Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 2584 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 2584 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/02/2025
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 9451-2024 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8815/2023 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 09/10/2023.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del l’Avvocato Generale NOME COGNOME il quale chiede che la Corte di cassazione voglia dichiarare inammissibile il ricorso.
Fatti di causa
Ai fini del conseguente trattamento economico e della ricostruzione di carriera, il TAR del Lazio ha accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME per il riconoscimento della qualifica di ispettore superiore SUPS della Polizia di Stato con decorrenza dall’1 -1-2001 anziché dal 5-7-2002.
Il Consiglio di Stato ha riformato la decisione su gravame del Ministero dell’interno, dichiarando inammissibile il ricorso di primo grado, e conseguentemente improcedibile l’appello per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto il ricorrente si era lim itato a proporre un’azione di mero accertamento del proprio diritto alla retrodatazione giuridica del riconoscimento della qualifica ottenuta per meriti straordinari, nonostante l’acquiescenza ai precedenti provvedimenti d’inquadramento.
COGNOME ha impugnato la sentenza con ricorso per cassazione, denunciando un illegittimo rifiuto di giurisdizione su diritti soggettivi.
Il Ministero dell’interno ha replicato con controricorso.
È stata formulata una proposta di definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., nel senso dell’inammissibilità.
Il ricorrente ha chiesto la decisione collegiale e ha depositato una memoria.
Ragioni della decisione
I. -È necessario premettere che il ricorrente ha riassunto la causa dinanzi al Tar dopo che il Consiglio di Stato, in sede consultiva, aveva dichiarato inammissibile il ricorso straordinario al Capo dello Stato, assumendo che la situazione vantata fosse da qualificare come di diritto soggettivo.
Oggi il ricorrente lamenta che il medesimo Consiglio di Stato, decidendo sull’appello dell’Amministrazione contro la decisione del Tar che aveva accolto il ricorso facendo applicazione della sentenza n. 224 del 2020 della Corte costituzionale, abbia riformato quella decisione dichiarando ‘ che la posizione soggettiva del pubblico dipendente a fronte degli atti di inquadramento non è qualificabile come diritto soggettivo bensì come interesse legittimo ‘, con
conseguente inammissibilità dell’azione di accertamento del diritto che era stata proposta.
In tal guisa la tesi sostenuta dal ricorrente è che il Consiglio di Stato, che pure ha giurisdizione esclusiva in ordine al rapporto di lavoro della Polizia di Stato, avrebbe rifiutato la propria giurisdizione in ordine al diritto soggettivo già sancito dal parere del Consiglio di Stato in sede consultiva (oltre che dalla sentenza del Tar); sicché si porrebbe nel caso di specie un problema di giurisdizione, stante la duplicità insita nella giurisdizione esclusiva.
In altre parole, l ‘indebita qualificazione della pretesa quale interesse legittimo avrebbe determinato, nella sentenza impugnata, la qualificazione della mancata impugnazione nel termine di decadenza quale situazione esaurita, quando invece l’azione si sarebbe dovuta considerare proposta correttamente nell’ambito del termine prescrizionale dei diritti soggettivi.
II. – Il ricorso è inammissibile nel senso di cui alla proposta di definizione, perché, come già osservato in questa, il Consiglio di Stato non ha stabilito di non poter conoscere la domanda in quanto estranea alle proprie attribuzioni giurisdizionali.
Tutt’al contrario, giustappunto facendo leva su tali attribuzioni, ha ritenuto che in capo al ricorrente si fossero ormai consolidate situazioni giuridiche ostative, divenute intangibili in virtù della definitività di provvedimenti amministrativi non impugnati.
Da questo punto di vista quei provvedimenti dovevano considerarsi ‘impermeabili anche rispetto agli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 224 del 2020’, con la quale giova ricordare – è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 75, primo comma, del d.P.R. n. 335/82 nella parte in cui non prevedeva l’allineamento della dec orrenza giuridica della qualifica di vice sovrintendente promosso per merito straordinario a quella più favorevole riconosciuta al personale che avesse conseguito la medesima qualifica all’esito della selezione o del concorso successivi alla data del verificarsi dei fatti.
III. -Insistere sul tema della qualificazione della situazione giuridica soggettiva come diritto soggettivo o interesse legittimo (nell’alveo della giurisdizione esclusiva) non sposta i termini del problema quanto al rifiuto di giurisdizione.
Difatti -come rettamente osservato nella proposta di definizione -il rifiuto della giurisdizione è integrato dalla ben diversa ipotesi in cui il giudice amministrativo assuma che una fattispecie sia estranea alle proprie attribuzioni giurisdizionali, così che la domanda non possa essere da lui conosciuta affatto.
IV. – Non può sindacarsi, invece, sotto il profilo del rifiuto di giurisdizione, ciò che si risolva in un concreto (per quanto erroneo, secondo la tesi del ricorrente) esercizio della giurisdizione stessa, integrato dal rilievo di inammissibilità di una domanda colta in riferimento alla qualificazione giuridica della situazione vantata.
Tale errore, ove anche esistente, si colloca nei limiti interni della giurisdizione e non è denunciabile ai sensi dell’art. 362 cod. proc. civ. (v. tra le moltissime Cass. Sez. U n. 17048-24, Cass. Sez. U n. 2605-21, Cass. Sez. U 7762-20).
V. -Ne segue l’inammissibilità del ricorso.
Le spese vengono regolate secondo soccombenza.
Essendo il giudizio di legittimità definito in conformità alla proposta ex art. 380-bis cod. proc. civ., vanno altresì applicati il terzo e il quarto comma dell’art. 96 stesso codice, con quantificazione degli importi come da dispositivo.
p.q.m.
La Corte, a sezioni unite, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 3.000,00 EUR oltre le spese prenotate a debito; condanna, inoltre, il ricorrente al pagamento, a favore della controparte, della somma di 2.000,00 EUR ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., nonché al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di 1.500,00 EUR ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, addì 14