Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27592 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27592 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22905/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella loro qualità di eredi e successori a titolo universale di COGNOME NOME, nato a Lanciano (CH) il DATA_NASCITA ed ivi deceduto il 14.12.2022, entrambe rappresentate e difese dall’AVV_NOTAIO, (C.F. CODICE_FISCALE), domiciliate ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE
-intervenute, nonché
contro
ricorrenti- contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 1964/2019 depositata il 27/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.NOME COGNOME ricorre con un motivo per la cassazione della sentenza della Corte di Appello de L’Aquila n.1964 del 27 novembre 2019.
In una causa di divisione di un immobile comune ad esso ricorrente e agli attuali controricorrenti NOME NOME COGNOME (eredi di NOME COGNOME, originario controricorrente a cui NOME e NOME COGNOME sono subentrate, quali uniche eredi, con atto di intervento del 12 giugno 2024) e NOME COGNOME, in solo parziale accoglimento dell’appello di esso ricorrente contro la sentenza del Tribunale di Lanciano, i giudici di appello hanno ridotto i conguagli in denaro dovuti dal ricorrente rispetto a quanto indicato dal Tribunale. La Corte di Appello ha, in primo luogo, accertato che il ricorrente aveva, da solo o in misura prevalente rispetto ai due comproprietari, curato le pratiche amministrative e burocratiche per l’edificazione dell’immobile, effettuato acquisti di materiali impiegati nella costruzione, eseguito pagamenti a favore della mano d’opera utilizzata per la edificazione; ha, in secondo luogo, ritenuto in base ai documenti in atti e alla CTU svolta in primo
grado, che la somma spettante al ricorrente per le spese affrontate fosse quella indicata dallo stesso CTU (€45970,57);
la causa perviene al RAGIONE_SOCIALE a seguito di richiesta di decisione formulata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. a seguito di proposta di definizione del giudizio per manifesta infondatezza del ricorso;
3.NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato memorie;
considerato che;
l’unico motivo di ricorso è rubricato ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 1111, 1115 e 2697 c.c. e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c.’.
La violazione dell’art. 2697 c.c. è declamata solo nella rubrica. Nel corpo del motivo non si configura che i giudici di appello abbiano attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (ved. Cass. 26769 del 2018).
La violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile ‘solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il ‘ suo prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento’ (Cass. Sez. U., n.20867 del 30/09/2020). Nel caso di specie il ricorrente non ha allegato quanto sopra. Si è limitato a dedurre che la Corte di Appello ha determinato le somme dovutegli in rimborso delle spese effettuate per la proprietà comune in misura inferiore rispetto a quella da lui ritenuta congrua sulla base
di un generale e generico rinvio a tutte le allegazioni e produzioni da lui stesso svolte. In altri termini, al di là del riferimento alla violazione dell’art. 116 c.p.c., il ricorrente mira ad ottenere da questa Corte una rivalutazione del merito della causa.
Lo stesso vale per quanto concerne l’evocato vizio di violazione o falsa applicazione degli artt. 1111 e 1115 c.c., per avere la Corte di Appello attribuito al ricorrente una quota di beni inferiore a quella allo stesso spettante in rapporto alle spese sostenute per la comunione. Si osserva infatti che: ‘il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., ricomprende tanto quello di violazione di legge, ossia l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una previsione normativa, implicante un problema interpretativo della stessa, quanto quello di falsa applicazione della legge, consistente nella sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista non è idonea a regolarla, oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione’ ( Cass. n. 23851 del 25/09/2019); la Corte di Appello, con il detrarre dall’ammontare dei conguagli dovuti dal ricorrente le somme a lui riconosciute, ha in sostanza attuato un meccanismo corrispondente alla applicazione dell’art. 1115 c.c. facendo sì che il ricorrente, dovendo un conguaglio minore rispetto alla reale diversità delle quote distribuite, riceva una maggior quota di beni; il ricorrente vorrebbe un ricalcolo dei conguagli;
5.in conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; 6.alla superiore dichiarazione segue la condanna della ricorrente alle spese;
7.poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di manifesta infondatezza del ricorso, e poiché la Corte ha deciso in modo sostanzialmente
conforme alla proposta, va fatta applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma;
8. sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore di NOME e NOME COGNOME delle spese del presente giudizio che liquida in €7000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore di NOME COGNOME delle spese del presente giudizio che liquida in €7000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna il ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 2500,00 in favore di NOME e NOME COGNOME e della somma di €2500,00 in favore di NOME COGNOME nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 2500,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2024.
Il Presidente
NOME COGNOME