Rimborso spese legali amministratore: la Cassazione prende tempo
Il tema del rimborso spese legali amministratore pubblico che si trova ad affrontare un procedimento giudiziario per atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni è da tempo dibattuto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione mette in luce la complessità della questione, decidendo di non decidere, ma di attendere un chiarimento definitivo a causa di orientamenti giurisprudenziali non uniformi. Analizziamo insieme questa importante vicenda processuale.
I Fatti di Causa
Un ex assessore di un Comune, che ricopriva anche il ruolo di responsabile dell’ufficio tecnico, veniva sottoposto a un procedimento penale per aver rifiutato un atto del proprio ufficio. Al termine del processo, l’amministratore veniva prosciolto con la formula più ampia: “perché il fatto non sussiste”.
Successivamente, l’ex assessore citava in giudizio il Comune per ottenere il rimborso di tutte le spese legali sostenute per la propria difesa. La sua richiesta, tuttavia, veniva respinta sia in primo grado sia dalla Corte d’Appello. Quest’ultima motivava il rigetto sulla base di tre argomentazioni principali:
1. Inapplicabilità delle norme per i dipendenti pubblici: Secondo i giudici, la figura dell’assessore, in qualità di “funzionario onorario”, non poteva essere assimilata a quella del pubblico impiegato, per il quale esistono specifiche norme (come l’art. 67 del d.P.R. 268/1987) che prevedono il rimborso.
2. Inapplicabilità della norma per gli amministratori (TUEL): La norma specifica per gli amministratori locali (art. 86, comma 5, del Testo Unico degli Enti Locali) che prevede tale tutela era entrata in vigore solo dopo la conclusione del procedimento penale in questione, e quindi non poteva essere applicata retroattivamente.
3. Inapplicabilità delle norme sul mandato: La Corte escludeva anche l’applicazione dell’art. 1720 del codice civile, relativo al mandato, ritenendo forzato adattare un istituto di diritto privato a una funzione pubblica e non ravvisando un nesso di causalità diretto tra l’esecuzione del mandato e le spese legali derivanti dall’iniziativa di un terzo.
Contro questa decisione, l’ex assessore proponeva ricorso in Cassazione.
La decisione sul rimborso spese legali amministratore
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, non entra nel merito della controversia. Invece di accogliere o rigettare il ricorso, i giudici supremi prendono atto di un problema di fondo: l’assenza di un orientamento giuridico consolidato sulla materia.
La stessa Corte evidenzia che sul tema del diritto al rimborso spese legali amministratore si sono formati, nel tempo, “indirizzi non sempre convergenti”. Per tale motivo, richiamando una precedente ordinanza (n. 9096/2024) che aveva già sollevato la questione, la Corte ha ritenuto opportuno rimettere la trattazione del tema a una pubblica udienza.
Di conseguenza, la decisione sul caso specifico viene sospesa e la causa viene “rinviata a nuovo ruolo”. Questo significa che il caso verrà discusso e deciso solo dopo che la Corte, in una composizione più solenne, avrà stabilito un principio di diritto chiaro e univoco valido per tutti i casi simili.
Le Motivazioni
La motivazione della Cassazione è puramente procedurale ma di grande importanza sostanziale. Il rinvio non è un modo per eludere la questione, ma al contrario, per affrontarla nella maniera più autorevole possibile. La Corte riconosce che il diritto al rimborso delle spese legali per un amministratore pubblico tocca principi fondamentali, legati alla necessità di garantire a chi ricopre cariche pubbliche di poter svolgere le proprie funzioni con serenità, senza il timore di dover sostenere personalmente ingenti costi per difendersi da accuse infondate legate al proprio operato.
La presenza di sentenze contrastanti crea incertezza del diritto, un problema che la Corte di Cassazione ha il dovere di risolvere. La scelta di attendere una pronuncia a pubblica udienza mira a creare un precedente forte e stabile (la cosiddetta “funzione nomofilattica”), che possa guidare i giudici di merito in futuro e garantire parità di trattamento in situazioni analoghe.
Conclusioni
L’ordinanza interlocutoria della Cassazione lascia aperta la questione sul rimborso spese legali amministratore, ma allo stesso tempo segnala la volontà della giurisprudenza di fare finalmente chiarezza. Per gli amministratori locali e per gli enti, questa decisione implica che, al momento, la soluzione del problema non è scontata e dipende ancora dall’interpretazione dei giudici. Tuttavia, si attende con grande interesse la futura sentenza a pubblica udienza, che avrà il compito di tracciare una linea guida definitiva, bilanciando la tutela degli amministratori pubblici con la corretta gestione delle finanze pubbliche.
Un amministratore comunale ha diritto al rimborso delle spese legali per un processo penale legato al suo incarico, da cui è stato assolto?
Nella presente ordinanza, la Corte di Cassazione non fornisce una risposta definitiva. Riconosce l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti e per questo ha rinviato la causa, in attesa che la questione sia decisa in una pubblica udienza per stabilire un principio di diritto uniforme.
Per quale motivo la Corte d’Appello aveva negato il rimborso all’ex assessore?
La Corte d’Appello lo aveva negato perché riteneva che le norme a tutela dei dipendenti pubblici non fossero applicabili a un ‘funzionario onorario’ come un assessore, la legge specifica per gli amministratori (art. 86 TUEL) non era ancora in vigore all’epoca dei fatti e le regole del codice civile sul mandato non potevano essere estese a una funzione pubblica.
Cosa significa la decisione della Cassazione di ‘rinviare la causa a nuovo ruolo’?
Significa che la Corte ha deciso di sospendere il giudizio su questo specifico caso. La trattazione è posticipata a una data futura, in attesa che la questione di diritto sottostante, ritenuta complessa e controversa, venga risolta in modo definitivo dalla Corte in una sede più autorevole (la pubblica udienza).
Testo del provvedimento
Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22065 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22065 Anno 2024
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
sul ricorso 14890/2021 proposto da:
COGNOME, domiciliato in Roma presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato in Roma presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 532/2021 depositata il 06/04/2021;
udita la relazione della causa svolta all’adunanza non partecipata del 23/04/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La Corte d’Appello di L’Aquila, con la sentenza che si riporta in epigrafe, ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza che in primo grado ne aveva respinto la domanda di condanna del Comune di Colledara a rimborsagli le spese sostenute per la propria difesa nel corso del procedimento penale intentatogli per aver ricusato un atto del proprio ufficio nella veste di assessore competente del medesimo Comune, nonché di responsabile dell’Ufficio tecnico comunale, procedimento penale da cui era stato prosciolto con la formula “perché il fatto non sussiste”.
La Corte territoriale ha motivato il rinnovato rigetto dell’istanza in parola sull’assunto che non era applicabile al RAGIONE_SOCIALE COGNOME lo speciale statuto previsto per tali evenienze a protezione dei pubblici impiegati dagli artt. 22 d.P.R. 25/06/1983, n. 347 e 67 d.P.R. 13 maggio 1987, n. 268, sotto più profili distinguendosi la figura del funzionario onorario, a cui poteva ricondursi la posizione dell’istante per via dell’incarico amministrativo rivestito, da quella del pubblico impiegato, che non si sarebbe in ogni caso resa estensibile non ricorrendone le condizioni; che non era applicabile la disciplina dettata in favore degli amministratori pubblici dall’art. 86, comma 5, TUEL, essendo essa entrata in vigore dopo la definizione del procedimento penale; e che non era applicabile neppure il principio generale dell’art. 1720 cod. civ., non rendendosi rilevabile nel particolare contesto della fattispecie,per via del’iniziativa di un terzo, un nesso di causalità con l’esecuzione del mandato, oltre alla forzatura implicita nel voler adattare un istituto civilistico ad una funzione pubblica.
La cassazione di detta sentenza è ora reclamata dal COGNOME con cinque motivi, ai quali resiste l’ente intimato
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 67 d.P.R. 268/1987 per aver il decidente reputato inapplicabile la norma de qua , quantunque, avuto riguardo alla funzione rivestita dal COGNOME al tempo del procedimento penale, si sarebbe dovuto ritenere del tutto assimilabile la sua attività a quella del dipendente responsabile di area e si sarebbe dovuto, di conseguenza, riconoscere il diritto del medesimo al rimborso preteso.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 67 d.P.R. 268/1987 per aver il decidente reputato inapplicabile la norma in parola rilevando il difetto nella specie delle condizioni da essa richieste, segnatamente sotto il profilo della ricorrenza del conflitto di interessi tra l’amministrazione convenuta e l’interessato, quantunque la circostanza non avrebbe dovuto essere rilevata d’ufficio ed in ogni caso non era sussistente nella specie, atteso che la nomina del difensore era stata condivisa dall’amministrazione.
Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 1720 cod. civ. per aver il decidente reputato inapplicabile la norma in parola, quantunque sia principio fondamentale dell’ordinamento giuridico quello secondo cui chi agisce per conto degli altri deve essere tenuto indenne dalle conseguenze economiche nascenti dall’esecuzione dell’incarico
Come già si è notato nell’ordinanza interlocutoria di questa Corte 9096/2024, alle cui ampie motivazioni si rimanda ai sensi dell’art. 118, comma 1, disp. att. cod. proc. civ., sul tema oggetto di controversia si sono susseguiti indirizzi non sempre convergenti di questa Corte.
La richiamata ordinanza ha perciò ritenuto di rimettere la trattazione del tema alla pubblica udienza.
In attesa appunto che il tema sia affrontato in quella sede, si rende opportuno rinviare la causa odierna a nuovo ruolo.
P.Q.M.
Rinvia la causa a nuovo ruolo.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 23.04.2024.
Il AVV_NOTAIO COGNOME