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Rimborso delle spese: quando è negato al collaboratore

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un collaboratore che richiedeva a un’organizzazione sindacale il rimborso delle spese per trasferte, ricariche telefoniche e materiali. La decisione conferma che, senza una preventiva autorizzazione scritta per le spese fuori territorio e prove documentali adeguate (come scontrini fiscali dettagliati), il diritto al rimborso non sussiste. La Corte ha inoltre chiarito che i regolamenti interni dell’ente non costituiscono norme di diritto appellabili in Cassazione.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rimborso delle Spese: la Cassazione Stabilisce i Limiti per i Collaboratori

Il tema del rimborso delle spese sostenute da collaboratori e dipendenti è una fonte costante di contenzioso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito alcuni principi fondamentali, chiarendo le condizioni necessarie affinché un collaboratore possa legittimamente pretendere il rimborso dei costi affrontati nell’ambito del proprio incarico. La decisione sottolinea l’importanza della prova documentale e delle autorizzazioni preventive, elementi cruciali per evitare spiacevoli sorprese.

I Fatti del Caso

Un collaboratore, segretario di una struttura locale di un’organizzazione sindacale, aveva citato in giudizio l’organizzazione stessa per ottenere il rimborso di una serie di spese che sosteneva di aver affrontato nel suo interesse. La richiesta, per un importo complessivo di oltre mille euro, includeva costi per spostamenti in auto, una visita a Matera, ricariche telefoniche, acquisto di materiali e consulenze legali. Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda, spingendo il collaboratore a presentare ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte territoriale aveva già delineato con precisione i motivi del rigetto, che sono stati poi il fondamento della decisione finale. Nello specifico, i giudici d’appello avevano stabilito che:

* Spostamenti chilometrici: Quelli effettuati all’interno del territorio di competenza della struttura locale non erano rimborsabili per prassi consolidata, mentre per quelli fuori territorio era necessaria un’autorizzazione scritta, che nel caso specifico mancava.
* Spese telefoniche: Per ottenere il rimborso delle ricariche, sarebbe stato necessario presentare uno scontrino fiscale da cui si potesse evincere il numero di cellulare, al fine di collegare la spesa all’attività svolta per l’organizzazione. Tali scontrini non erano stati prodotti.
* Forniture e materiali: La prova testimoniale aveva dimostrato che i materiali venivano forniti direttamente dalla sede centrale, rendendo non necessarie anticipazioni di spesa da parte del collaboratore.
* Viaggio a Matera: Le testimonianze avevano chiarito che si trattava di un viaggio ricreativo organizzato per gli iscritti, con costi a carico dei partecipanti, e non di una trasferta lavorativa.
* Consulenza legale: Le spese legali erano state sostenute nell’esclusivo interesse del collaboratore per promuovere le sue stesse rivendicazioni contro l’organizzazione e non potevano quindi essere rimborsate.

Il Rimborso delle Spese Secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del collaboratore inammissibile per diverse ragioni procedurali e di merito. In primo luogo, ha rilevato l’esistenza della cosiddetta “doppia conforme”, ovvero due sentenze di merito (Tribunale e Corte d’Appello) che erano giunte alla medesima conclusione, limitando così la possibilità di contestare la ricostruzione dei fatti. Inoltre, i motivi del ricorso sono stati giudicati troppo generici.

Le Motivazioni

Nel merito, la Corte ha fornito chiarimenti essenziali. I giudici hanno stabilito che i regolamenti interni di un’associazione (in questo caso il regolamento amministrativo e quello del personale) non sono “norme di diritto” la cui violazione può essere denunciata in Cassazione. Si tratta, infatti, di atti di natura negoziale, espressione dell’autonomia privata dell’ente, che stabiliscono regole vincolanti per gli iscritti ma che non assurgono al rango di legge. Pertanto, una loro presunta violazione non può essere motivo di ricorso per cassazione.

La Corte ha inoltre ribadito che non rientra tra i suoi compiti riesaminare le prove testimoniali o documentali, attività riservata ai giudici di merito. La richiesta del ricorrente di una diversa valutazione delle testimonianze è stata quindi ritenuta inammissibile. Infine, è stata confermata l’inapplicabilità dello Statuto dei Lavoratori (in particolare l’art. 7 sul potere disciplinare) a un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, che non costituisce un rapporto di lavoro subordinato.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre spunti pratici di grande rilevanza. Per chi opera in regime di collaborazione, emerge la necessità assoluta di ottenere autorizzazioni scritte e preventive per tutte le spese che esulano dall’ordinaria amministrazione, specialmente per le trasferte. È altrettanto fondamentale conservare una documentazione probatoria ineccepibile e dettagliata, come scontrini fiscali parlanti, che colleghino in modo inequivocabile la spesa all’attività lavorativa. Per le organizzazioni, la decisione conferma che prassi interne e regolamenti, seppur vincolanti, devono essere gestiti e applicati con chiarezza, ma non possono essere equiparati a norme di legge in un contenzioso di legittimità.

Un collaboratore ha sempre diritto al rimborso delle spese di viaggio?
No. Secondo la sentenza, il diritto al rimborso dipende da quanto previsto dai regolamenti interni e dalle prassi. Per gli spostamenti fuori dal territorio abituale di lavoro, è necessaria una preventiva autorizzazione scritta. In assenza di questa, la richiesta di rimborso può essere legittimamente respinta.

Che tipo di prova è necessaria per ottenere il rimborso delle spese?
È necessaria una prova documentale specifica e inequivocabile. Ad esempio, per le spese telefoniche, non basta una ricevuta generica, ma serve uno scontrino fiscale da cui risulti il numero di telefono ricaricato per poterlo associare all’attività svolta per l’ente. La semplice affermazione di aver sostenuto un costo non è sufficiente.

I regolamenti interni di un’associazione sono considerati come leggi dello Stato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che i regolamenti interni di un’associazione hanno natura negoziale e non normativa. Sono espressione dell’autonomia privata dell’ente e, pur essendo vincolanti per gli iscritti, non costituiscono ‘norme di diritto’ la cui violazione possa essere motivo di un ricorso per cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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