Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18873 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18873 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
Oggetto: Accertamento diritto al rimborso delle spese legali sostenute nel giudizio di responsabilità contabile da dirigente ATER
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8804/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende, con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri di Giustizia ;
– ricorrente –
contro
ATER DELLA PROVINCIA DI ROMA -AZIENDA TERRITORIALE PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA DELLA PROVINCIA DI ROMA (già I.A.C.P. DELLA PROVINCIA DI ROMA), in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
RIGGERO DI LAURIA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri di Giustizia ;
– controricorrente –
nonché contro
ATER -AZIENDA TERRITORIALE PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA DEL COMUNE DI ROMA (già I.A.C.P. DI ROMA), in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 32/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/03/2021 R.G.N. 315/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il dott. NOME COGNOME è stato direttore generale dello IACP della Provincia di Roma dal marzo 2002 al novembre 2003 ed ha proposto il presente ricorso per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma, Sezione IV Lavoro n. 32/2021 dell’11 gennaio 2021, pubblicata il 2 marzo 2021, non notificata.
La sentenza ha deciso le cause in appello riunite n.r.g. 315/2017 di ATER della Provincia di Roma e nei confronti di ATER del Comune di Roma e NOME COGNOME ed n.r.g. 1876/2017 di ATER del Comune di Roma contro NOME COGNOME e nei confronti di ATER della Provincia di Roma, succedute allo IACP della Provincia di Roma ex lege reg. 30/2002, proposte per la riforma della sentenza n. 8716/2016 del Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, resa inter partes , ed ha rigettato la domanda del dott. NOME Mancianti, con condanna alle spese del primo e del secondo grado di giudizio.
La controversia in oggetto deriva dalle sentenze della giustizia contabile.
Il ricorrente era stato convenuto in giudizio nella sua qualità di D.G. dello IACP della Provincia di Roma dinnanzi la Sezione Giurisdizionale del Lazio della Corte dei Conti con altri sei dirigenti dell’Istituto per rispondere del danno erariale complessivamente determinato nell’invito a dedurre, dapprima in euro 438.993,594,00, di seguito rideterminato nella citazione in giudizio in euro 427.005.794,12, per aver omesso di riscuotere i canoni degli immobili affittati dallo IACP, incrementando la morosità a danno dell’Istituto.
La sentenza della Sezione Giurisdizionale del Lazio della Corte dei Conti n. 317/2009 proscioglieva i convenuti dall’addebito e compensava le spese del giudizio.
L’appello del Mancianti sulla compensazione delle spese era deciso dalla III Sezione Centrale di appello della Corte dei Conti che, con la sentenza n. 860/2011, provvedeva sulle spese, liquidando in euro 2.090,00 gli onorari per il primo grado ed in euro 1.175,00 quelli per il grado di appello.
In seguito, il dott. COGNOME proponeva al competente Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, ricorso per l’accertamento e la declaratoria del diritto di essere manlevato o rimborsato delle spese di cui alla parcella del proprio difensore oggetto di ordinanza-ingiunzione n. 12104/2014.
Il Tribunale di Roma decideva con la sentenza n. 8716, pubblicata il 13.10.2016 accogliendo la domanda.
Sull’appello proposto dalle due ATER, la Corte d’appello di Roma manifestava diverso avviso e riformava la sentenza di primo grado con la sentenza n. 32/2021, con condanna del Mancianti alle spese del primo e secondo grado di giudizio.
Aderiva la Corte territoriale all’orientamento di questa Corte di legittimità costituito da Cass. 19 agosto 2013, n. 19195 e r iteneva,
pertanto, che il COGNOME non avesse diritto ad alcuna integrazione di quella liquidazione delle spese effettuata dal giudice contabile.
Evidenziava, in ogni caso, che non vi era alcuna prova dell’avvenuto esborso delle somme ulteriori rivendicate da parte del predetto.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con tre motivi.
L’ATER della provincia di Roma e l’ATER del Comune di Roma hanno resistito con separati controricorsi.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia l a violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 2 -bis , del D.L. n. 543/1996, convertito con modificazioni con la L. n. 639/1996; dell’art. 18, comma 1, D.L. n. 67/1997, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135/1997; dell’art. 10 bis , comma 10, del D.L. n. 203/2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 248/2005; dell’art. 17, comma 30 -quinquies , del D.L. n. 78/2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 102/2009, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver fatto propria la motivazione di Cass. 19 agosto 2013, n. 19195 e richiama i principi, asseritamente più condivisibili, affermati da Cass., Sez. Un., 14 marzo 2011, n. 5918.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. con riferimento all’ art. 342 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato: ‘ Tanto premesso, osserva allora la Corte che nel caso di specie la liquidazione delle spese del giudizio di responsabilità contabile, da cui il COGNOME è stato assolto, sono state liquidate dalla Corte dei Conti con la sentenza n. 860/2011 (che peraltro, al fine, ha esaminato e disatteso motivatamente la parcella presentata dall’Avv. COGNOME). Dette spese
del giudizio com’è pacifico nel tema del decidere – sono state rimborsate al Mancianti’.
Assume che la sentenza impugnata doveva decidere, non sulla sentenza di appello della Corte dei Conti, ma sull’appello delle ATER e sulle censure da queste esposte avverso la sentenza del Tribunale.
