Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25035 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25035 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22258-2021 proposto da:
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME
– controricorrenti – udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Napoli condannava il Comune di Bacoli al rimborso delle spese legali sostenute nell’ambito del procedimento penale a carico di NOME COGNOME e NOME COGNOME, dipendenti del Comune, ai sensi
Oggetto
IMPIEGO
PUBBLICO-
RIMBORSO
SPESE LEGALI
R.G.N.22258/2021
COGNOME
Rep.
Ud.15/04/2025
CC
dell’articolo 28 del CCNL del 14 settembre 2000, conclusosi con il provvedimento di archiviazione del GIP del Tribunale di Napoli del 20 ottobre-4 novembre 2014.
La Corte di appello di Napoli respingeva l’appello del Comune, rilevando che l’articolo 28 citato prevede l’attivazione di un procedimento volto all’assunzione da parte dell’ente locale di ogni onere di difesa, sin dall’apertura del procedimento. Tale disposizione, ad avviso della Corte, è strutturata nel senso che l’amministrazione datore di lavoro si assume direttamente gli oneri di difesa fin dall’inizio del procedimento con la nomina di un difensore di comune gradimento, sempre nel concorso del requisito della mancanza di un conflitto di interessi.
2.1 Ciò premesso, la Corte territoriale riteneva perfezionato il procedimento disciplinato dall’articolo 28 del CCNL di settore, con conseguente diritto al rimborso delle spese legali sostenute dai due dipendenti.
2.2 Nel caso di specie, i due dipendenti, infatti, in data 6 Marzo 2012 ricevevano la notifica dell’ordinanza applicativa di misura cautelare personale interdittiva e in data 7 Marzo 2012 facevano protocollare dal Comune di Bacoli la nota con la quale chiedevano la nomina di un legale per l’assistenza in giudizio, evidenziando di avere individuato, per motivi dettati dall’urgenza del caso, l’avvocato COGNOME NOME e precisando che, in caso di comprovati addebiti, avrebbero provveduto a rimborsare le spese sostenute. Con delibera di G.C. n. 282/2014 il Comune di Bacoli, preso atto della nota del 7 Marzo 2012, dava atto che l’avvocato COGNOME NOME era legale di gradimento dell’ente. Ad avviso della Corte, tale delibera ha perfezionato il procedimento disciplinato dall’articolo 28 con la prescritta manifestazione di gradimento, dovendosi ritenere che
la valutazione dell’eventuale conflitto di interessi abbia preceduto il gradimento medesimo.
2.3 Inoltre, ad avviso della Corte territoriale, la circostanza che il procedimento a carico dei dipendenti si fosse concluso con un decreto di archiviazione e non con una sentenza di assoluzione non avrebbe alcuna conseguenza ai fini del rimborso delle spese legali, atteso che l’unica eccezione prevista dall’ultimo capoverso dell’articolo 28 è prevista nel caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o colpa grave, ipotesi che nel caso di specie non si è verificata.
2.4 Evidenziava, infine, la Corte che l’avvocato che aveva rappresentato i due dipendenti non era affatto vincolato nella determinazione del suo onorario all’applicazione della delibera di G.C. 314/2014 né il comune prima, di esprimere il gradimento sul difensore indicato dai dipendenti, aveva acquisito l’impegno dell’avvocato a sottostare alla predetta delibera. Pertanto, la quantificazione degli onorari era stata correttamente effettuata applicando i valori minimi delle tariffe forensi per ciascuna attività compiuta e senza alcuna duplicazione di voci.
Il Comune di Bacoli proponeva ricorso per cassazione assistito da quattro motivi di ricorso cui resistevano con controricorso i due dipendenti.
Entrambe le parti depositavano memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo ricorso si eccepisce la violazione dell’art. 12, comma 2, del D.M. 10/03/2014 n. 55 per avere la Corte di Appello quantificato il compenso per ogni soggetto, anziché un compenso unico con eventuale maggiorazione del 20% per il secondo soggetto avente la medesima posizione procedimentale del primo.
Con il secondo motivo ricorso si eccepisce la violazione dell’art. 12, comma 3, del D.M. 10/03/2014 n. 55 per avere la Corte di Appello quantificato il compenso sulla base delle singole attività compiute e non in relazione alle fasi del procedimento.
Con il terzo motivo si eccepisce la nullità della sentenza per intrinseca contraddittorietà della motivazione con violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c..
La corte distrettuale avrebbe errato nel quantificare i compensi con l’esame di singole e specifiche attività applicando il DM 55/2014 che prevede un criterio di liquidazione per fasi sostitutivo del tariffario forense del 2012. La corte avrebbe, altresì, errato nel ritenere applicati i valori minimi, sebbene la parcella fosse stata stilata con applicazione dei parametri tariffari medi.
Con il quarto ed ultimo motivo si deduce la violazione dell’art. 28 CCNL del 14/9/2000 per il comparto regioni e autonomie locali per avere erroneamente ritenuto la Corte che le competenze professionali come quantificate dal difensore dovessero porsi a carico dell’ente a prescindere dal conflitto di interessi evidenziato dallo stesso ente in ordine alla sostenibilità della spesa pubblica.
In particolare, la Corte di appello di Napoli non avrebbe tenuto conto della circostanza che la valutazione del gradimento del legale nominato dai dipendenti pubblici è stata espressa con la precisa condizione che allo stesso fosse riconosciuto un compenso professionale in linea col dovere di sostenibilità della spesa pubblica, atteso che l’articolo 28 in esame impone all’ente pubblico il limite di verifica della sussistenza di un conflitto di interessi prima di esprimere il gradimento del legale.
Il primo motivo è infondato.
Dai conteggi della parcella come specificati (vedi doc. 32 parte controricorrente) emerge l’applicazione dei criteri stabiliti dall’art. 12, comma 2 del DM 10/3/2014, n. 55 con la applicazione della maggiorazione del 20% per la difesa di due persone nel me desimo processo, come prescritto dall’art. 4, comma 2 del DM citato, senza alcuna duplicazione di voci.
Anche il secondo motivo è infondato.
Si contesta alla Corte di Appello di aver erroneamente quantificato il compenso sulla base delle singole attività compiute e non in relazione alle fasi del procedimento.
Al riguardo, l’importo richiesto a ciascun soggetto dall’avvocato COGNOME è correttamente determinato secondo i criteri del DM 55/2014 con il doppio criterio delle fasi ed attività svolte come previsto dalle tabelle vigenti richiamate in atti.
Il terzo motivo con cui si eccepisce la nullità della sentenza per intrinseca contraddittorietà della motivazione con violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c.. è anch’esso infondato.
In ordine alla contraddittorietà della motivazione che farebbe applicazione di criteri confliggenti in quanto stabiliti da tariffari diversi ossia del 2012 e del 2014 si rileva la correttezza dell’iter motivazionale nella misura in cui la parcella è stata correttamente secondo i criteri del DM 55/2014 con il doppio criterio delle fasi ed attività svolte come previsto dalle tabelle vigenti richiamate in atti.
Per quanto concerne l’eccepito errore compiuto dalla Corte di merito nel ritenere applicati i valori minimi, sebbene la parcella fosse stata stilata con applicazione dei parametri tariffari medi, trattasi di un evidente errore materiale che non inficia la correttezza del percorso logico/giuridico assunto con la sentenza impugnata.
Infine, il quarto motivo è da rigettare per la sua infondatezza.
8.1 Va al riguardo premesso che questa Corte ha affermato il principio che il Collegio condivide secondo cui ‘In relazione all’art. 20 del d.P.R. n. 335 del 1990 – concernente l’assunzione a carico dell’azienda o dell’amministrazione dello Stato ad ordinamento autonomo delle spese legali per la difesa dei dipendenti in relazione a procedimento penale per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio – presupposto del diritto del dipendente al rimborso, previsto nell’ultimo comma, è l’assenza di un conflitto di interessi con l’amministrazione, da accertarsi sulla base di una valutazione complessiva del provvedimento giudiziario conclusivo del giudizio che ha coinvolto il dipendente, al fine di stabilire se con esso sia stato escluso ogni profilo di responsabilità; la sussistenza del diritto in questione non dipende dalla preventiva iniziativa dell’amministrazione, ai sensi del comma 1 invece della stessa disposizione, di assumere a proprio carico ogni onere di difesa fin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale.’ (Cass Sez. L, Sentenza n. 23904 del 19/11/2007).
8.2 Conseguentemente, la censura non coglie nel segno nella misura in cui individua il conflitto di interessi ostativo al rimborso nella sostenibilità della spesa pubblica da effettuarsi, valutazione rimessa all’amministrazione sulla base di vincoli finanziari non superabili.
Tale profilo non integra gli estremi del conflitto di interessi che viene in rilevo solo con riferimento alla condotta del dipendente in relazione agli interessi dell’ente pubblico; pertanto l’assoluta estraneità dei due dipendenti dai fatti a loro imputati con l’adozione del provvedimento di archiviazione esclude in radice la sussistenza di un eventuale conflitto di interessi.
In conclusione, il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente delle spese di lite secondo il principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso di € 4.000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte suprema di cassazione il 15 aprile 2025.
La Presidente NOME COGNOME