Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 168 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 168 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2024
Oggetto: associazione restituzione somme
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34632/2019 R.G. proposto da COGNOME rappresentato e difeso da ll’ avv. COGNOME con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
– intimato – avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona n. 484/2019, depositata l’11 aprile 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1° dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona, depositata l’11 aprile 2019,
che, in accoglimento dell’ appello della RAGIONE_SOCIALE, ha respinto la sua domanda di condanna di quest’ultima al pagamento di somme anticipate a beneficio dell’associazione nello svolgimento delle funzioni di Presidente della Sezione Provinciale di Ascoli Piceno, di Presidente della Sezione Regionale delle Marche e (dal giugno 2002) di Vice Presidente Nazionale dell’associazione medesima;
la Corte di appello, dopo aver riferito che il giudice di primo grado aveva accolto la domanda attorea, condannando l’associazione al pagamento della somma di euro 66.613,88, oltre interessi di legge dalla domanda, ha accolto il gravame evidenziando, in particolare, che non poteva annettersi valore confessorio alle risultanze dei bilanci prodotti in giudizio, in quanto non approvati nel rispetto delle regole statutarie e che, in relazione alla contestazione di arbitrarietà delle spese sos tenute nell’interesse dell’associazioni, l’attore non aveva dimostrato che le stesse fossero necessarie e indispensabili per il funzionamento e lo svolgimento degli incarichi a lui affidati;
il ricorso è affidato a quattro motivi;
Unione Nazionale Mutilati ed Invalidi Del Lavoro non spiega alcuna difesa;
CONSIDERATO CHE:
va preliminarmente rilevato che il difensore di parte ricorrente ha comunicato il decesso del suo assistito, intervenuto in data 15 marzo 2021;
tale evento non costituisce causa di interruzione del processo, atteso che il giudizio di cassazione è dominato dall’impulso d’ufficio sicché, una volta instauratosi il giudizio, il decesso di una delle parti, comunicato dal suo difensore, non produce l’interruzione del giudizio (cfr. Cass. 28 dicembre 2022, n. 37898; Cass. 21 febbraio 2021, n. 3630; Cass. 3 dicembre 2015, n. 24635);
ciò posto, con il primo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame
di un fatto decisivo e controverso del giudizio, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.;
con tale censura lamenta il fatto che il giudice di merito ha applicato retroattivamente le disposizioni statutarie, approvate solo successivamente rispetto ai fatti di causa e, in particolare, all’approvazione dei bilanci prodotti a sostegno della sua pretesa; – si duole, altresì, della mancata valorizzazione delle dichiarazioni rese legale rappresentante dell’associazione, il quale avrebbe riconosciuto che, si trovava in una «fase costitutiva» e non vi era disciplina statutarie relativa alla gestione delle risorse finanziarie delle
in sede di interrogatorio formale da NOME COGNOME prima del 2003, l’ente singole sezioni;
il motivo è inammissibile;
quanto al prospettato vizio motivazionale, si osserva che con tale censura il ricorrente si duole, nella sostanza, del fatto che la Corte di appello non ha considerato che le previsioni dello Statuto non potevano applicarsi ai procedimenti di approvazione dei bilanci conclusisi in epoca antecedente alla sua entrata in vigore;
-viene, dunque, censurato non già l’omesso esame di un fatto storico -non essendo in contestazione che il giudice di merito abbia rilevato che lo Statuto era stato approvato nell’anno 2003 -quanto gli effetti che, sotto il profilo probatorio, il giudice ha desunto da tale circostanza; – una siffatta censura esula dal paradigma normativo invocato, avendo ad oggetto non già un preciso fatto storico-naturalistico, bensì una argomentazione utilizzata dal giudice a sostegno della sua decisione; – quanto, poi, alla dedotta violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc., civ. , si osserva che la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. presuppone l’allegazione che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non
contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. richiede l’allegazione che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento (cfr. Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867);
pertanto, laddove, come nel caso in esame, si deduca che il giudice abbia solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento delle prove, la censura non è, in generale, ammissibile, se non in relazione alla violazione del novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (così, Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867), che, tuttavia, come rilevato, non è stata ritualmente prospettata;
con il secondo motivo il ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nella parte in cui la Corte di appello ha omesso di considerare decisiva la circostanza rappresentata dal l’avvenuta produzione in giudizio di un rendiconto che, pur non costituendo un bilancio dell’associazione, era «una lista di entrate e di spese» facenti personalmente capo al ricorrente medesimo;
il motivo è inammissibile risolvendosi in una critica alla valutazione degli elementi probatori effettuata dal giudice di merito che non può essere avanzata in questa sede (cfr. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476);
con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 e 116 cod. proc. civ., per
aver la sentenza impugnata ignora to che l’associazione non aveva fornito la prova che le Sezioni provinciali di Ascoli Piceno prima e di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata poi, erano state soppresse e che le relative deliberazioni erano state azzerate;
il motivo è inammissibile, sia in quanto privo della indicazione degli elementi necessari al fine di comprendere la decisività della questione prospettata, sia in quanto risolventesi -anch’ess o -in una critica alla valutazione degli elementi probatori effettuata dal giudice di merito;
-con l’ultimo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. e 1711, 1720 e 2697 cod. civ., per aver la Corte di appello ritenuto che il medesimo avrebbe agito senza la dovuta diligenza benché ciò non fosse stato eccepito dalla convenuta e, dunque, in violazione del divieto di ultrapetizione;
con la medesima doglianza censura la sentenza impugnata per aver negato il diritto al rimborso delle spese anticipate benché l’associazione non avesse fornito prova di alcun elemento ostativo e per aver omesso di considerare, nel valutare il rispetto del requisito della diligenza del mandatario, che nella fase di avviamento di un’associazione i costi sono superiori agli eventuali ricavi, che l’intreccio di azioni penali tra i diretti interessati può rendere comprensibile l’opposizione dell’ente alla sua p retesa e che l’organizzazione centrale dell’ente aveva ignorato l’attività delle sezioni in cui il ricorrente aveva operato;
il motivo è inammissibile;
quanto al primo profilo, la doglianza non si confronta con la ratio decidendi , in cui è dato atto che l’associazione ha eccepito sin dal primo grado di giudizio l’arbitrarietà delle spese sostenute dal ricorrente, contestando, in tal modo, il rispetto da parte di quest’ultimo del dovere di diligenza sul medesimo gravante in virtù del rapporto di mandato instaurato;
in ordine al secondo profilo, la censura si sostanzia, anche in questo caso, in una sollecitazione alla rivalutazione dei fatti storici operata dal
giudice di merito che, per le ragioni esposte, non può trovare ingresso in questa sede;
pertanto, per le suindicate considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;
nulla va disposto in tema di governo delle spese processuali in assenza di attività difensiva della parte vittoriosa
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale del 1° dicembre 2023.