La ATER della Provincia di Roma, nel richiedere la integrale riforma della sentenza di primo grado, ha sostenuto la esaustività della pronuncia della Corte dei Conti sulle spese e non ha censurato la sentenza di primo grado impugnata, perché non aveva tenuto conto del fatto che la Corte dei Conti di appello aveva ‘motivatamente’ rigettato la parcella del difensore. Stesse considerazioni si riferiscono all’appello dell’ATER del Comune di Roma.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione ulteriore dell’art. 3, comma 2 -bis , del D.L. n. 543/1996, convertito con modificazioni dalla legge n. 639/1996; dell’art. 18, comma 1, D.L. n. 67/1997, convertito con modificazioni dalla legge n. 135/1997; dell’art. 10bis , comma 10, del D.L. n. 203/2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 248/2005; dell’art. 17, comma 30 -quinquies , del D.L. n. 78/2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 102/2009, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
Critica la sentenza impugnata là dove ha affermato, sempre sulla base di Cass. n. 19195/2013 cit. che la procedura espressamente prevista per l’amministrazione statale è applicabile in via analogica anche agli altri enti pubblici, fatti salvi i necessari adattamenti (ad esempio la sostituzione del parere dell’Avvocatura Generale dello Stato col parere dell’Avvocatura interna, eventualmente esistente nell’ordinamento dell’ente, ovvero, in caso di mancanza di un’Avvocatura interna o di altra analoga istituzione, l’emanazione di provvedimento motivato da parte dell’organo di gestione).
Il ricorso è inammissibile.
La Corte territoriale, come evidenziato nello storico di lite, ha accolto il ricorso dell’ATER sulla base di una duplice ratio decidendi .
Ha, in punto di diritto, aderito all’orientamento espresso da Cass., Sez. Un., n. 19195/2013 (secondo cui: ‘Dopo l’entrata in vigore dell’art. 10 -bis , comma decimo, del D.L. 30 settembre 2005 n. 203, conv. dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, in caso di proscioglimento nel merito del convenuto in giudizio per responsabilità amministrativo -contabile innanzi alla Corte dei conti, spetta esclusivamente a detto giudice, con la sentenza che definisce il giudizio, liquidare -ai sensi e con le modalità di cui all’art. 91 cod. proc. civ. ed a carico dell’amministrazione di appartenenza -l’ammontare delle spese di difesa del prosciolto, senza successiva possibilità per quest’ultimo di chiedere in separata sede, all’amministrazione medesima, la liquidazione di dette spese, neppure in via integrativa della liquidazione operata dal giudice contabile. Tale principio si applica anche in ipotesi di compensazione delle spese disposta dal giudice contabile nel vigore del testo del cit. art. 10 -bis , comma decimo, D.L. n. 203 del 2005, anteriormente alla novella di cui all’art. 17, comma 30 -quinquies , del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, conv. dalla legge 3 agosto 2009, n. 102’) ed ha ritenuto che in ogni caso non vie fosse alcuna prova dell’avvenuto esborso delle somme ulteriori rispetto a quelle liquidate dal giudice contabile.
Ed allora non vale richiamare il difforme principio affermato, da ultimo, da Cass., Sez. Un., 5 dicembre 2024, n. 31137 (secondo cui : ‘ Nei giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti conclusisi con il proscioglimento nel merito del pubblico dipendente convenuto, il giudice contabile deve provvedere alla liquidazione delle spese legali, da porre a carico dell’amministrazione di appartenenza, mediante una statuizione di condanna ex art. 91 cod. proc. civ., ma il dipendente prosciolto ha diritto di chiedere a tale amministrazione -ai sensi degli artt. 3, comma 2 -bis , D.L. n. 543 del 1996, conv. con modif. dalla legge
n. 639 del 1996, e 18, comma 1, del D.L. n. 67 del 1997, conv. dalla legge n. 135 del 1997, come interpretati dall’art. 10 -bis , comma 10, D.L. n. 203 del 2005, conv. con modif. dalla legge n. 248 del 2005 -il rimborso dell’eventuale maggior importo delle spese defensionali sostenute, il quale attiene al rapporto sostanziale fra amministrazione e dipendente e appartiene alla giurisdizione del giudice del rapporto di lavoro e, quindi, di regola, del giudice ordinario’).
In tema di impugnazioni, qualora la sentenza del giudice di merito si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, anche di una soltanto di tali ragioni determina l’inammissibilità, per difetto di interesse, anche del gravame proposta avverso le altre, in quanto l’eventuale accoglimento del ricorso non inciderebbe sulla ‘ ratio decidendi ‘ non censurata, con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe, pur sempre, fondata su di essa ( ex multis , Cass., Sez. Un., 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. 4 marzo 2016, n. 4293; Cass. 27 luglio 2017, n. 18641).
L’avere la Corte territoriale evidenziato che non vi era alcuna prova dell’avvenuto esborso da parte del Mancianti in favore del proprio difensore delle somme ulteriori rispetto a quelle di cui alla liquidazione del giudice contabile è senza dubbio motivazione logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione di i nsussistenza del diritto di cui all’art. 10 -bis D.L. n. 203/2005, diritto che essendo configurato in termini di ‘rimborso’ presuppone, a monte, l’avvenuto esborso (si veda in vicenda analoga Cass. 23 febbraio 2022, 5980).
Nonostante i rilievi del ricorrente come sintetizzati nei motivi sopra illustrati (rilevi che non toccano in alcun modo l’accertamento circa la mancata prova dell’avvenuto esborso) la decisione della Corte territoriale non può che restare ferma.
Da tanto consegue che il ricorso va dichiarato inammissibile.
La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
7 . Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida, per ciascuna di esse, in euro 200,00 per esborsi ed euro 6.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 -bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione