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Rimedi preventivi: obbligatori per l’indennizzo

La Cassazione conferma l’inammissibilità della domanda di indennizzo per irragionevole durata del processo se non sono stati esperiti i rimedi preventivi. La Corte chiarisce che il cittadino deve sempre manifestare la volontà di accelerare il giudizio, anche se ritiene la richiesta inutile, per poter poi accedere alla Legge Pinto. La mancanza di questa iniziativa preclude il diritto al risarcimento.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rimedi Preventivi: Un Obbligo per l’Indennizzo da Lentezza della Giustizia

L’eccessiva durata dei processi è una nota dolente del sistema giudiziario italiano. Per porvi rimedio, la ‘Legge Pinto’ prevede un indennizzo per i cittadini danneggiati, ma l’accesso a questo risarcimento è subordinato a condizioni precise. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: l’obbligatorietà dei rimedi preventivi. Senza aver tentato di accelerare il processo in corso, la successiva richiesta di indennizzo è destinata a fallire. Questo articolo analizza la decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Una cittadina aveva richiesto un equo indennizzo per la durata irragionevole di una causa civile ancora pendente. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva dichiarato la sua domanda inammissibile. Il motivo? La mancata attivazione dei cosiddetti rimedi preventivi, ovvero quegli strumenti che la legge mette a disposizione per sollecitare una definizione più rapida del giudizio.

La ricorrente, nel portare il caso in Cassazione, sosteneva che tali rimedi sarebbero stati inutili: l’udienza di trattazione si era già svolta e quella di decisione era già stata fissata, sebbene molto in là nel tempo a causa del sovraccarico di lavoro del tribunale. Secondo la sua tesi, un’istanza per accelerare i tempi non avrebbe prodotto alcun effetto concreto, rendendo la sua omissione giustificabile.

La Decisione della Corte e il Ruolo dei Rimedi Preventivi

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno chiarito che la legge non lascia spazio a interpretazioni: l’esperimento dei rimedi preventivi è un requisito di ammissibilità della domanda di indennizzo, non una mera facoltà.

La Corte ha specificato che, alla data di riferimento fissata dalla normativa transitoria (31 ottobre 2016), la durata ragionevole del processo della ricorrente non era ancora stata superata. Pertanto, la cittadina aveva l’obbligo giuridico di attivarsi, ad esempio presentando un’istanza per ottenere una decisione immediata a seguito di discussione orale. Il fatto che tale richiesta potesse apparire inutile o che l’esito fosse incerto non la esonerava dal compiere questo passo.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della motivazione risiede nel concetto di ‘comportamento collaborativo’ che la legge esige dalla parte. La normativa, come interpretata anche dalla Corte Costituzionale, non richiede che il rimedio preventivo abbia successo, ma che la parte manifesti attivamente al giudice la propria disponibilità ad accelerare i tempi.

In altre parole, l’onere della parte è quello di ‘provare’ a velocizzare il processo. Sarà poi il giudice a valutare, nella sua discrezionalità, se accogliere o meno la richiesta. L’importante, ai fini dell’ammissibilità della futura domanda di indennizzo, è aver compiuto il tentativo. L’argomentazione secondo cui l’istanza sarebbe stata ininfluente a causa del calendario del tribunale o delle udienze già fissate è stata giudicata irrilevante. La legge impone un dovere di diligenza processuale che non ammette valutazioni soggettive sulla potenziale efficacia del rimedio stesso.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento ormai granitico: chiunque intenda richiedere un indennizzo per l’irragionevole durata di un processo deve prima dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitarla. I rimedi preventivi non sono un’opzione, ma un passaggio obbligato. Per i cittadini e i loro legali, la lezione è chiara: è fondamentale monitorare la durata del processo e, al momento opportuno, presentare formalmente le istanze acceleratorie previste dalla legge. Omettere questo adempimento, anche ritenendolo superfluo, significa precludersi definitivamente la possibilità di ottenere un giusto risarcimento per i ritardi della giustizia.

È sempre obbligatorio utilizzare i rimedi preventivi per chiedere l’indennizzo per un processo troppo lungo?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che l’aver esperito i rimedi preventivi è una condizione imprescindibile per l’ammissibilità della domanda di equo indennizzo. La loro omissione comporta il rigetto della richiesta.

Cosa succede se penso che un rimedio preventivo sia inutile nel mio caso specifico?
Secondo la Corte, la valutazione soggettiva sull’utilità o meno del rimedio è irrilevante. La legge richiede un comportamento attivo e collaborativo; pertanto, la parte ha l’obbligo di presentare l’istanza per accelerare il processo, indipendentemente dalla sua percepita efficacia. Sarà poi il giudice a deciderne le sorti.

In questo caso, perché la ricorrente era tenuta ad attivarsi?
Perché alla data del 31 ottobre 2016, stabilita dalla norma transitoria come spartiacque, il termine di durata ragionevole del suo processo non era ancora scaduto. Di conseguenza, rientrava pienamente nell’obbligo di legge di esperire i rimedi volti a prevenire il superamento di tale termine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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