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Rimborso spese legali: quando spetta al dipendente?

Con la sentenza n. 34457 del 24/12/2019, la Cassazione Civile, Sez. Lavoro, ha stabilito che il rimborso delle spese legali al dipendente, processato per fatti connessi al servizio, è subordinato alla preventiva assenza di un conflitto di interessi con l’azienda. L’assoluzione nel giudizio penale non è di per sé sufficiente a garantire il rimborso se sussiste un conflitto, come nel caso di reati contestati ai danni dello stesso datore di lavoro. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva concesso il rimborso, ribadendo che l’assenza di conflitto è un presupposto imprescindibile previsto dalla contrattazione collettiva.

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Pubblicato il 11 luglio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Rimborso Spese Legali e Conflitto di Interessi: La Cassazione Chiarisce

Il tema del rimborso spese legali sostenute da un dipendente per difendersi in un procedimento giudiziario è da sempre delicato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 34457/2019, ha fornito un’interpretazione cruciale delle norme della contrattazione collettiva, stabilendo un principio fondamentale: l’assenza di un conflitto di interessi con il datore di lavoro è un presupposto non negoziabile. Anche un’assoluzione penale non basta a superare questo ostacolo.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un’azione legale intentata da un gruppo di dipendenti di una grande società di servizi. I lavoratori, dopo essere stati sottoposti a un procedimento penale con l’accusa di aver commesso reati (truffa e falso ideologico) ai danni della stessa società datrice di lavoro, erano stati definitivamente assolti. Forti di tale esito, avevano citato in giudizio l’azienda per ottenere il rimborso spese legali sostenute per la propria difesa, come previsto, a loro dire, dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di settore.

Mentre in primo grado la domanda era stata respinta, la Corte d’Appello aveva parzialmente accolto le richieste dei lavoratori. I giudici di secondo grado avevano ritenuto che, nonostante un evidente conflitto di interessi iniziale (essendo i dipendenti accusati di un reato contro l’azienda), l’assoluzione finale facesse venir meno l’impedimento al rimborso, a meno che non fosse provata una condotta connotata da dolo o colpa grave. L’azienda, insoddisfatta della decisione, ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’azienda, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte per un nuovo esame. Il verdetto ribalta completamente l’interpretazione dei giudici di merito, ponendo l’accento sulla corretta lettura delle clausole del CCNL.

Le Motivazioni: Il Conflitto di Interessi come Condizione Primaria per il Rimborso Spese Legali

La Cassazione ha basato la sua decisione su un’analisi sistematica dell’art. 45 del CCNL 2003 (riprodotto nell’art. 48 del CCNL 2007). Secondo i giudici, la norma è strutturata in modo gerarchico e chiaro:

1. La Condizione Preliminare (Comma 3): La prima e fondamentale condizione affinché l’azienda si faccia carico delle spese di difesa è che “non sussista conflitto di interesse”. Questa verifica è un presupposto imprescindibile e prioritario. Se esiste un conflitto, come nel caso di un dipendente accusato di aver danneggiato il proprio datore di lavoro, l’obbligo dell’azienda di coprire le spese non sorge affatto.

2. Le Ipotesi Successive (Comma 4 e 5): Le clausole che prevedono il rimborso in caso di assoluzione o l’obbligo di restituzione delle spese anticipate in caso di condanna per dolo o colpa grave, operano solo se la condizione preliminare (assenza di conflitto) è soddisfatta. In altre parole, queste regole si applicano ai casi in cui l’azienda ha inizialmente assunto la difesa del dipendente (o avrebbe dovuto farlo) perché non vi era alcun conflitto di interessi palese.

La Corte d’Appello ha errato nel considerare l’assoluzione come un fatto capace di “sanare” retroattivamente un conflitto di interessi esistente ab origine. La Cassazione chiarisce che la situazione di conflitto, intesa come relazione antagonistica e incompatibilità di interessi, deve essere valutata al momento della condotta che ha generato il procedimento. L’assoluzione penale, specie se per insufficienza di prove, non cancella automaticamente tale conflitto e non fa sorgere un diritto al rimborso spese legali che non è mai esistito.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un punto fermo con importanti implicazioni pratiche. Un dipendente, anche se assolto da un’accusa penale per fatti legati al servizio, non può pretendere automaticamente il rimborso spese legali se il procedimento nasceva da un presunto illecito commesso ai danni del proprio datore di lavoro. In questi casi, il conflitto di interessi è in re ipsa (nella cosa stessa) e blocca sul nascere l’applicazione della tutela prevista dal CCNL. Questa interpretazione rafforza la posizione del datore di lavoro, che non è tenuto a finanziare la difesa di chi è stato accusato di agire contro i suoi stessi interessi, indipendentemente dall’esito finale del processo penale.

Un dipendente assolto in un processo penale ha sempre diritto al rimborso delle spese legali da parte dell’azienda?
No. Secondo la sentenza, il diritto al rimborso è subordinato alla condizione preliminare che non esista un conflitto di interessi con il datore di lavoro. Se il dipendente è accusato di un reato contro l’azienda, il conflitto sussiste e il diritto al rimborso non sorge, anche in caso di assoluzione.

Cosa si intende per “conflitto di interessi” in questo contesto?
Si intende una relazione antagonistica e di incompatibilità tra gli interessi del dipendente e quelli del datore di lavoro. Un esempio tipico è quando il dipendente è accusato di aver commesso un illecito (come una truffa) ai danni diretti dell’azienda per cui lavora.

L’assoluzione per insufficienza di prove è sufficiente per ottenere il rimborso delle spese legali?
No. La sentenza chiarisce che la formula assolutoria è irrilevante se sussiste a monte un conflitto di interessi. L’assoluzione, anche con formula piena, non sana retroattivamente la mancanza del presupposto fondamentale (l’assenza di conflitto) richiesto dalla contrattazione collettiva per far scattare l’obbligo di rimborso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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