Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1609 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1609 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2093/2024 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in COSENZA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO DI ROMA n. 50968/2023, depositato il 20/06/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE‘) adiva la Corte d’Appello di Roma al fine di vedersi riconoscere il diritto all’equa riparazione del danno subìto per l’irragionevole durata del processo civile d’appello presupposto. In primo gr ado, il procedimento presupposto era stato promosso dalla A.RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE innanzi al Tribunale di Roma per il pagamento in suo favore della somma di €. 36.414,66, e si era concluso nei limiti della ragionevole durata prevista dalla legge (dal 06.06.2013 al 22.07.2015).
Villa Verde aveva, poi, proposto appello con atto di citazione notificato all’A.I.O.P. il 20.01.2016 e definito con sentenza della Corte d’Appello di Roma il 30.03.2022.
1.1. Il giudice monocratico dichiarava inammissibile la domanda di equa riparazione proposta da Villa Verde, non risultando la presentazione, a sua cura, dell’istanza di decisione ex art. 281sexies cod. proc. civ.
Il suddetto decreto veniva opposto, ex art. 5ter della legge 24 marzo 2001, n. 89, da Villa Verde innanzi alla Corte d’Appello di Roma, che rigettava l’opposizione ritenendo irrilevanti le considerazioni dell’opponente dirette a censurare lo strumento del rimedio preventivo ex art. 281sexies cod. proc. civ. previsto dalla legge, che riconnette al suo mancato esperimento l’inammissibilità del ricorso (v. Corte costituzionale, sentenza n. 121 del 23.06.2020): esse, infatti, non censurano l’inammissibilità, bensì formulano una serie di contestazioni relative all’assenza, nel caso di specie, di condotte dilatorie della parte, all’imputabilità del ritardo all’amministrazione, alla non effettività dello
strumento ex art. 281sexies quale rimedio preventivo, alla non possibilità di escludere l’indennizzo pur a fronte di una condotta non collaborativa.
Il decreto collegiale è impugnato per la cassazione da RAGIONE_SOCIALE e il ricorso affidato ad un unico motivo.
Resiste il Ministero della Giustizia.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione di norma di legge ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Violazione dell’art. 1ter legge n. 89/2001. La Corte costituzionale, con la recente sentenza n. 142 del 13 luglio 2023, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001 n 89, nella parte in cui prevede l’inammissibilità della domanda di equa riparazione nel caso di mancato esperimento del rimedio preventivo di cui all’art. 1ter , comma 6, della medesima legge. Ne consegue che, nel caso che ci occupa, il ricorso è stato rigettato sul solo presupposto del mancato esperimento dei cosiddetti rimedi preventivi, mettendo così in atto un automatismo legislativo ed omettendo di considerare che, nella fattispecie concreta, da un lato non sussistevano i presupposti per l’esperimento dei rimedi preventivi; dall’altro che la condotta di Villa Verde è sempre stata in linea con i principi enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza citata dal giudice dell’opposizione, che richiede solo un comportamento collaborativo della parte con il giudicante. A ciò la ricorrente aggiunge che la sentenza a verbale avrebbe comportato una riduzione della durata complessiva del giudizio di appena tre mesi per la definizione del giudizio di appello, sì che la durata eccessiva del processo si sarebbe comunque verificata a prescindere dal comportamento delle parti.
1.1. Il motivo è infondato.
La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 121/2020, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1bis , comma 2, 1ter , comma 1, e 2, comma 1 della legge n. 89/01, ha osservato che ciò che la normativa censurata richiede alla parte del processo in corso è soltanto «un comportamento collaborativo con il giudicante, al quale manifestare la propria disponibilità al passaggio al rito semplificato o al modello decisorio concentrato, in tempo potenzialmente utile ad evitare il superamento del termine di ragionevole durata del processo stesso», restando, per l’effetto, ammissibile il successivo esperimento dell’azione indennitaria per l’eccessiva durata del processo, che, nonostante la richiesta di attivazione del rimedio acceleratorio, si fosse poi comunque verificata. Come chiarito dalla Corte Costituzionale, la richiesta di adozione di un diverso modello di decisione non sarebbe stata, per la parte richiedente, una implicita rinuncia alla fase istruttoria, perché l’effettività del mutamento dello schema decisorio non dipende direttamente dalla istanza della parte, ma piuttosto dalla valutazione, nel caso concreto, da parte del g iudice di merito, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, della opportunità o meno di accoglierla, proprio dopo aver considerato la completezza dell’istruttoria svolta.
