Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 24403 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 24403 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18484/2023 R.G. proposto da :
NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende; -controricorrente-
Avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di MESSINA n. 865/2023 depositato il 5/06/2023, r.g.n. 290/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso il decreto depositato il 5 giugno 2023 della Corte d’appello di Messina, che ha rigettato l’opposizione proposta dal ricorrente contro il decreto della stessa Corte d’appello. Con il decreto era stata dichiarata inammissibile l’opposizione in quanto dagli atti non era emerso che parte ricorrente avesse avanzato, almeno sei mesi prima della scadenza del termine ragionevole di durata del processo, richiesta di definizione del giudizio mediante uno dei rimedi preventivi previsti dall’art. 1 -ter della legge 89/2001.
Resiste con controricorso il Ministero della giustizia.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 111, comma 2, 117 Cost., e 6, par. 1, Convenzione europea diritti dell’uomo: il quadro dei rimedi preventivi previsti dall’art. 1 -ter della legge 89/2001, di per sé non idonei ad assicurare una riduzione della durata dei giudizi presupposti, pregiudica l’effettivo esercizio del diritto di azione e rischia di contrarre sensibilmente il diritto di difesa, nella parte in cui impone di fatto l’introduzione di un giudizio nelle forme sommarie per non precludersi la possibilità di richiedere in seguito l’equo indennizzo; la previsione ha quindi sollevato notevoli dubbi in merito alla costituzionalità delle modifiche introdotte e alla loro compatibilità con il diritto comunitario, cosicché è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge 89/2001; con le decisioni n. 34/2019, n. 175/2021 e n. 142/2023 la Corte costituzionale ha affermato il principio per cui i rimedi preventivi contro la durata eccessiva dei procedimenti sono ammissibili solo se effettivi ed efficacemente sollecitatori.
Il motivo non è fondato. La Corte costituzionale non ha dichiarato, come sembra suggerire il ricorrente, l’illegittimità costituzionale di
tutti i rimedi preventivi di cui all’art. 1 -ter della legge 89/2001, rimedi il cui esperimento costituisce condizione di ammissibilità della domanda di equa riparazione. Il giudice delle leggi ha invece singolarmente verificato, in base ai principi enunciati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (vedere al riguardo le pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo del 29 marzo 2006, COGNOME c. Italia, e 30 luglio 2020, COGNOME c. Irlanda), gli strumenti contenuti nel catalogo dell’art. 1 -ter (vedere le sentenze n. 88/2018, n. 34/2019, n. 169/2019, n. 121/2020, n. 175/2021, n. 107 e n. 142 del 2023), dichiarando incostituzionali i rimedi che si riducono ad adempimenti puramente formali e che non svolgono una effettiva funzione acceleratoria del processo.
Per quanto interessa il presente giudizio, la pronuncia n. 121/2020 della Corte costituzionale ha preso in esame i rimedi preventivi di cui al primo comma dell’art. 1 -ter , relativi al processo di cognizione, che la Corte d’appello ha verificato non essere stati esperiti dal ricorrente, ossia l’istanza di adesione al tipo decisionale della trattazione orale, come regolato dall’art. 281 -sexies c.p.c., e l’istanza di mutamento del rito da ordinario di cognizione in sommario di cognizione. In tali ipotesi la Corte costituzionale ha ritenuto non irragionevole o non sproporzionata la sanzione di inammissibilità di cui al primo comma dell’art. 2 della legge 89/2001, in quanto tali rimedi, per l’effetto acceleratorio della decisione che può conseguirne, ‘sono linearmente riconducibili alla categoria dei rimedi preventivi volti a evitare che la durata del processo diventi eccessivamente lunga’.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese liquidate in dispositivo seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, che liquida in euro 1.500, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda