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Rimborso spese legali amministratore: la Cassazione rinvia

Un ex sindaco, condannato in sede penale per reati connessi alla sua funzione, ha richiesto al Comune il rimborso delle spese legali sostenute. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la domanda. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha rilevato l’esistenza di un forte contrasto giurisprudenziale sulla questione del rimborso spese legali amministratore in caso di condanna. Data l’incertezza del quadro normativo e interpretativo applicabile ai fatti, antecedenti a una recente riforma, ha rinviato la causa a una pubblica udienza per una decisione più approfondita.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rimborso spese legali amministratore: un diritto incerto in caso di condanna?

Il tema del rimborso spese legali amministratore pubblico da parte dell’ente di appartenenza è da sempre complesso e dibattuto. La questione si complica ulteriormente quando l’amministratore, al termine del procedimento penale, viene condannato. Un’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione ha recentemente messo in luce le profonde incertezze giurisprudenziali, decidendo di rinviare il caso a una pubblica udienza per fare chiarezza. Analizziamo i contorni di questa vicenda.

I Fatti di Causa

Un ex sindaco di un Comune italiano, dopo essere stato condannato in sede penale per illeciti legati alla gestione della discarica comunale, ha intentato una causa civile contro il Comune stesso. L’obiettivo era ottenere il rimborso delle spese legali sostenute per la propria difesa nel processo penale. La richiesta si fondava su una delibera con cui la Giunta comunale aveva, a suo tempo, incaricato un legale per la difesa del sindaco e di un altro tecnico comunale.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto la domanda dell’ex sindaco. I giudici hanno ritenuto che il diritto al rimborso fosse insussistente per due ragioni principali:
1. Mancanza dei presupposti normativi: La normativa specifica (art. 18 della L. 135/1997) che disciplina il rimborso per gli amministratori richiede, tra le altre cose, una sentenza di assoluzione e l’assenza di un conflitto di interessi con l’ente. Essendo l’ex sindaco stato condannato, questo presupposto fondamentale veniva a mancare.
2. Inapplicabilità delle norme sul mandato: L’appellante aveva invocato l’applicazione dell’art. 1720 c.c. sul mandato, sostenendo che le spese erano state sostenute nell’espletamento del suo incarico. Tuttavia, i giudici hanno osservato che la commissione di un reato non può mai rientrare nei limiti di un mandato validamente conferito, e pertanto le spese per difendersi da tale accusa non possono essere poste a carico del mandante (il Comune).

Le Motivazioni della Cassazione sul rinvio e il contrasto giurisprudenziale

La Corte di Cassazione, investita del ricorso dell’ex sindaco, non ha emesso una decisione finale sul merito, ma un’ordinanza interlocutoria. Questo perché i giudici hanno riscontrato un quadro giurisprudenziale “non ben definito” e caratterizzato da orientamenti contrastanti in materia di rimborso spese legali amministratore.

La Suprema Corte ha evidenziato l’esistenza di diverse linee interpretative per i casi, come quello in esame, precedenti alla riforma del 2015:

* Un primo orientamento restrittivo: Nega il rimborso non solo in caso di condanna, ma anche di assoluzione, se la necessità di difendersi non deriva direttamente dall’esecuzione del mandato, ma dall’accusa (poi rivelatasi infondata) di un terzo.
* Un secondo orientamento: Distingue tra dipendenti pubblici e amministratori onorari (come sindaci e assessori), escludendo per questi ultimi l’applicazione di norme che presuppongono un rapporto di lavoro dipendente.
* Un terzo orientamento più favorevole: Assimila il rapporto tra sindaco e Comune a un mandato onorario e applica l’art. 1720 c.c., ammettendo il rimborso a condizione che le spese siano state sostenute in stretta dipendenza degli obblighi del mandato e rappresentino un rischio inerente all’incarico.

Proprio a causa di questa profonda incertezza e della necessità di fornire un principio di diritto stabile e uniforme, la Corte ha ritenuto opportuno non decidere in camera di consiglio, ma rinviare la causa alla pubblica udienza. Questa scelta procedurale segnala l’importanza della questione e la volontà della Corte di arrivare a una soluzione ponderata che possa dirimere i contrasti esistenti.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione lascia la questione del rimborso spese legali amministratore ancora aperta, ma prepara il terreno per una futura pronuncia chiarificatrice. Attualmente, emerge che il diritto al rimborso non è automatico, specialmente in caso di condanna penale. La decisione finale, che verrà presa dopo la pubblica udienza, avrà implicazioni significative per tutti gli enti locali e i loro amministratori, definendo più chiaramente i confini della responsabilità dell’ente nel sostenere le spese legali di chi lo rappresenta.

Un sindaco condannato penalmente per fatti legati al suo incarico ha diritto al rimborso delle spese legali dal Comune?
L’ordinanza non fornisce una risposta definitiva, ma evidenzia che la giurisprudenza è divisa. Alcuni orientamenti escludono sempre il rimborso in caso di condanna, mentre altri ammettono una valutazione basata sulla natura del rapporto di mandato. La questione è stata appositamente rinviata a pubblica udienza per risolvere questo contrasto.

La normativa sul rimborso delle spese legali per gli amministratori locali è sempre stata la stessa?
No. L’ordinanza chiarisce che una nuova norma (art. 7 bis del d.l. n. 78/2015) ha regolamentato più specificamente la materia, ma non ha efficacia retroattiva. Per i fatti avvenuti prima della sua entrata in vigore, come nel caso di specie, si applica il regime precedente, che è appunto oggetto di interpretazioni giurisprudenziali divergenti.

Perché la Corte di Cassazione ha emesso un’ordinanza interlocutoria invece di una sentenza definitiva?
La Corte ha riscontrato un quadro giurisprudenziale “non ben definito” e con orientamenti contrastanti sul tema. Perciò, invece di decidere la causa in camera di consiglio, ha ritenuto necessario un approfondimento in pubblica udienza al fine di pervenire a una soluzione che possa risolvere i conflitti interpretativi e stabilire un principio di diritto chiaro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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