Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 31168 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 31168 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 549/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di PALERMO n. 5142/2023 depositata il 15/11/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2025 dal Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Su ricorso della società RAGIONE_SOCIALE in A.G., il Giudice di pace di Palermo con decreto n. 2390/2021 ingiungeva a RAGIONE_SOCIALE (SEN) il pagamento in favore della società ricorrente della somma di € 2.054,19, oltre interessi e spese, a titolo di rimborso delle addizionali provinciali sull’accisa elettrica indebitamente addebitate nelle fatture emesse per i consumi 20102011 relativi all’utenza n. 908600827.
RAGIONE_SOCIALE deduceva che tali somme erano state richieste in violazione della Direttiva 2008/118/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea (sentenze 5 marzo 2015, causa C553/13 e 25 luglio 2018, causa C-103/17), che avevano dichiarato incompatibile l’addizionale provinciale con il diritto unionale. Chiedeva pertanto la restituzione delle somme versate, poiché costituenti indebito oggettivo ex art. 2033 c.c.
RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione, eccependo: l’insussistenza dei presupposti per l’azione di ripetizione dell’indebito; il difetto di potere del giudice nazionale di disapplicare la normativa interna per contrasto con direttive UE, richiamando il principio della c.d. inefficacia ‘orizzontale’ delle direttive nei rapporti tra privati; l’intervenuta prescrizione decennale del credito.
Il Giudice di pace di Palermo, con sentenza n. 3076/2022, rigettava l’opposizione e, per l’effetto, confermava il decreto ingiuntivo, compensando le spese di lite.
Avverso tale decisione proponeva appello RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE resisteva chiedendo il rigetto dell’appello ex adverso proposto e proponeva appello incidentale nella parte in cui il giudice di primo grado aveva compensato le spese di lite tra le parti, anziché porle a carico della RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 5142/2023, rigettava l’appello principale e accoglieva quello incidentale, condannando RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Avverso la sentenza del giudice d’appello ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE, articolando cinque motivi.
RAGIONE_SOCIALE in a.g., benché intimata, non ha svolto difese.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
Il Difensore di parte ricorrente non ha depositato memoria.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
RAGIONE_SOCIALE articola in ricorso cinque motivi. Precisamente la società ricorrente:
-con il primo motivo denuncia <>, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’azione di ripetizione dell’indebito, nonostante il pagamento delle addizionali fosse avvenuto in esecuzione di un contratto valido ed efficace, conforme alla normativa interna ratione temporis .
-con il secondo motivo denuncia <> nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che l’addizionale provinciale alle accise sull’energia elettrica di cui al D.L. n. 511 del 1988, art. 6, nella sua versione, applicabile ratione temporis , successiva alle modifiche introdotte dal D.lgs. n. 26 del 2007, art. 5, comma 1, va disapplicata
per ‘ contrasto della norma con il diritto comunitario, come interpretato, con efficacia vincolante dalla Corte di Giustizia UE’ ( cfr. pag. 5 della sentenza impugnata). Osserva che: a) l’addizionale provinciale ha natura di ‘accisa’, e non di tributo autonomo, sicché rispetto ad essa non è necessario verificare la sussistenza del requisito della ‘finalità specifica’ richiesto dalla Direttiva europea, che è richiesto per l’istituzione di imposte ‘autonome’ e non riguardo ai meri incrementi quantitativi dell’accisa; b) anche a voler ritenere sussistente il requisito della ‘finalità specifica, questo era stato rispettato dal legislatore nazionale attraverso il D.L. n. 511/1988, sicché la normativa interna non è in contrasto con quella unionale. Chiede, all’occorrenza, il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia sui quesiti sottesi alla censura.
-con il terzo motivo denuncia <>, nella parte in cui il giudice di appello ha disapplicato la norma interna per contrasto con la direttiva europea, trattandosi di rapporto tra privati, in cui non è ammessa l’efficacia orizzontale delle direttive;
-con il quarto motivo denuncia <>, nella parte in cui il giudice di appello ha rigettato l’eccezione di prescrizione, nonché la richiesta di riduzione del quantum della pretesa per compatibilità della normativa interna con quella comunitaria fino al 31 marzo 2010, termine concesso agli Stati membri per conformarsi alle nuove disposizioni;
-con il quinto motivo denuncia <>, nella parte in cui il giudice di appello ha posto a suo carico le spese di lite del primo grado di giudizio, in violazione dell’art. 91 c.p.c., e del secondo grado di giudizio, nonostante la discordanza di orientamenti giurisprudenziali sulla materia oggetto del contendere, violando l’art. 92 c.p.c. Sottolinea la fondatezza degli argomenti difensivi articolati nei precedenti gradi di giudizio -riproposti in ricorso con i motivi I, II e III -, fondati sulla conformità della normativa interna al diritto unionale e sui consolidati principi in tema di efficacia delle direttive. Osserva inoltre che il meccanismo previsto dall’art. 14 T.U.A. consente al fornitore di energia elettrica di ottenere la ripetizione delle addizionali versate solo dopo la condanna al pagamento in favore dell’utente, all’esito di un giudizio definito con sentenza passata in giudicato. In tale contesto, secondo la società ricorrente, che si è vista costretta a resistere in giudizio, la condanna alle spese di lite risulterebbe ingiusta, tenuto conto del numero elevato di controversie analoghe pendenti su tutto il territorio nazionale e della mancata imputabilità alla società delle cause che le avevano originate.
Va premesso che la causa può essere decisa sulla base del criterio della ragione più liquida della complessiva reiezione dei singoli motivi di ricorso, prescindendosi dalla tematica relativa alla regolarità formale della copia (notificata) della sentenza gravata, se priva di indicazioni autentiche sul numero di identificazione e sulla data di pubblicazione, sulla quale è intervenuta Cass. n. 12971 del 13/05/2024.
I primi quattro motivi – che, in quanto connessi, sono qui trattati congiuntamente – sono infondati, ma la motivazione della sentenza impugnata va corretta.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. il principio affermato da Cass. 13740/25 e ribadito da Cass. n. 13741/25, n. 16992/25, n. 16993/25, n. 17642/25, n. 17643/25, n. 28198/25, n. 28199/25, n. 28200/25, n. 28517/25, n. 28518/25, n. 28527/25, n.
28840/25, n. 28841/25, n. 29055/25: al quale il Collegio presta convinta adesione), <>.
Avuto riguardo al disposto di cui sensi all’art. 118, co. 1, ultimo inciso, disp. att. cod. proc. civ., è qui sufficiente fare integrale richiamo alla motivazione della prima delle menzionate sentenze per giustificare il rigetto dei motivi in esame, con opportuna correzione della motivazione della qui gravata sentenza, del ricorso oggi esaminato, in uno alla compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Il quinto motivo è manifestamente infondato, perché non sussiste un diritto alla compensazione in capo alla parte che risulta soccombente.
Invero, è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, SU n. 14989/2005, alla quale si è attenuta tutta la successiva giurisprudenza di legittimità a sezione semplice) il principio per cui «la facoltà di compensare fra le parti le spese del giudizio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a
darne ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass. 24 luglio 2002, n. 10861; vedi anche Cass. 22 aprile 2005, n. 8540)».
5. Al rigetto del ricorso non consegue la condanna alle spese processuali, in considerazione del fatto che parte intimata non ha svolto difese, ma consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell’importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2025, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.
Il Presidente NOME COGNOME