Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10350 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10350 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 29088/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE di Bologna, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME ReginaCOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME Greco NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME presso il quale sono elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrenti-
nonché
COGNOME NOME COGNOME NOME Gentile Nelson, Intelisano NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME;
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Bologna n. 1808/2021 pubblicata il 15 luglio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Gli attuali controricorrenti e gli altri intimati hanno convenuto in giudizio, assieme ad altri interessati non più coinvolti, davanti al Tribunale di Bologna, l’Università di Bologna Alma Mater Studiorum, per sentire:
accertare e dichiarare il pagamento dell’indebita somma di € 59.473,10 da loro corrisposta;
accertare e dichiarare il loro diritto alla ripetizione dell’indebito e condannare controparte a restituire l’importo indicato, oltre interessi e frutti maturati dal pagamento al soddisfo.
Gli originari ricorrenti (con l’eccezione di NOME COGNOME e NOME COGNOME) hanno esposto di avere frequentato l’Ateneo bolognese negli anni accademici dal 2007/2008 al 2012/2013 e di avere pagato le tasse universitarie, versando, però, importi in eccesso rispetto al dovuto.
Sarebbe stato violato, infatti , l’art. 5 del d.P.R. n. 306 del 1997, il quale prescrive che la contribuzione studentesca non può superare il 20% dell’importo del finanziamento ordinario annuale dello Stato, a valere sul fondo di cui all’art. 5, comma 1, lett. a), e comma 3 della legge n. 537 del 1993.
Pertanto, essi hanno sostenuto di avere diritto di agire ai sensi dell’art. 2033 c.c.
Il Tribunale di Bologna, nel contraddittorio delle parti, con ordinanza del 12 luglio 2018, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, affermando che le statuizioni degli Atenei relative ai contributi studenteschi hanno natura organizzativa interna e che gli studenti non sono portatori di diritto soggettivi rispetto alla pretesa restituzione dei contributi.
Gli originari ricorrenti hanno proposto appello che la Corte d’appello di Bologna, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1808/2021, ha accolto, rimettendo le parti davanti al Tribunale di Bologna.
L’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.
NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME si sono difesi con controricorso.
Gli altri intimati non hanno svolto attività.
La Procura generale, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, concludendo per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, si precisa che il Collegio è delegato a trattare la questione di giurisdizione in oggetto in virtù del Decreto del Primo Presidente in data 10 settembre 2018, emanato in attuazione dell’art. 374, comma 1, c.p.c., in quanto essa rientra, ne ll’ambito delle materie di competenza della Sezione lavoro, tra le questioni indicate nel richiamato Decreto sulle quali si è consolidata la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte.
Con un unico motivo parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 5 del d.P.R. n. 306 del 25 luglio 1997 e dell’art. 386 c.p.c. e il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo.
Sostiene che la corte territoriale non avrebbe tenuto conto del petitum sostanziale della lite, atteso che i ricorrenti avrebbero contestato l’avvenuto sc ostamento della contribuzione studentesca dell’Università di Bologna dal rispetto del limite del 20% contemplato all’art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 306 del 1997. Afferma che il rapporto fra le entrate studentesche e il Fondo di
finanziamento ordinario potrebbe essere determinato solo in fase di bilancio consuntivo e che la domanda originaria contesterebbe direttamente la legittimità delle delibere del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo recanti l’approvazione dei bilanci, in specie quelli consuntivi, da valutare alla luce di un asserito ‘malgoverno della funzione di previsione e di quantificazione dei dati’.
Non sarebbe stata neppure possibile una disapplicazione degli atti amministrativi interessati, non essendovi un diritto soggettivo degli studenti.
La censura va respinta.
La regola di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo non si basa sul criterio del petitum formale, individuato in base all’oggetto del dispositivo che si invoca, bensì su quello del petitum sostanziale, da determinarsi con riguardo alla causa petendi e al rapporto dedotto in giudizio, oggetto di accertamento giurisdizionale (Cass., SU, n. 2368 del 24 gennaio 2024).
Per l’esattezza, la giurisdizione si determina in base alla domanda e, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi , ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio e individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (Cass., SU, n. 20350 del 31 luglio 2018).
Nella specie, risulta dagli atti che gli originari ricorrenti hanno prospettato di avere indebitamente corrisposto, per un certo periodo di tempo, all’Ateneo di Bologna delle somme non dovute a titolo di contributi studenteschi.
Lamentano, precisamente, che gli importi richiesti dal detto Ateneo e da loro versati sarebbero stati calcolati in violazione dell’art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 306 del 1997, in base al quale o dell’importo del finanziamento ordinario annuale dello Stato, a valere sul fondo di cui all’ articolo 5, comma 1, lettera a), e comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 ‘.
La presente controversia ha ad oggetto, quindi, la pretesa di alcuni studenti a ottenere da un Ateneo il rimborso ex art. 2033 c.c. delle somme a titolo di ‘contribuzione studentesca’ da loro asseritamente indebitamente corrisposte in quanto calcolate in violazione del limite massimo inderogabilmente stabilito dall’art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 306 del 1997.
Viene pr ospettata, pertanto, l’esistenza di un diritto soggettivo, concernente somme determinate, azionato in quanto una P.A. avrebbe violato un limite inderogabile fissato dalla legge per determinare una pretesa pecuniaria, in ordine al rispetto del quale non vi sarebbero spazi di discrezionalità in capo alla medesima P.A.
La questione sollevata dalla parte ricorrente relativa al fatto che la violazione di detto limite non potrebbe essere apprezzata in assenza dell’approvazione di un bilancio consuntivo è priva di pregio, investendo il merito della vicenda.
Allo stesso modo, non può sostenersi, come fa l’Ateneo, che le controparti avrebbero contestato delle scelte discrezionali attinenti alle modalità con le quali sarebbe stato attuato l’evidenziato limite del 20% nella determinazione dei contributi studenteschi.
Gli interessati, infatti, non impugnano le delibere universitarie, chiedendone l’annullamento, e non si dolgono del come i bilanci e gli altri atti interni sono stati formati, ma solo domandano la restituzione di un importo monetario ex art. 2033 c.c.
Neppure può negarsi che essi espongano di essere titolari di una posizione di diritto soggettivo, in quanto, avvenuto il pagamento, a prescindere dall’esistenza o meno, in concreto, di una violazione di legge, la richiesta di rimborso non può che essere ricondotta a una posizione soggettiva di tal fatta e non di interesse legittimo.
Deve trovare applicazione, nella specie, quindi, il principio, enunciato da Cass., SU, n. 6322 dell’11 luglio 1997, secondo il quale, in caso di diretta contestazione di un atto amministrativo generale, è configurabile una posizione di interesse legittimo, e l ‘ atto può essere impugnato solo davanti al giudice amministrativo; quando, invece sia contestato un singolo atto impositivo di una prestazione pecuniaria e in relazione ad esso venga in considerazione l ‘ applicazione della
disposizione impositiva contenuta in un atto amministrativo generale emanato da un ente pubblico nell ‘ atto di esercizio del suo potere autorganizzativo, la posizione del cittadino è quella propria del titolare di un diritto soggettivo asseritamente leso, tutelabile davanti al giudice ordinario, al quale può essere chiesta la dichiarazione dell ‘ inesistenza del potere dell ‘ ente di pretendere la suddetta prestazione al di fuori dei casi stabiliti dalla legge e in misura e con modalità diverse da quelle di legge.
A non dissimili conclusioni era giunta, in precedenza, pur se in una fattispecie differente, Cass., SU, n. 13030 del 4 dicembre 1991, secondo la quale ‘ Il Comune ha il potere di determinare i contributi dovuti dagli utenti del servizio mensa da esso gestiti nell’ambito delle scuole materne statali, all’uopo provvedendo con atti di carattere generale, a fronte dei quali la posizione degli utenti medesimi (o, per essi, dei genitori, obbligati ai sensi degli artt. 147 e 261 cod. civ.) è di interesse legittimo e, quindi, tutelabile soltanto davanti al giudice amministrativo. Appartengono invece alla giurisdizione del giudice ordinario oltre le controversie aventi ad oggetto il pagamento (o il rimborso) della somma concreta dovuta all’ente pubblico (o che questi deve restituire), quelle promosse per far valere l’assoluta carenza di potere dell’ente all’e missione del provvedimento determinativo del contributo, come nel caso in cui si lamenti che l’imposizione di quest’ultimo sia avvenuta a carico di quanti si limitino alla fruizione del servizio di scuola materna, che per legge deve essere gratuito, e non anche di quello di mensa, trattandosi, nel primo caso e nel secondo, sempre della tutela di diritti soggettivi perfetti’.
Nel caso in esame, tenuto conto del principio posto dall ‘art. 386 c.p.c. , per cui la giurisdizione si determina in base alla domanda proposta in giudizio, dal contenuto del ricorso ordinario di primo grado risulta che gli studenti in questione non hanno impugnato degli atti amministrativi generali o dei bilanci adottati nell ‘ esercizio del potere auto-organizzativo dell ‘Ateneo , ma hanno fatto valere il loro diritto alla restituzione della somma pretesa dall ‘ Università, contestando (in parte) il diritto di quest’ultima alla pretesa pecuniaria.
Questo è sufficiente per ritenere che la giurisdizione appartenga al giudice ordinario.
Il ricorso è rigettato ed è dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.
Le spese di lite seguono la soccombenza nei confronti dei controricorrenti e sono liquidate come in dispositivo, da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della P.A. ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto, potendo essa beneficiare del meccanismo della prenotazione a debito.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite in favore dei controricorrenti , che liquida in € 6.000,00 per compenso professionale e in € 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge e alle spese generali nella misura del 15%, da distrarsi in favore del procuratore, Avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile della