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Rimedi preventivi: obbligatori per l’indennizzo

La Corte di Cassazione ha confermato che l’utilizzo dei rimedi preventivi è un requisito indispensabile per poter richiedere un indennizzo per l’eccessiva durata di un processo. Nel caso specifico, un cittadino si è visto negare il risarcimento perché non aveva attivato gli strumenti processuali volti ad accelerare il giudizio. La Corte ha chiarito che, sebbene alcuni rimedi siano stati dichiarati incostituzionali, quelli applicabili al processo di cognizione sono ritenuti efficaci e, pertanto, il loro mancato esperimento rende la domanda di indennizzo inammissibile.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rimedi Preventivi: Quando sono Obbligatori per l’Indennizzo da Processo Lento?

L’eccessiva durata dei processi è una nota dolente del sistema giudiziario italiano. Per far fronte a questo problema, la “Legge Pinto” prevede un indennizzo, noto come equa riparazione, per chi subisce un danno a causa di un processo troppo lungo. Tuttavia, l’accesso a tale indennizzo non è automatico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: per poter chiedere un risarcimento, è necessario prima aver tentato di accelerare il processo attraverso l’uso dei cosiddetti rimedi preventivi. Approfondiamo questa importante decisione.

Il Fatto: la Domanda di Equa Riparazione Rigettata

Un cittadino, ritenendo che il suo processo si fosse protratto oltre un termine ragionevole, aveva presentato un’opposizione per ottenere l’indennizzo previsto dalla Legge Pinto. La Corte d’Appello, però, aveva dichiarato la sua richiesta inammissibile. La ragione? Il ricorrente non aveva attivato, almeno sei mesi prima della scadenza del termine di durata ragionevole, nessuno degli strumenti processuali (i rimedi preventivi, appunto) volti a sollecitare una definizione più rapida del giudizio.

Contro questa decisione, il cittadino ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che l’obbligo di utilizzare tali rimedi fosse di dubbia costituzionalità, in quanto non sempre efficaci e potenzialmente lesivi del diritto di difesa.

La Questione dei Rimedi Preventivi e la Costituzionalità

Il ricorrente ha argomentato che il sistema dei rimedi preventivi previsto dall’art. 1-ter della legge 89/2001, imponendo di fatto l’avvio di un ulteriore procedimento per non perdere il diritto all’indennizzo, contrasta con i principi costituzionali e con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. In sostanza, si chiedeva alla Cassazione di riconoscere l’illegittimità di un sistema che, a detta del ricorrente, non garantisce una reale accelerazione dei tempi della giustizia.

La Distinzione Operata dalla Corte Costituzionale

Il punto centrale della questione, come chiarito dalla Cassazione, risiede nelle precedenti pronunce della Corte Costituzionale. Quest’ultima non ha mai dichiarato l’incostituzionalità dell’intero sistema dei rimedi preventivi. Piuttosto, ha operato una distinzione caso per caso, dichiarando illegittimi solo quei rimedi che si traducono in adempimenti puramente formali, privi di una reale funzione acceleratoria.

Ad esempio, sono stati ritenuti incostituzionali rimedi che non avevano alcun impatto concreto sulla durata del processo. Al contrario, altri strumenti, come l’istanza di trattazione orale della causa o la richiesta di conversione del rito da ordinario a sommario, sono stati considerati validi ed efficaci.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso, ha seguito proprio questo solco interpretativo. Ha specificato che i rimedi preventivi applicabili al processo di cognizione (come quelli non esperiti dal ricorrente) sono stati oggetto di valutazione da parte della Corte Costituzionale (con la sentenza n. 121/2020), la quale li ha ritenuti né irragionevoli né sproporzionati.

Secondo i giudici, questi specifici strumenti sono “linearmente riconducibili alla categoria dei rimedi preventivi volti a evitare che la durata del processo diventi eccessivamente lunga”. In altre parole, sono considerati strumenti concretamente idonei a produrre un effetto acceleratorio. Di conseguenza, il loro mancato utilizzo costituisce una valida ragione per dichiarare inammissibile la successiva domanda di equa riparazione. L’onere di attivarsi per primo per accelerare il processo ricade sulla parte che lamenta la lentezza della giustizia.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio di fondamentale importanza pratica: chi intende chiedere un indennizzo per l’irragionevole durata di un processo non può rimanere inerte. È tenuto a utilizzare gli strumenti che la legge mette a disposizione per tentare di accelerare il giudizio. L’esperimento dei rimedi preventivi non è una mera formalità, ma una condizione di ammissibilità della domanda di equa riparazione. Solo dopo aver dimostrato di aver fatto il possibile per ottenere una decisione in tempi rapidi, e solo se tali tentativi si sono rivelati infruttuosi, si potrà legittimamente richiedere un ristoro economico per il danno subito.

È sempre necessario utilizzare i rimedi preventivi per chiedere l’indennizzo per processo troppo lungo?
Sì, l’ordinanza conferma che l’esperimento dei rimedi preventivi, quando ritenuti efficaci dalla giurisprudenza costituzionale, è una condizione necessaria per l’ammissibilità della domanda di equa riparazione ai sensi della Legge Pinto.

Tutti i rimedi preventivi previsti dalla legge sono costituzionali ed efficaci?
No. La Corte Costituzionale ha operato una distinzione, dichiarando incostituzionali solo i rimedi che si riducono a meri adempimenti formali e che non svolgono una reale funzione di accelerazione del processo. Altri, come l’istanza di trattazione orale, sono considerati validi.

Cosa succede se non si utilizzano i rimedi preventivi considerati obbligatori?
Se una parte non attiva i rimedi preventivi ritenuti efficaci e obbligatori per la sua tipologia di processo, la sua successiva domanda di indennizzo per eccessiva durata verrà dichiarata inammissibile e quindi rigettata senza un esame del merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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