Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27216 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27216 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 5409 – 2023 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in Boscotrecase (NA), presso lo studio dell’AVV_NOTAIO dal quale è rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato – avverso il decreto n. cronol. 2395/2022 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, pubblicato il 20/7/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/9/2024 dal consigliere COGNOME;
rilevato che:
in accoglimento dell’opposizione proposta dal Ministero , con decreto n. cronol. 2395/2022 del 20/07/2022 , la Corte d’appello di Salerno ha dichiarato inammissibile, ex art. 2 I comma l. 89/2001, la domanda, proposta da NOME COGNOME, di equo indennizzo per l’irragionevole durata del processo ancora pendente innanzi al Tribunale di Nocera Inferiore alla data di presentazione del ricorso, revocando il decreto monocratico di accoglimento; la Corte ha rilevato l’omesso esperimento di rimedi preventivi;
avverso questo decreto NOME AVV_NOTAIO ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo; il Ministero non ha svolto difese;
considerato che:
-la notificazione del ricorso è stata effettuata presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Salerno e non presso l’Avvocatura generale dello Stato in Roma e che non si è prodotta alcuna sanatoria in mancanza di costituzione del Ministero intimato;
ciononostante, questa Corte ritiene di non dover disporre la rinnovazione della notificazione del ricorso all’indirizzo proprio perché, per le ragioni di seguito esposte, il ricorso è infondato, sicché nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo, devono essere evitati e impediti comportamenti che ostacolino una sollecita definizione del giudizio; tra questi, rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuale e in formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo (cfr. Cass. Sez. 1, n. 6924 del 11/03/2020);
-con l’unico motivo, peraltro rubricato senza indicazione di alcuna delle ipotesi di cui al primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., COGNOME ha lamentato la violazione degli art. 2 e 6 comma 2 bis della legge 89/2001, per non avere la Corte d’appello considerato che, alla
data del 31/10/2016, fissata dalla norma transitoria dell’art. 6 comma 2 bis, era stata già celebrata l’udienza di trattazione, tenutasi il 7/10/2015, sicché era preclusa la possibilità di chiedere la conversione del rito ed era pure stata già fissata l’udienza di decisione al 13/1/2017, cioè dopo la scadenza dei tre anni di durata ragionevole, sicché la richiesta di decisione ex art. 281 sexies cod. proc. civ. non avrebbe comunque prodotto alcun risparmio di tempo rilevante; ha aggiunto che la fissazione della data di precisazione delle conclusioni ad un intervallo di tempo notevole, rispetto alla data di trattazione, era stata già giustificata dal decisore per l’eccessivo numero di cause iscritte a ruolo e che, perciò, un’istanza acceleratoria non avrebbe potuto comunque essere accolta;
– il motivo è infondato; nel caso di specie trova applicazione l’art. 2, comma 1, legge n. 89 del 2001, come sostituito dall’art. 1, comma 777 lett. b), legge n. 208 del 2015, che dichiara la domanda di equo indennizzo inammissibile se il soggetto che la propone non ha esperito i rimedi preventivi alla irragionevole durata del processo di cui al precedente art. 1 ter; dalla disposizione transitoria posta dallo stesso comma, lett. m), che ha aggiunto il comma 2 bis all’art. 6 della legge n. 89 del 2001, discende, infatti, che la citata disposizione si applica ai processi la cui durata, alla data del 31/10/2016, non eccedeva i termini di ragionevole durata previsti dalla legge;
– nella specie, in particolare, come rilevato dalla Corte d’appello , alla data del 31/10/2016 non era ancora maturato il triennio di durata ragionevole, determinatasi invece in data 6/12/2016, a tre anni dalla notifica della citazione del 6/12/2013; la ricorrente, pertanto, avrebbe ben potuto presentare istanza acceleratoria ex 280 sexies cod. proc. civ., rendendo così noto al Giudice di essere disponibile al passaggio ad un modello decisorio concentrato, consistente nella decisione della causa all’esito della discussione orale, con lettura a verbale della
pronuncia, senza concessione dei termini per lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, con deposito della sentenza nei 30 giorni successivi e motivazione semplificata;
– la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 121/2020, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1-bis, comma 2, 1-ter, comma 1, e 2, comma 1 della legge n. 89/01, ha osservato che ciò che la normativa censurata richiede alla parte del processo in corso è soltanto «un comportamento collaborativo con il giudicante, al quale manifestare la propria disponibilità al passaggio al rito semplificato o al modello decisorio concentrato, in tempo potenzialmente utile ad evitare il superamento del termine di ragionevole durata del processo stesso», restando, per l’effetto, ammissibile il successivo esperimento dell’azione indennitaria per l’eccessiva durata del processo, che, nonostante la richiesta di attivazione del rimedio acceleratorio, si sia poi comunque verificata; come chiarito dalla Corte Costituzionale, l’effettività del mutamento dello schema decisorio non dipende direttamente dalla istanza della parte, ma piuttosto dalla valutazione, nel caso concreto, da parte del Giu dice di merito, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, della opportunità o meno di accoglierla; nella successiva sentenza n.107/2023, la stessa Corte Costituzionale -in riferimento al rimedio preventivo nel giudizio amministrativo -ha, infatti, chiarito che non contrasta con l’effettività del rimedio la circostanza che il suo utilizzo risulti mediato dalla decisione del giudice, chiamato a stabilire, in relazione alle ragioni di urgenza prospettate dall’istante, se ricorrano i presupposti per accogliere il rimedio acceleratorio; al contrario, proprio la valutazione discrezionale da parte del Giudice dell’opportunità di adottare il procedimento di decisione concentrata consente di ritenere compatibile la previsione di una necessaria manifestazione del sollecito ad una trattazione rapida con le garanzie di un giusto processo,
escludendo ogni dubbio di incompatibilità dell’art. 2 comma 1 l.89/2001 con il diritto ad un processo equo come garantito dall’art. 6 CEDU (cfr. Cass. Sez. 2, n. 21874 del 21/07/2023; Sez. 2, n. 17352 del 2024);
in tal senso, era allora irrilevante che alla data del 31/10/2016 fosse stata già celebrata l’udienza di trattazione, tenutasi il 7/10/2015, sicché era preclusa la possibilità di chiedere la conversione del rito e che fosse stata già fissata pure l’udienza di decisione al 13/1/2017, con un intervallo di tempo notevole, rispetto alla data di trattazione, giustificato dal decisore per l’eccessivo numero di cause iscritte a ruolo ; come detto, infatti, sarebbe stato soltanto il Giudice a valutare l’opportunità di una trattazione rapida come sollecitata dalla parte;
il ricorso è perciò respinto senza alcuna statuizione sulle spese, non avendo il Ministero svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda