Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8574 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8574 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1251/2024 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in CATANZARO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO DI CATANZARO n. 203/2023, depositato il 25/05/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con decreto n. 145/2023 del 30 gennaio 2023 il Consigliere Delegato della Corte d’Appello di Catanzaro dichiara va inammissibile, per mancato esperimento dei rimedi preventivi, la richiesta di equa riparazione avanzata da NOME COGNOME in relazione al giudizio di separazione dei coniugi svoltosi davanti al Tribunale di Catanzaro, definito con sentenza del 28 gennaio 2022.
Il decreto è stato tempestivamente impugnato da NOME COGNOME che ha dedotto l’inapplicabilità dei rimedi preventivi nei giudizi di separazione per i quali non è possibile ricorrere al rito sommario né alla sentenza ex art. 281sexies c.p.c, precisando quanto a quest’ultima che, in ogni caso, essa non poteva essere utilmente richiesta, posto che l’istruttoria è terminata quando già il giudizio aveva superato il termine ragionevole di durata.
La Corte d’appello di Catanzaro in composizione collegiale, con decreto n. 1196/2023, rigettava l’opposizione, osservando che:
-esclusa effettivamente l’applicabilità del rito sommario al giudizio di separazione, deve, invece, ritenersi che anche per tale giudizio sia possibile il ricorso alla decisione ai sensi dell’art. 281 -sexies cod. proc. civ.;
quanto poi alla circostanza, meramente accidentale, per la quale l’istruttoria si era conclusa nel caso in esame quando era già stato superato il termine di ragionevole durata, essa non può incidere sull’onere della parte di attivare i rimedi preventivi, onere che poteva e doveva essere assolto in corso di istruzione anche al solo fine di manifestare la volontà acceleratoria e consentire al giudice istruttore le consequenziali valutazioni.
Il suddetto decreto è stato qui impugnato per la cassazione, e il ricorso affidato a due motivi.
Resiste il Ministero della Giustizia.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 1 -ter legge n. 89/01, in relazione agli artt. 111, secondo comma e 117, primo comma, C ost. quest’ultimo in relazione all’art 6, p. 1 e 13 CEDU, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. La ricorrente censura il decreto impugnato nella parte in cui ignora il dettato interpretativo offerto sia dalla Core EDU sia dalla Corte costituzionale, in virtù del quale non sarebbero conformi ai parametri di effettività nella sollecitazione del giudizio quei rimedi preventivi che costituiscano una mera facoltà con effetto tout-court dichiarativo di un interesse già incardinato nel processo, atteso che si risolverebbero in un mero adempimento formale, rispetto a cui la sanzione consistente nell’inammissibilità/improponibilità della domanda di equa riparazione apparirebbe come non ragionevole e non proporzionata. Nel caso di specie, osserva la ricorrente, ove anche ella avesse formulato istanza di trattazione orale ai sensi dell’art. 1 -ter della legge n. 89/01, sei mesi prima della data del l’08 .04.20 18 (scadenza del triennio dall’inizio del procedimento incardinato in data 08.04.2015 con il deposito del ricorso), la stessa risultava ex ante oggettivamente inidonea a contrarre i tempi del giudizio, stante la necessaria celebrazione della fase istruttoria derivante dall’ammissione della prova per testi richiesta dalle parti e della quale il Tribunale aveva valutato l’utilità.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 1 -ter legge n. 89/01 in relazione all’art. 12 delle preleggi, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. A giudizio della ricorrente, la logica e la giusta interpretazione dell’art. 2 , comma 1, legge n. 89/01, che
prescrive la sanzione di inammissibilità, è quella di condurre ad una contrazione almeno astrattamente ipotizzabile dei tempi del giudizio presupposto; circostanza che, nel caso de quo, era esclusa dalla necessaria celebrazione della fase istruttoria quando erano già decorsi i sei mesi prima del triennio prescritto per la durata del giudizio di primo grado.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto entrambi censurano il decreto impugnato nella parte in cui -forzando, secondo parte ricorrente, i canoni di interpretazione della legge -pretende di applicare l’art. 1 -ter legge n. 89 del 2001 oltre il senso e lo scopo della norma.
3.1. I motivi sono infondati.
La ricorrente ha rappresentato che nel caso di specie non fosse neanche astrattamente ipotizzabile una contrazione dei tempi del giudizio presupposto: circostanza esclusa dalla necessaria celebrazione della fase istruttoria quando erano già decorsi i sei mesi prima del triennio prescritto per la durata del giudizio di primo grado. A conferma di detta affermazione, precisa la ricorrente che il giudizio presupposto veniva iscritto a ruolo in data 08.04.20 15, sicché l’istanza di cui all’art. 1ter avrebbe dovu to essere depositata al più tardi entro l’ 08.10.2017 (ossia sei mesi prima del l’0 8.04.2018, data di esaurimento della durata ragionevole fissata dal legislatore in anni tre per il giudizio di primo grado). Tanto, quando il Giudice aveva fissato l’udienza del 17.10. 2017 per l’escussione di due testi per parte, e l’istruttoria si esauriva solo all’udienza dell’0 8.11.20 19. Dunque, conclude la ricorrente, l’istanza di trattazione orale, ove anche depositata entro la data del l’0 8.10.2017, non avrebbe potuto ex ante qualificarsi come rimedio preventivo neppure astrattamente, tant’è che l’istruttoria si è, poi, conclusa solo in data 08.11.2019.
3.2. Deve, in questa sede, considerarsi che secondo l’art. 1 -ter della legge n. 89/2001, nelle cause in cui non si applica il rito semplificato di cognizione, ivi comprese quelle aventi ad oggetto la separazione come nel caso che ci occupa, costituisce rimedio preventivo a norma dell’art. 1bis , comma 1 la proposizione di un’istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma degli artt. 275, commi secondo, terzo e quarto, 281sexies del codice di procedura civile, almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all’art. 2, comma 2bis , legge n. 89 del 2001.
Tornando al caso di specie, l’art. 281 -sexies cod. proc. civ. era dunque utilizzabile quale forma di decisione. La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 121/2020, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1bis , comma 2, 1ter , comma 1, e 2, comma 1 della legge n. 89/01, ha osservato che ciò che la normativa censurata richiede alla parte del processo in corso è soltanto «un comportamento collaborativo con il giudicante, al quale manifestare la propria disponibilità al passaggio al rito semplificato o al modello decisorio concentrato, in tempo potenzialmente utile ad evitare il superamento del termine di ragionevole durata del processo stesso», restando, per l’effetto, ammissibile il successivo esperimento dell’azione indennitaria per l’eccessiva durata del proc esso che, nonostante la richiesta di attivazione del rimedio acceleratorio, si fosse poi comunque verificata.
Nella specie, in particolare, come del resto rilevato nel controricorso, la presentazione dell’istanza acceleratoria ex art. 281sexies cod. proc. civ. avrebbe reso noto al giudice la disponibilità della parte al passaggio ad un modello decisorio concentrato, consistente nella decisione della causa all’esito della discussione orale, con lettura a verbale della pronuncia, senza concessione dei termini per lo scambio
delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, con deposito della sentenza nei 30 giorni successivi e motivazione semplificata.
Come chiarito dalla Corte Costituzionale, l’effettività del mutamento dello schema decisorio non dipende direttamente dalla istanza della parte, ma piuttosto dalla valutazione, nel caso concreto, da parte del Giudice di merito, nell’esercizio della sua pie na discrezionalità, della opportunità o meno di accoglierla; ciò che la normativa censurata richiede alla parte del processo in corso è soltanto, perciò, un comportamento collaborativo con il giudicante.
Nella successiva sentenza n. 107/2023, la stessa Corte Costituzionale ha, poi, puntualizzato che non contrasta con l’effettività del rimedio la circostanza che il suo utilizzo risulti mediato dalla decisione del Giudice, nel senso che è comunque il giudice chiamato a stabilire, in relazione alle ragioni di urgenza prospettate dall’istante, «se ricorrano i presupposti relativi alla completezza del contraddittorio e dell’istruttoria» (così, testualmente, in sentenza); al contrario, proprio la valutazione discrezionale da parte del giudice dell’opportunità di adottare il procedimento di decisione concentrata consente di ritenere compatibile con le garanzie di un giusto processo la previsione di una necessaria manifestazione del sollecito ad una trattazione rapida (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 16039 del 10/06/2024, Rv. 671700 – 01).
3.3. Pertanto, nel caso che ci occupa non era rilevante che nella fattispecie, alla scadenza del termine previsto dall’art. 1 -ter (08.10.2017), il giudice del procedimento di separazione avesse fissato l’udienza del 17.10. 20 17 per l’escussione di due testi per parte: la parte interessata ad una ragionevole durata avrebbe dovuto comunque manifestare il suo comportamento collaborativo, pur restando di competenza del giudice verificare l’utilizzabilità del diverso modello
decisorio e pervenire, eventualmente, all’esaurimento della fase istruttoria ben prima dell’udienza dell’0 8.11.2019.
4. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
Non ricorrono ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del D.P.R. n. 115 del 2002 – i presupposti processuali per il raddoppio del contributo, trattandosi di ricorso per equa riparazione, come tale non soggetto al pagamento del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del Ministero della Giustizia controricorrente, che liquida in €. 750,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda