Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21167 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21167 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19506/2022 R.G. proposto da presso la
Cancelleria della Corte di Cassazione, con diritto di ricevere le comunicazioni all’indicato indirizzo PEC dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE ,
in persona del Rettore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l ‘Avvocatura Generale dello Stato , che la rappresenta e difende ope legis
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 51/2022 della Corte d’Appello di L’Aquila , depositata il 10.2.2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21.5.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente , dirigente dell’RAGIONE_SOCIALE, al quale è stato riconosciuto il diritto al rimborso delle spese legali sostenute per la difesa in un processo penale che l’ha visto assolto per un’accusa inerente alla sua attività di servizio, impugna la sentenza con cui la Corte d’Appello di L’Aquila, confermando la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, in funzione di giudice del lavoro, ha respinto la sua domanda volta ad ottenere il pagamento di un importo maggiore, in quanto ha ritenuto del tutto satisfattivo l’importo a tal fine spontaneamente versato dalla datrice di lavoro.
Il ricorso è articolato in cinque motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi de ll’ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia «nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 416 e 420 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.)».
Poiché la Corte d’Appello ha ritenuto decisivo e vincolante il parere di congruità espresso dall’Avvocatura dello Stato sull ‘ importo spontaneamente rimborsato, il dirigente si duole che quel documento sia stato ammesso nonostante la tardiva costituzione in giudizio dell’RAGIONE_SOCIALE (in quanto avvenuta nove giorni prima dell’udienza ex art. 420 c.p.c.) e ancor di più che sia stato dato rilievo alla mancata contestazione, da parte sua, del contenuto di un parere avente data successiva a quella di presentazione del ricorso al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE.
1.1. Il motivo è inammissibile, perché non è pertinente rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata.
La Corte territoriale non ha valorizzato il parere dell’Avvocatura dello Stato come prova della congruità dell’importo spontaneamente versato dalla datrice di lavoro; ha invece applicato la norma di diritto sostanziale, invocata dal ricorrente per chiedere il rimborso, contenuta nel l’art. 18 del d.l. n. 67 del 1997, convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 1997, in forza della quale le spese legali «sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall ‘ Avvocatura dello Stato».
In base a tale disposizione di legge il parere dell’Avvocatura dello Stato è un requisito di legittimità senza il quale il rimborso non potrebbe essere effettuato. Non hanno quindi alcun rilievo la tardività della produzione in giudizio del parere, né la tardività del rilascio del parere, dovendo comunque il giudice acquisire quel parere, quale elemento integrante della fattispecie costitutiva del diritto vantato dal lavoratore.
Anche il secondo motivo denuncia «nullità della sentenza e del procedimento», questa volta «per violazione e falsa applicazione de ll’ art. 112 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.)».
Il ricorrente rileva di avere dedotto precise circostanze a sostegno del proprio diritto ad un rimborso in misura superiore a quella determinata applicando i minimi dei parametri forensi e accusa la Corte territoriale di non essersi pronunciata su «tutta la domanda», non avendo tenuto conto in alcun modo di tali deduzioni.
2.1. Il motivo è inammissibile, perché l ‘assenz a di motivazione, nella sentenza, su alcune delle allegazioni, deduzioni o argomentazioni poste a sostegno della domanda è cosa ben diversa da una omessa pronuncia sulla domanda o su parte della domanda.
La Corte d’Appello si è pronunciata sull’unica domanda svolta dal dirigente (domanda di condanna dell’RAGIONE_SOCIALE al pagamento di un importo a titolo di rimborso spese legali ulteriore rispetto a quanto spontaneamente versato) e, quindi, non può sussistere il vizio di omessa pronuncia. Il motivo di ricorso illustra quella che potrebbe essere, a tutto concedere, un’insufficiente motivazione della sentenza impugnata, che è un vizio diverso e nemmeno censurabile in sede di legittimità, in base all’attuale tenore letterale del riformato n. 5 dell’art. 360, comma 1, c.p.c. In ogni caso, ad abundantiam , nemmeno sussiste l’insufficiente motivazione, perché la Corte abruzzese, avendo ritenuto vincolante ex lege il parere dell’Avvocatura dello Stato, non avrebbe mai potuto valorizzare le allegazioni e deduzioni di parte finalizzate a derogare (in aumento) a quel parere.
Il terzo motivo di ricorso è rubricato «violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 1, d.l. n. 67 del 1997, convertito in legge n. 135 del 1997 (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)».
3.1. Al terzo è strettamente connesso il quarto motivo, con cui si censurano «violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014 , dell’art. 1720, comma 1, c.c. e/o dell’art. 18, comma 1, d.l. n. 67 del 1997, convertito in legge n. 135 del 1997 (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)».
Con questi motivi il ricorrente prospetta l’erroneità de l punto essenziale della motivazione della sentenza impugnata,
ovverosia del ritenuto carattere vincolante, anche per il giudice, del parere espresso dall’Avvocatura dello Stato, la quale h a avallato, stimandola congrua, la liquidazione del rimborso in base ai minimi dei parametri forensi.
I due motivi sono fondati nei termini di seguito esposti.
4.1. La Corte d’Appello di L’Aquila ha espressamente dichiarato l’i mpossibilità di sostituire una propria differente valutazione a quella dell’Avvocatura dello Stato , ritenendo il parere d ell’Avvocatura sindacabile solo se «viziato da errore di fatto, illogicità, carenza di motivazione, incoerenza, irrazionalità o violazione delle norme di settore». A tale conclusione il giudice d’appello è pervenuto in dichiarato ossequio a ll’orientamento espresso da questa Corte di legittimità con la sentenza delle Sezioni Unite n. 13861/2015.
4.2. Sennonché, a ben vedere, in quel precedente le Sezioni Unite sicuramente hanno statuito il ruolo imprescindibile del parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato al fine del rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente sottoposto a processo per causa di servizio e risultato innocente; ma non hanno affatto affermato il carattere vincolante di quel parere anche per il giudice, nel caso in cui sorga una controversia sull’entità del rimborso tra il pubblico impiegato e l’amministrazione datrice di lavoro.
Al contrario, nella motivazione di quella sentenza si legge testualmente:
« Nel formulare il parere, l’avvocatura non può avere quale riferimento esclusivo né, come vorrebbe il ricorso, l ‘ interesse del dipendente a risultare sempre e in ogni caso indenne da ogni costo difensivo, né quello dell ‘ amministrazione a minimizzare la spesa, poiché il parere deve essere reso in termini di congruità .
Esso è soggetto al vaglio del giudice per il necessario controllo del rispetto dei principi di affidamento, ragionevolezza e tutela effettiva dei diritti riconosciuti dalla Costituzione, come è stato già chiarito da Cass. SL, n. 1418/07 ».
4.3. La sindacabilità anche nel merito (e quindi non solo nelle ipotesi di illegittimità indicate nella sentenza impugnata) del parere è già implicita nell’affermazione delle Sezioni Unite secondo cui l’Avvocatura dello Stato non deve appiattirsi né sulla richiesta del lavoratore, né sull’interesse della pubblica amministrazione a minimizzare la spesa. Ma è resa in ogni caso esplicita nel successivo paragrafo della motivazione, ove si legge di un necessario « vaglio del giudice » con riferimento ai « principi di affidamento, ragionevolezza e tutela effettiva dei diritti riconosciuti dalla Costituzione ».
Del resto, le Sezioni Unite ricollegano la ratio dell’art. 18 del d.l. n. 67 del 1997 « a un interesse generale, quello di tenere indenni i funzionari pubblici che abbiano agito in nome, per conto e nell’interesse dell’amministrazione, sollevandoli dal timore di eventuali conseguenze giudiziarie connesse all’espletamento delle loro attività istituzionali ». In altri termini, lo scopo della norma è di evitare che il pubblico impiegato incolpevole, per avere svolto il suo lavoro, subisca un danno corrispondente alle spese legali sostenute per difendersi in giudizio.
