Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27670 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 27670 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 27866-2022 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 123/2022 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 23/05/2022 R.G.N. 323/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/07/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Fatti di causa
Oggetto
R.G.N. 27866/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/07/2025
CC
La Corte d’appello di Genova, con la sentenza in atti, ha rigettato l’appello proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza del tribunale di Massa che aveva respinto il ricorso proposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, alle cui dipendenze lo stesso COGNOME aveva lavorato quale direttore di agenzia, per ottenere il rimborso, ai sensi dell’art. 36 CCNL RAGIONE_SOCIALEo, delle spese legali sostenute per la propria difesa nel procedimento penale svolto a suo carico per i reati di falsità in scrittura privata e truffa, commessi in concorso con COGNOME NOME, da cui era stato assolto.
A fondamento della decisione, la Corte d’appello ha sostenuto che il tribunale avesse correttamente negato la sussistenza del diritto azionato in quanto la condotta del COGNOME non era riconducibile al corretto esercizio delle funzioni cui il contratto collettivo condiziona il rimborso delle spese di difesa penale del dipendente; laddove nel caso di specie il COGNOME aveva colpevolmente consentito ad un terzo estraneo all’organizzazione aziendale, la possibilità di operare in maniera continuativa e senza particolari controlli all’interno dei locali dell’agenzia bancaria, ricevendo i clienti con frequenza quasi quotidiana, utilizzando la modulistica aziendale per la conclusione dei contratti, con modalità nel complesso tali da simulare o comunque avvalorare agli occhi dei propri clienti, la sua appartenenza all’organizzazione aziendale; aldilà del fatto che COGNOME avesse agito in uno stato di buona fede ed allo scopo di perseguire un incremento degli affari per la banca non vi era dubbio che l’aver di fatt o autorizzato comunque quantomeno tollerato l’operato del COGNOME all’interno dell’agenzia integrasse un’evidente violazione degli obblighi di corretto esercizio delle funzioni istituzionali connotata da gravissima negligenza ed idonea anche ex ante a porre a rischio gli interessi
della banca rispetto alle conseguenze risarcitorie nei confronti dei clienti per le possibili irregolarità compiute dal terzo. L’aver agito in violazione dei doveri professionali, violazione ritenuta palese e scontata dalla Corte d’appello nella sentenza penale definitiva di assoluzione del COGNOME, escludeva dunque l’operatività della garanzia contrattuale prevista dall’articolo 36, comma 1 CCNL invocata dall’appellante, quale titolo della pretesa.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME con due motivi ai quali ha resistito RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Dopo la decisione, il Collegio ha autorizzato il deposito della motivazione nel termine di 60 giorni previsto dalla legge.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce ex art. 360 n.5 c.p.c. l’omesso esame della sentenza assolutoria della Corte d’appello di Genova, sezione prima penale n. 578/2016, nonché l’omessa valutazione dell’assenza di concorsualita’; conformità della condotta del dipendente NOME COGNOME alle direttive dell’azienda.
Il motivo è inammissibile laddove reclama l’omessa valutazione di fatti decisivi e denuncia l’esistenza del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi preclusa dalla ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c .p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le modifiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022), senza indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774 del 2016; conf. Cass. n. 20944 del 2019).
Esso è pure inammissibile nella parte in cui deduce che la sentenza penale avrebbe detto altro rispetto a quanto riportato dalla gravata sentenza senza però trascrivere e produrre la stessa sentenza della Corte d’appello penale in violazione del principio di specificità del ricorso per cassazione.
Il motivo è altresì inammissibile nella parte in cui denuncia in diritto la violazione della teoria penalistica della fattispecie plurisoggettiva eventuale questione di cui però non si occupa la sentenza impugnata e che neppure risulta indicata come dedotta nei precedenti gradi di giudizio.
Il ricorso è infine inammissibile laddove non impugna la ratio decidendi posta a base della sentenza, la quale ha escluso in tesi che siano suscettibili di copertura, quanto alla garanzia del rimborso delle spese legali, i fatti commessi con negligenza nell’esercizio delle funzioni.
2.- Col secondo motivo il ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del CCNL RAGIONE_SOCIALEo Banca, perché l’odierno ricorrente agiva nel pieno rispetto delle funzioni assegnategli e quanto deciso in via definitiva del giudizio penale non poteva essere valutato come un’appendice secondaria: ogni deviazione significativa dalle good practices avrebbe determinato una condanna , per i principi richiamati nel primo motivo sul concorso di persone nel reato. La conferma definitiva la si trovava nella revoca della costituzione di parte civile operata dalla banca solo in sede di discussione.
2.1. Anche questo motivo deve essere disatteso in quanto meramente argomentativo e contrappositivo rispetto alla tesi posta dalla Corte di appello a base della soluzione della causa. Non impugna però una specifica ratio decidendi della sentenza , sotto il profilo giuridico, bensì l’accertamento operato dalla Corte di appello in merito al fatto che il comportamento del
ricorrente ‘integrasse un’evidente violazione degli obblighi di corretto esercizio delle funzioni istituzionali connotata da gravissima negligenza ed idonea anche ex ante a porre a rischio gli interessi della banca’.
Inoltre, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, sul punto la Corte d’appello ha richiamato a supporto proprio il contenuto della sentenza penale evidenziando come dalla stessa emergesse l’esistenza di ‘una deviazione evidente e scontata dalle bu one pratiche’.
Sicchè in definitiva il motivo finisce per censurare detta questione di fatto sull’essersi o meno verificata la deviazione dalle buone pratiche su cui è stato però effettuato un accertamento non più sottoponibile a revisione in questa sede, in virtù dei motivi di ricorso proposti.
3.Per le ragioni esposte il ricorso deve essere complessivamente rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali come in dispositivo.
4.Sussistono altresì le condizioni per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’articolo 13, comma 1 bis d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in € 2500,00 per compensi e € 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli altri oneri di legge.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater d.p.r. n.115 del 2000, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 10.7.2025 La Presidente dott.ssa NOME COGNOME