Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12970 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12970 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20119/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale in atti.
-RICORRENTE- contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME, COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME con domicilio digitale in atti.
-CONTRORICORRENTI- nonché
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI CATANZARO, in persona del Presidente p.t..
-INTIMATA- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANZARO n. 524/2021, depositata il 16/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto in giudizio l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro e l’Automobile Club Catanzaro (ACI), chiedendo il rilascio dell’area scoperta, identificata in catasto al fl. 41, partt. 242, 243, 246, 526, 528 e 530, in proprietà esclusiva degli attori in virtù della sentenza del Tribunale di Catanzaro n. 1454/2008, passata in giudicato, n. 1454/2008, deducendo che gli immobili erano illegittimamente detenuti dalla Provincia di Catanzaro ed erano stati concessi in locazione all’A CI per uso parcheggio, instando per la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni per il mancato godimento dell’ immobile.
Il Tribunale ha accolto la domanda, liquidando il danno.
La sentenza è stata parzialmente riformata dalla Corte di Catanzaro, che ha disposto anche il rilascio e il ripristino dello stato dei luoghi, affermando che l’area era tata utilizzata anche dopo il 2009 dall’A CI. La cassazione della sentenza è chiesta da ll’ ACI di Catanzaro con ricorso in due motivi, illustrati con memoria.
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME si difendono con controricorso.
L’ Amministrazione Provinciale di Catanzaro è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è ammissibile poiché, a differenza di quanto sostenuto dai controricorrenti, s ussiste l’interesse dell’A CI ad impugnare la sentenza che ha ordinato il rilascio della porzione utilizzata come parcheggio a pagamento, dato il vantaggio che otterrebbe la ricorrente dall’eventuale acc oglimento del ricorso, potendo proseguire lo sfruttamento dell’area .
Il primo motivo di ricorso censura la violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la pronuncia ordinato il ripristino dello stato dei luoghi in assenza di domanda, avendo gli attori chiesto solo il risarcimento del danno per equivalente.
Il motivo è infondato.
L’esame degli atti di causa prova che i resistenti avevano inteso ottenere sia il risarcimento per equivalente, per non aver potuto utilizzare la porzione occupata dall’amministrazione, sia la riconsegna del bene libero da cose e persone , con richiesta di eliminare tutti gli impedimenti al pieno recupero della disponibilità dell’immobile , quale indispensabile modalità attuativa dell’integrale rilascio.
La domanda risarcitoria e quella di riduzione in pristino concorrevano; la richiesta di eliminare gli ostacoli al pieno utilizzo del bene era stata esplicitamente formulata (cfr. atto di citazione, pag. 6).
Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c., per aver la Corte d’Appello utilizzato la deposizione del teste COGNOME per identificare le particelle detenute illegittimamente. Si denuncia la violazione dell’onere della prova sul rilievo che l ‘ACI non era stata parte del giudizio conclusosi con la sentenza n. 1454/2008 che aveva riconosciuto la proprietà dell’area in capo ai controricorrenti, pronuncia che, peraltro, farebbe riferimento a particelle diverse da quelle che il teste aveva indicato come oggetto di occupazione. Si afferma che la stessa Corte di appello avrebbe ammesso che la porzione occupata non era ricompresa in quella concessa in locazione, occorrendo comunque espletare una consulenza tecnica per l’esatta individuazione delle superfici da rilasciare.
Il terzo motivo di ricorso censura l’omesso esame di fatt i decisivi per il giudizio, per aver la sentenza riconosciuto che l’area occupata apparteneva ai resistenti, valorizzando la sentenza n. 1454/2008,
emessa nel giudizio promosso nei confronti della sola Provincia di Catanzaro, non tenendo conto della documentazione depositata dalla Provincia e delle deposizioni dei testi che avevano escluso che l’Aci detenesse in locazione porzioni di proprietà degli attuali controricorrenti.
I due motivi sono inammissibili.
La titolarità, in capo ai controricorrenti, delle superfici occupate dalla Provincia e poi detenute dall’A ci era stata accertata già dal Tribunale, che aveva, difatti, condannato la Provincia al risarcimento del danno, respingendo la domanda verso la ricorrente, non perché non occupasse l’immobile, ma solo perché ritenuta in buonafede e per aver gli attori affermato che le porzioni controverse erano state contemplate nell’atto concessione in godimento avente effetto dal 2009 , assunto quest’ultimo poi esplicitamente confutato dalla Corte di merito.
Non era più controversa -e non era tema devoluto all’esame della Corte di merito la corrispondenza delle particelle detenute dall’ Aci già dal 1998 con quelle per le quali la sentenza n. 1454/2008 aveva dichiarato di proprietà dei ricorrenti, ma solo il protrarsi della detenzione illegittima anche dopo il 2009 con riferimento alle medesime superfici, che erano state oggetto di frazionamento e di riclassificazione catastale, a giustificazione del fatto che i numeri identificativi menzionati nella sentenza non corrispondevano a quelli attuali.
La deposizione del geometra che aveva effettuato il frazionamento, ritenuta imprecisa dal Tribunale, sempre riguardo alla situazione successiva al 2009, è stata ritenuta credibile dal giudice di appello, poiché confermata dalla documentazione fotografica, da cui si rilevava la delimitazione dell’area con strisce bianche della segnaletica orizzontale, inglobate nell’unico parcheggio gestito ed utilizzato nella sua interezza dall’ACI , non separate dalla restante zona di proprietà della Provincia.
Il relativo accertamento, logicamente motivato, appare insindacabile in questa sede di legittimità.
In definitiva, il ricorso pone inammissibilmente in discussione questioni oggetto della sentenza di primo grado, non ricorribile in cassazione, quanto alla corrispondenza tra le superfici di proprietà degli attori e quelle detenute dall’ACI almeno fino al 2009, e, per ciò che concerne il protrarsi della detenzione dopo il 2009, solleva contestazioni in fatto circa la rilevanza delle prove e all’a ttendibilità del teste, cui la sentenza ha dato logica risposta, evidenziando le ragioni di attendibilità della deposizione in considerazione del riscontro ott enuto dall’esame della docum entazione fotografica relativa allo stato dei luoghi. Non è consentito rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili; l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, potendosi solo controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 9097/2017; Cass. 32505/2023; Cass. 10927/2024).
Il ricorso è, perciò, respinto con aggravio delle spese processuali. Sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre3 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione dichiarata inammissibile, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in €. 4.200,00 , di cui € 200,00 per
esborsi, oltre a iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%, con distrazione in favore del difensore, dichiaratosi antistatario.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione