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Rimborso spese legali: niente fattura al soccombente

Un avvocato, condannato al pagamento delle spese in un precedente giudizio, ha citato il legale della controparte per non aver emesso fattura. La sua richiesta di risarcimento è stata respinta in primo grado e l’appello è stato dichiarato inammissibile perché la causa, di valore inferiore a 1.100 euro, era stata decisa secondo equità. La Cassazione ha confermato l’inammissibilità, ribadendo che per il rimborso spese legali non è dovuta alcuna fattura dalla parte vittoriosa a quella soccombente.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rimborso Spese Legali: La Cassazione Chiarisce, Niente Fattura per la Parte Soccombente

Una delle domande più comuni al termine di un contenzioso è: se perdo la causa e vengo condannato al pagamento delle spese legali della controparte, ho diritto a ricevere una fattura per poterla dedurre fiscalmente? La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 25578/2024, ha fornito una risposta chiara e definitiva, confermando un principio consolidato. Il rimborso spese legali non dà diritto a una fattura da parte del legale della controparte. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Una Richiesta di Fattura Finita in Cassazione

La vicenda nasce da una situazione piuttosto singolare. Un avvocato, risultato soccombente in un precedente giudizio di cassazione, era stato condannato a pagare le spese processuali al legale della parte vittoriosa. Dopo aver effettuato il pagamento, l’avvocato richiedeva al collega l’emissione di una “quietanza-fattura”, documento necessario, a suo dire, per poter portare in detrazione l’importo ai fini IVA e IRPEF.

Di fronte al rifiuto del legale della parte vincitrice, l’avvocato soccombente decideva di intentare una nuova causa dinanzi al Giudice di Pace. Chiedeva l’accertamento dell’inadempimento all’obbligo di rilasciare la quietanza-fattura e un risarcimento del danno quantificato in via equitativa in 500,00 euro.

Il Percorso Giudiziario e i Limiti del Rimborso Spese Legali

Il Giudice di Pace rigettava la domanda, sostenendo che tra la parte soccombente e il difensore della parte vittoriosa non esiste alcun rapporto di diritto sostanziale che giustifichi l’emissione di una fattura. Il pagamento, infatti, non è il corrispettivo di una prestazione professionale, ma l’adempimento di un’obbligazione imposta da una sentenza.

L’avvocato non si arrendeva e proponeva appello dinanzi al Tribunale di Roma. Quest’ultimo, però, dichiarava l’appello inammissibile. La ragione era prettamente procedurale: poiché il valore della controversia (500 euro di risarcimento richiesto) era inferiore al limite di 1.100 euro, la causa era stata decisa dal Giudice di Pace secondo equità. Le sentenze rese secondo equità godono di una stabilità maggiore e possono essere appellate solo per violazioni molto gravi (norme sul procedimento, norme costituzionali o comunitarie, principi regolatori della materia), che nel caso di specie non sussistevano.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire due principi fondamentali.

In primo luogo, ha confermato la correttezza della decisione del Tribunale. Le sentenze del Giudice di Pace in cause di valore inferiore a 1.100 euro sono sempre pronunciate secondo equità. Di conseguenza, i motivi di appello sono estremamente limitati. Il Tribunale aveva correttamente applicato questa regola, e il ricorrente non era riuscito a dimostrare alcuna violazione procedurale o di principi fondamentali.

In secondo luogo, e questo è il punto centrale, la Corte ha implicitamente confermato l’orientamento di merito. Il pagamento delle spese legali da parte del soccombente è un indennizzo a favore della parte vittoriosa per i costi che ha dovuto sostenere. Il rapporto contrattuale (e quindi l’obbligo di fatturazione) esiste solo tra la parte vittoriosa e il suo avvocato. L’avvocato emetterà fattura al proprio cliente, il quale poi otterrà il rimborso dalla parte soccombente sulla base della sentenza di condanna. Il provvedimento del giudice è il titolo che giustifica il pagamento, non un contratto di prestazione d’opera professionale tra il soccombente e l’avvocato avversario.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre importanti implicazioni pratiche:

1. Nessuna fattura per il soccombente: La parte che perde una causa non può pretendere una fattura dall’avvocato della controparte per il pagamento delle spese legali. Il suo titolo di pagamento è la sentenza del giudice.
2. Natura del pagamento: Il versamento delle spese non è il pagamento di un onorario, ma un risarcimento forfettario stabilito dal giudice a favore della parte vincitrice.
3. Attenzione al valore della causa: Il valore di una controversia determina le regole processuali applicabili, inclusa la possibilità di appellare una sentenza. Le cause di valore esiguo decise secondo equità sono molto più difficili da impugnare.

La parte che perde una causa e paga le spese legali alla controparte ha diritto a ricevere una fattura dall’avvocato di quest’ultima?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che non esiste un rapporto di diritto sostanziale tra la parte soccombente e il difensore della parte vittoriosa. Il pagamento è un adempimento di un’obbligazione stabilita dal giudice e non la remunerazione per un servizio, quindi non è dovuta alcuna fattura.

Perché l’appello contro la decisione del Giudice di Pace è stato dichiarato inammissibile?
L’appello è stato dichiarato inammissibile perché la causa originaria, avendo un valore di 500 euro (inferiore al limite di 1.100 euro), è stata decisa “secondo equità”. Le sentenze pronunciate secondo equità possono essere appellate solo per violazioni di norme procedurali, costituzionali, comunitarie o dei principi regolatori della materia, motivi che nel caso di specie non sono stati ravvisati.

Il rimborso delle spese legali comprende anche l’IVA?
Sì. L’ordinanza menziona un precedente orientamento secondo cui la condanna alle spese di lite costituisce titolo esecutivo anche per il rimborso dell’IVA che la parte vittoriosa ha versato al proprio difensore. L’IVA è considerata un onere accessorio e una conseguenza diretta del pagamento degli onorari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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