LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Rimborso appalto pubblico: la Cassazione decide

Il caso analizza una disputa sul rimborso in un appalto pubblico per servizi di vigilanza in regime emergenziale. Una società, che aveva saldato i debiti verso i fornitori, ha richiesto il pagamento diretto alla Pubblica Amministrazione. La Corte di Cassazione ha negato l’esistenza di un obbligo di pagamento diretto verso un soggetto non contraente, ma ha accolto il ricorso su un altro punto, chiarendo che una domanda di manleva, se formulata all’inizio, può essere quantificata in seguito senza essere considerata tardiva. La sentenza definisce i limiti del rimborso nell’appalto pubblico e la corretta individuazione dei soggetti contrattuali.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rimborso appalto pubblico: chi ha diritto al pagamento diretto dalla P.A.?

La questione del rimborso in un appalto pubblico, specialmente in contesti di emergenza, solleva complesse questioni giuridiche sulla catena dei pagamenti e sulle responsabilità dei vari soggetti coinvolti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, distinguendo tra la facoltà e l’obbligo della Pubblica Amministrazione (P.A.) di pagare direttamente i fornitori e affrontando temi procedurali di grande rilevanza pratica, come la tempestività delle domande di manleva.

I fatti di causa

La vicenda trae origine da una serie di appalti per servizi di vigilanza, affidati nell’ambito della gestione di un’emergenza ambientale. Un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) di società di vigilanza svolgeva i servizi, ma non veniva pagato. Di conseguenza, le società di vigilanza avviavano un’azione legale contro la società originariamente appaltatrice e altre società create appositamente per la gestione del contratto.

La società appaltatrice originaria, per chiudere la vertenza, raggiungeva un accordo transattivo e pagava le somme dovute alle società di vigilanza. Successivamente, questa stessa società chiedeva alla Pubblica Amministrazione il rimborso diretto di tali somme, invocando una normativa speciale emanata per fronteggiare lo stato di emergenza.

La decisione dei giudici di merito

La Corte d’Appello aveva respinto la richiesta della società appaltatrice. Secondo i giudici di secondo grado, la normativa emergenziale non creava un diritto al rimborso diretto in favore di un soggetto che, seppur avendo sostenuto i costi, non era il diretto contraente della P.A. Il diritto al pagamento spettava esclusivamente alle società appositamente costituite per l’esecuzione del contratto. Inoltre, la Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile, perché tardiva, la domanda di manleva con cui le società appaltatrici chiedevano di essere tenute indenni dalla P.A. da ogni esborso.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha esaminato i diversi motivi di ricorso, giungendo a una decisione articolata che ha parzialmente riformato la sentenza d’appello.

Il rigetto della domanda di rimborso diretto nell’appalto pubblico

Sul punto centrale del rimborso nell’appalto pubblico, la Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno chiarito che la normativa di emergenza (in particolare l’art. 12 del d.l. n. 90/2008) attribuisce alla P.A. una facoltà e non un obbligo di provvedere al pagamento diretto in favore dei fornitori o subappaltatori. Questa facoltà è discrezionale e mira a risolvere situazioni creditorie complesse, ma non crea un diritto soggettivo al pagamento in capo al terzo fornitore. Il rapporto contrattuale principale intercorreva tra la P.A. e le società appositamente create, le uniche titolate a pretendere il corrispettivo. Di conseguenza, la società che aveva pagato i fornitori non poteva pretendere un rimborso diretto, dovendo invece regolare i propri rapporti interni con le altre società del gruppo.

L’ammissibilità della domanda di manleva

La Cassazione ha invece accolto il motivo di ricorso relativo alla domanda di manleva. La Corte d’Appello l’aveva erroneamente ritenuta tardiva, perché specificata solo in comparsa conclusionale. La Suprema Corte ha osservato che la domanda di essere tenuti indenni dalla P.A. era già stata formulata, in termini generali, nell’atto di costituzione in giudizio di primo grado. La successiva quantificazione dell’importo, resa necessaria dalla transazione avvenuta in corso di causa, non costituiva una domanda nuova, ma una semplice precisazione di una pretesa già ritualmente introdotta nel processo. Questo punto è fondamentale perché riafferma un principio di flessibilità processuale, distinguendo tra la formulazione di una domanda e la sua successiva specificazione economica.

La legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio

Infine, la Corte ha respinto il ricorso incidentale della P.A., che sosteneva di non essere il soggetto corretto da citare in giudizio (difetto di legittimazione passiva), indicando come responsabile una specifica Unità Tecnica Amministrativa (U.T.A.). La Cassazione ha stabilito che l’U.T.A., essendo un’articolazione interna della Presidenza del Consiglio dei ministri e priva di autonoma personalità giuridica, non poteva essere considerata un soggetto a sé stante. La responsabilità e la titolarità dei rapporti giuridici, pertanto, rimangono in capo alla Presidenza stessa.

Le conclusioni

La sentenza offre importanti spunti operativi per le imprese che operano nel settore degli appalti pubblici. In primo luogo, conferma che la struttura contrattuale formale è decisiva: solo il soggetto che ha un contratto diretto con la P.A. ha il diritto di pretendere il pagamento. In secondo luogo, evidenzia che le normative speciali che prevedono pagamenti diretti a terzi vanno interpretate come facoltà discrezionali per l’amministrazione, non come obblighi. Infine, sul piano processuale, ribadisce l’importanza di formulare tutte le domande, inclusa quella di manleva, sin dai primi atti difensivi, anche se la loro quantificazione economica potrà avvenire in un momento successivo del giudizio.

Un’azienda che ha pagato i debiti dell’appaltatore principale può chiedere il rimborso diretto alla Pubblica Amministrazione?
No. Secondo la Corte, la normativa emergenziale (art. 12 d.l. n. 90/2008) conferisce alla P.A. la facoltà, ma non l’obbligo, di pagare direttamente i fornitori dell’appaltatore. Il diritto al pagamento spetta solo al soggetto che ha un rapporto contrattuale diretto con l’Amministrazione.

Una domanda di manleva può essere specificata nel corso del processo senza essere considerata tardiva?
Sì. La Corte ha chiarito che se la domanda di manleva è stata formulata nell’atto di costituzione iniziale, la successiva quantificazione dell’importo (ad esempio, in comparsa conclusionale) non costituisce una nuova domanda tardiva, ma una mera precisazione di quella già tempestivamente proposta.

Quando la P.A. crea un’unità speciale per gestire un’emergenza, chi deve essere citato in giudizio per i debiti?
La Presidenza del Consiglio dei ministri. La sentenza stabilisce che l’Unità Tecnica Amministrativa (U.T.A.), operando all’interno della Presidenza, non possiede un’autonoma soggettività giuridica. Pertanto, la Presidenza rimane il centro di imputazione dei rapporti giuridici e la parte corretta da citare in giudizio (legittimato passivo).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati