ordinario a quello sommario deve essere presentata entro la conclusione dell’udienza di trattazione. Un cittadino si è visto negare il risarcimento per l’eccessiva durata di un processo perché la sua richiesta di cambio rito, pur essendo uno dei rimedi preventivi previsti, è stata depositata dopo tale udienza, risultando quindi tardiva.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rimedi preventivi: quando chiedere il rito sommario per non perdere il risarcimento

L’eccessiva durata dei processi è un problema noto del sistema giudiziario italiano. Per contrastarlo, la legge prevede non solo un indennizzo per chi subisce un ritardo irragionevole (equa riparazione), ma anche l’obbligo per le parti di collaborare per accelerare il giudizio. Questo avviene attraverso l’uso dei cosiddetti rimedi preventivi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 34188 del 2024, ha fornito un chiarimento fondamentale sui termini per l’utilizzo di uno di questi strumenti: la richiesta di passaggio al rito sommario. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni della Corte.

I fatti del caso

Un cittadino aveva avviato una causa civile nel marzo 2016. Il processo, svoltosi in un unico grado di giudizio, si è concluso solo nel giugno 2022, dopo oltre sei anni, una durata ben superiore ai tre anni considerati ragionevoli dalla legge per il primo grado. Ritenendo di aver subito un danno a causa di tale ritardo, il cittadino ha avviato un procedimento per ottenere l’equa riparazione prevista dalla Legge Pinto.

Tuttavia, sia il decreto monocratico che il successivo giudizio di opposizione presso la Corte d’Appello di Napoli hanno respinto la sua richiesta. Il motivo? Il ricorrente non avrebbe utilizzato correttamente i rimedi preventivi messi a disposizione dalla legge per accelerare il processo. Nello specifico, la sua istanza per convertire il rito da ordinario a sommario di cognizione, depositata nel gennaio 2017, è stata considerata tardiva.

La questione giuridica e i termini per i rimedi preventivi

Il cuore della controversia ruota attorno all’interpretazione dell’art. 1-ter della Legge 89/2001. Questa norma stabilisce che la richiesta di passaggio al rito sommario, per essere considerata un valido rimedio preventivo, deve essere proposta “entro l’udienza di trattazione e comunque almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini” di durata ragionevole del processo (tre anni per il primo grado).

Il ricorrente sosteneva che la locuzione “e comunque” introducesse un termine alternativo. A suo dire, la richiesta sarebbe stata tempestiva perché, pur essendo stata presentata dopo la prima udienza (tenutasi a luglio 2016), era stata depositata ben prima della scadenza del termine di due anni e sei mesi dall’inizio del giudizio.

La Corte d’Appello, invece, aveva adottato un’interpretazione più restrittiva, ritenendo che il termine dell’udienza di trattazione fosse invalicabile.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. I giudici hanno chiarito che la richiesta di mutamento del rito rappresenta un fondamentale strumento di collaborazione della parte per la ragionevole durata del processo. Il suo scopo è quello di accelerare il giudizio sin dalle fasi iniziali.

L’udienza di trattazione (prevista dall’art. 183 c.p.c.) è il momento cruciale in cui si definisce il percorso del processo, incluse le prove da ammettere. Consentire una richiesta di cambio rito dopo che questa fase si è già conclusa significherebbe introdurre un elemento di potenziale regressione e rallentamento, in netto contrasto con l’obiettivo della norma.

La Corte ha specificato che i due termini indicati dalla legge non sono pienamente alternativi. La regola principale è che l’istanza deve essere formulata entro l’udienza di trattazione. Il termine temporale successivo (due anni e sei mesi dall’inizio della causa) è applicabile solo nel caso in cui, per qualsiasi motivo, l’udienza di trattazione non sia stata ancora tenuta o completata. Poiché nel caso di specie l’udienza si era già svolta e conclusa, la richiesta presentata mesi dopo era irrimediabilmente tardiva.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza un principio fondamentale: il diritto all’equa riparazione per l’eccessiva durata del processo non è automatico, ma è subordinato a un comportamento processuale attivo e collaborativo della parte. L’utilizzo corretto e tempestivo dei rimedi preventivi è una condizione imprescindibile per poter, in un secondo momento, lamentare la lentezza della giustizia e chiederne il risarcimento. Chi non si attiva per tempo, presentando le istanze acceleratore nei momenti processuali corretti, perde il diritto all’indennizzo. Questa ordinanza serve da monito per avvocati e parti processuali sull’importanza di monitorare attentamente le scadenze per non vanificare la tutela offerta dalla Legge Pinto.

Entro quando va chiesto il passaggio al rito sommario come rimedio preventivo?
La richiesta deve essere presentata entro la conclusione dell’udienza di trattazione, che è il momento processuale in cui si definisce l’oggetto della causa e le prove.

Cosa succede se non si utilizzano correttamente i rimedi preventivi?
Si perde il diritto a ottenere l’indennizzo per l’eccessiva durata del processo (c.d. equa riparazione) previsto dalla Legge Pinto.

Il termine alternativo di “almeno sei mesi prima” della scadenza del termine di durata ragionevole è sempre applicabile?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questo termine è residuale e si applica solo qualora l’udienza di trattazione non sia stata ancora tenuta o completata. Una volta che tale udienza si è conclusa, l’unico termine valido è superato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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