Nella successiva sentenza n. 107/2023, la stessa Corte Costituzionale -in riferimento al rimedio preventivo nel giudizio amministrativo – ha poi chiarito che non contrasta con l’effettività del rimedio la circostanza che il suo utilizzo risulti mediato dalla decisione del giudice, chiamato a stabilire, in relazione alle ragioni di urgenza prospettate dall’istante, se ricorrano i presupposti relativi alla completezza del contraddittorio e dell’istruttoria: al contrario, proprio la valutazione discrezionale da parte del Giudice dell’opportunità di adottare il procedimento di decisione concentrata consente di ritenere
compatibile la previsione di una necessaria manifestazione del sollecito ad una trattazione rapida con le garanzie di un giusto processo (cfr. Cass. Sez. 2, n. 16059 del 10.06.2024; Cass. Sez. 2, n. 21874 del 21/07/2023).
1.2. Inconferente è, invece, il riferimento in ricorso alla sentenza della Corte Costituzionale n. 142 del 13 luglio 2023, che riguarda il diverso rimedio preventivo di cui all’art. 1ter , comma 6, della legge n. 89/2001, ossia il rimedio dell’istanza di accelerazione da depositare nel giudizio innanzi alla Corte di Cassazione. La Consulta sottolinea come per l’istanza di accelerazione nel procedimento penale (v. anche sentenza n. 175/2021), essa non offre alcuna garanzia di contrazione dei tempi processuali, non innesta un modello procedimentale alternativo e non costituisce, perciò, uno strumento a disposizione della parte interessata per prevenire l’ulteriore protrarsi del processo, né implica una priorità nella trattazione del giudizio. Nella sentenza nella Consulta citata viene, poi, rilevata la differenza tra il rimedio di cui al comma 6 dell’art. 1 -ter legge n. 89 del 2001 e i casi scrutinati dalle sentenze n. 107 del 2023 e n. 121 del 2020 con riferimento ai rimedi preventivi introdotti dai commi 1 e 3 del medesimo art. 1ter , qualificati come «modelli procedimentali alternativi» idonei ad accelerare il corso del processo prima che il termine di durata massima sia maturato. Tale qualifica ha consentito al Giudice delle leggi la declaratoria della legittimità dell’art. 2, comma 1, della legge n. 89 del 2001, nella parte in cui prev ede l’inammissibilità dell’istanza di equa riparazione nel caso di mancato esperimento di detti rimedi preventivi.
1.3. Da tanto discende anche l’infondatezza della tesi elevata in ricorso (p. 6, 2° e 3° capoverso) in virtù della quale, secondo la Consulta, l’omissione dei rimedi preventivi in generale inciderebbe esclusivamente sul quantum dell’indennizzo e non consentirebbe
l’automatismo dell’inammissibilità: a parte la chiarezza del dato letterale offerto dalla disposizione normativa, l’inammissibilità rappresenta, appunto, una reazione ragionevole e proporzionata del legislatore, che vale a richiamare la parte del processo all’osservanza dell’onere di diligenza presupposto dal comma 1 del precedente art. 1ter legge n. 89 del 2001 , derivante dall’effettiva valenza sollecitatoria dei rimedi preventivi.
2. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo.
Non ricorrono ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 – i presupposti processuali per il raddoppio del contributo, trattandosi di ricorso per equa riparazione.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso ;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €. 750,00, oltre le spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda