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Rimedi preventivi e durata processo: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10516/2025, ha ribadito che il mancato utilizzo dei rimedi preventivi, come l’istanza per la decisione a seguito di trattazione orale, preclude il diritto al risarcimento per l’eccessiva durata del processo. Anche se la causa è in fase istruttoria, la parte ha l’onere di collaborare per accelerare i tempi. La Corte ha però accolto il motivo relativo all’errata liquidazione delle spese legali, riducendole in quanto la controparte non aveva depositato le note scritte per la fase decisionale.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rimedi Preventivi: Se Non Li Usi, Niente Risarcimento per la Lentezza della Giustizia

L’eccessiva durata dei processi è un problema noto del sistema giudiziario italiano. Per ottenere un risarcimento, però, non basta lamentare il ritardo: è necessario un ruolo attivo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che il mancato utilizzo dei rimedi preventivi preclude la possibilità di richiedere l’indennizzo per equa riparazione. Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Due cittadini, dopo aver affrontato un processo civile durato quasi otto anni, chiedevano un indennizzo per l’irragionevole durata del procedimento. La loro richiesta veniva però dichiarata inammissibile sia in primo grado sia dalla Corte d’Appello. Il motivo? Non avevano esperito i cosiddetti rimedi preventivi, ovvero quegli strumenti che la legge mette a disposizione delle parti per accelerare il corso del giudizio.

La Corte d’Appello aveva specificato che, sebbene un rimedio (il passaggio al rito sommario) non fosse applicabile per ragioni temporali, ne era disponibile un altro: l’istanza di decisione a seguito di trattazione orale, prevista dall’art. 281-sexies c.p.c. Secondo i giudici di merito, i cittadini avrebbero dovuto presentare tale istanza per dimostrare la loro volontà di collaborare alla celere definizione della causa, anche se questa si trovava ancora in fase di raccolta delle prove.

Contro questa decisione, i due cittadini hanno proposto ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. La violazione del diritto di difesa: costringerli a chiedere una decisione immediata mentre erano ancora in corso le attività istruttorie avrebbe significato rinunciare alle prove, con grave pregiudizio per i loro diritti.
2. L’errata condanna alle spese legali: il Ministero della Giustizia non avrebbe avuto diritto al compenso per la fase decisionale, poiché non aveva depositato le note scritte che sostituivano l’udienza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato distintamente i due motivi, giungendo a una decisione che accoglie parzialmente le ragioni dei ricorrenti.

L’obbligo di utilizzare i rimedi preventivi

Sul primo e più importante punto, la Cassazione ha respinto il ricorso. Citando numerosi precedenti, sia propri che della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha riaffermato un principio fondamentale: i rimedi preventivi sono uno strumento essenziale e legittimo. Essi non sono un mero adempimento formale, ma rappresentano un comportamento collaborativo della parte, che manifesta al giudice la propria disponibilità ad accelerare il processo.

La Corte ha chiarito che l’istanza ex art. 281-sexies c.p.c. è uno di questi rimedi. Presentandola, la parte non rinuncia automaticamente al proprio diritto di difesa. La decisione di accoglierla, infatti, spetta sempre al giudice, che valuterà se la causa è matura per la decisione sulla base delle prove già acquisite. Non proporre tale istanza, invece, equivale a una scelta: la parte accetta implicitamente la protrazione dei tempi, perdendo così il diritto a lamentarsi del ritardo e a chiedere un risarcimento.

La Liquidazione delle Spese Processuali

Sul secondo motivo, la Corte ha dato ragione ai ricorrenti. Ha rilevato che, effettivamente, il Ministero della Giustizia non aveva depositato le note scritte sostitutive della partecipazione all’udienza di decisione. Di conseguenza, non aveva svolto attività difensiva in quella fase e non aveva diritto al relativo compenso. La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello su questo punto e, decidendo nel merito, ha ridotto l’importo delle spese che i ricorrenti dovevano pagare.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla necessità di bilanciare il diritto a un processo di ragionevole durata con il dovere di leale collaborazione processuale. Il sistema dei rimedi preventivi è stato introdotto proprio per responsabilizzare le parti e incentivarle a contribuire attivamente a una giustizia più celere. La logica è che, prima di chiedere un risarcimento per un danno (il ritardo), bisogna aver fatto tutto il possibile per evitarlo.

La Corte sottolinea che l’utilizzo di un rimedio come l’istanza ex art. 281-sexies c.p.c. non è una scommessa al buio. È una manifestazione di interesse alla rapida definizione, che rimette al giudice la valutazione finale. La parte che omette questo passaggio opera una scelta consapevole, i cui effetti ricadono sulla sua possibilità di ottenere, in un secondo momento, l’equa riparazione. Per quanto riguarda le spese legali, la motivazione è più tecnica ma altrettanto lineare: il compenso è legato all’attività difensiva effettivamente svolta. Se un’attività prevista (come il deposito di note scritte) non viene compiuta, il relativo compenso non è dovuto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima, e più rilevante, è che il diritto all’indennizzo per l’eccessiva durata di un processo non è automatico. È subordinato a un comportamento proattivo della parte, che deve utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per sollecitare una decisione. Ignorare i rimedi preventivi significa, di fatto, rinunciare al diritto di lamentarsi del ritardo. La seconda lezione riguarda la liquidazione delle spese: è sempre fondamentale verificare che i compensi richiesti e liquidati corrispondano all’attività concretamente svolta dalla controparte in ogni fase del giudizio.

È possibile ottenere un risarcimento per l’eccessiva durata di un processo se non si utilizzano i rimedi preventivi?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che il mancato esperimento dei rimedi preventivi previsti dalla legge, volti ad accelerare il procedimento, rende inammissibile la domanda di equa riparazione.

L’istanza di decisione con trattazione orale (art. 281-sexies c.p.c.) è un rimedio preventivo efficace anche se la causa è in fase istruttoria?
Sì. Secondo la Corte, questo rimedio è esperibile anche se il processo è in fase istruttoria. La sua proposizione manifesta un comportamento collaborativo della parte, mentre la valutazione sull’opportunità di accoglierla spetta comunque al giudice, che deciderà se la causa è matura per la decisione.

La controparte ha diritto al compenso per la fase decisionale se non deposita le note scritte sostitutive dell’udienza?
No. La Corte ha stabilito che se una parte non deposita le note scritte che sostituiscono la partecipazione all’udienza di decisione (ex art. 127 ter c.p.c.), non ha svolto attività difensiva in quella fase e, pertanto, non ha diritto al relativo compenso professionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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