4.4. In tale contesto, l’Avvocatura dello Stato non è chiamata a liquidare il compenso dovuto al difensore per le prestazioni svolte a difesa del pubblico impiegato, ma a controllare che le spese sostenute per la difesa dal pubblico impiegato non siano « eccedenti quanto è necessario, e al tempo stesso sufficiente, per soddisfare gli interessi generali e i doveri giuridici che presidiano l’istituto del rimborso spese ». Con
l’ulteriore precisazione, anch’essa esplicita nel precedente delle Sezioni Unite, che « il riferimento … al limite di quanto ‘strettamente necessario’ non va inteso pedissequamente … nel senso cioè di ritenere legittima solo l’applicazione dei minimi tariffari ».
Quali esempi di oneri non necessari per il pubblico impiegato, in quanto rispondenti « al soggettivo andamento da lui impresso al rapporto professionale », le Sezioni Unite indicano quelli attinenti « all ‘ impostazione difensiva prescelta; alla frequenza delle consultazioni che ha richiesto al legale; agli scritti difensivi non indispensabili, ma sollecitati e prodotti per sola cautela; alle spese vive eventualmente concordate per trasferte e partecipazione a ogni tipo di udienze ».
Nella sentenza n. 1418/2007, decisione alla quale le Sezioni Unite hanno dato autorevole continuità, venne confermata la decisione che aveva negato il rimborso del compenso pagato a un secondo difensore, ma solo previa valutazione, nel merito, che « il processo penale … non era … di tale importanza da consigliare la nomina di due difensori ».
4.5. Tutti questi aspetti non sono stati esaminati dalla Corte d’Appello aquilana, perché ha ritenuto semplicemente insindacabile il parere espresso dall’Avvocatura dello Stato , pur a fronte della pretesa del ricorrente di ricevere il rimborso delle maggiori spese legali sostenute. Con il che ha male applicato l’art. 18 del d.l. n. 67 del 1967, interpretandolo in modo difforme proprio rispetto alla richiamata sentenza delle Sezioni Unite n. 13861/2015.
Il quinto motivo di ricorso censura nuovamente «nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione de ll’ art. 112 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.)
con riguardo alla seconda decurtazione del 50% disposta per la seconda causa penale».
Il motivo è doppiamente inammissibile.
5.1. Innanzitutto, perché, come osservato decidendo sul secondo motivo, l’assenza di motivazione, nella sentenza, su alcune delle allegazioni, deduzioni o argomentazioni poste a sostegno della domanda è cosa ben diversa da una omessa pronuncia sulla domanda o su parte della domanda.
5.2. In secondo luogo il motivo propone una questione di merito sulla congruità della richiesta di rimborso che non compete alla Corte di legittimità e che dovrà comunque essere esaminata dal giudice del rinvio, in esito dell’accoglimento dei precedenti due motivi di ricorso.
Accolto il ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di L’Aquila, perché decida, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
La Corte territoriale dovrà attenersi al seguente principio di diritto: « il parere dell’Avvocatura dello Stato -pur imprescindibile, ai sensi de ll’art. 18 , comma 1, del d.l. n. 67 del 1997, convertito con modificazioni in legge n. 135 del 1997 affinché la pubblica amministrazione possa rimborsare al proprio dipendente le spese legali relative a giudizi promossi nei loro confronti in conseguenza di fatti ed atti connessi con l ‘ espletamento del servizio o con l ‘ assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità -è tuttavia soggetto al vaglio del giudice nella causa intentata dal dipendente per ricevere un rimborso maggiore; vaglio finalizzato al necessario controllo del rispetto dei principi di affidamento, ragionevolezza e tutela effettiva dei diritti riconosciuti dalla Costituzione ».
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio , non sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso, dichiara inammissibili gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di L’Aquila , in diversa composizione, anche per decidere sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 21.5.2024.