Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2484 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 2484 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10035/2018 R.G. proposto da:
COMUNE RAGIONE_SOCIALE TORINO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME AVV_NOTAIO COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio della prima in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO -controricorrente- avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di TORINO n. 700/2017, depositata il 5/10/2017, NRG 534/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.
la Corte d’Appello di Torino, riformando parzialmente la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva ritenuto la decadenza ai sensi dell’art. 34, co. 4, lett. d L. 183/2010, ha accolto la domanda con cui NOME COGNOME aveva chiesto di riconoscere il proprio RAGIONE_SOCIALE alla prosecuzione del rapporto di lavoro presso il predetto ente, in conseguenza della revoca della convenzione per la gestione dei servizi di formazione professionale intercorsa tra il RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE;
1.1
la Corte territoriale riteneva che la decadenza dall’azione non potesse essere affermata, in quanto la pretesa non riguardava l’imputazione del rapporto ad un soggetto diverso dal titolare del contratto, quanto l’accertamento della prosecuzione con il RAGIONE_SOCIALE del rapporto già intercorso tra la COGNOME e RAGIONE_SOCIALE;
la domanda non rientrava dunque -secondo la Corte territoriale -. nella eccezionale previsione di cui all’art. 32 lett. d) cit.;
nel merito, la Corte d’Appello riteneva di confermare un proprio precedente, riguardante altri lavoratori, in cui essa aveva ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE alla riattivazione del rapporto di pubblico impiego derivasse dalle Convenzioni stipulate tra il RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (nel 1996 e poi nel 2007), in cui era stato previsto che i rapporti di lavoro, già intercorrenti con il RAGIONE_SOCIALE e trasferiti a RAGIONE_SOCIALE in ragione della esternalizzazione del servizio, sarebbero proseguiti con il RAGIONE_SOCIALE, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2112 c.c., nel caso di cessazione per qualsiasi causa delle predette Convenzioni;
il richiamo all’art. 2112 c.c. era da intendere in senso ‘atecnico’ e tale, dunque, da valere anche a prescindere dall’effettiva reinternalizzazione dei servizi presso RAGIONE_SOCIALE, che era pacifico non vi fosse stata, trattandosi di clausole contrattuali volte ad
assicurare in ogni caso ai lavoratori il riassorbimento alle dipendenze del RAGIONE_SOCIALE anche attraverso il mantenimento dei posti nella dotazione organica di esso;
2.
il RAGIONE_SOCIALE di Torino ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi, resistiti da controricorso della lavoratrice;
sono in atti memorie di ambo le parti;
CONSIDERATO CHE
1.
il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.) dell’art. 32, co. 4, lett. d) L. 183/2010 e dell’art. 6 L. 604/1966, in relazione agli artt. 99 e 112 c.p.c. , per essersi erroneamente escluso che il petitum della controversia riguardasse l’imputazione del rapporto ad un soggetto diverso dal titolare del contratto il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.) dell’art. 32, co. 4, lett. d) L. 183/2010 e dell’art. 6 L. 604/1966, in relazione agli artt. 12 disp. prel. c.c. e 1362 c.c., per essersi erroneamente attribuito alla previsione contenuta nell’art. 32, co. 4 lett. d) cit. valor e di stretta interpretazione e quindi tale da non ricomprendere la questione oggetto di causa;
il terzo motivo assume la violazione e falsa applicazione (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.) sempre dell’art. 32, co., 4, lett. d) L. 183/2010 e 6 L. 604/1966, in relazione agli artt. 12 disp. prel. c.c. e 1362 c.c., per essersi erroneamente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancato esercizio del RAGIONE_SOCIALE entro i termini di decadenza a decorrere dalla data della deliberazione di revoca dell’affidamento a RAGIONE_SOCIALE del 24.4.2012 ovvero della cessazione del rapporto di lavoro con RAGIONE_SOCIALE;
i motivi, da analizzare congiuntamente data la comunanza del tema con essi sollecitato, sono infondati;
la domanda giudiziale, come descritta nella sentenza impugnata e per come poi è stata accolta, non riguarda l’applicazione diretta dell’art. 2112 c.c., mancando pacificamente la reinternalizzazione dell’attività o dell’azienda, ma l’accertamento del RAGIONE_SOCIALE alla prosecuzione del rapporto con il RAGIONE_SOCIALE come conseguenza degli effetti negoziali di cui alla Convenzione intercorsa tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, tali da prevedere un rinvio ‘atecnico’ all’art. 2112 c.c. e dunque ad assicurare il rientro dei lavoratori presso l’ente territoriale per effetto della revoca dell’affidamento dei servizi di formazione professionale;
l’ipotesi di cui alla lettera d) dell’art.32 cit., rispetto alla quale è stata formulata l’eccezione di decadenza, riguarda il caso in cui si chieda la ‘ costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto ‘;
per integrarne i presupposti, eccezionali trattandosi di regola limitativa di diritti sostanziali (Cass. 31 marzo 2021, n. 8964; Cass. 9 marzo 2020, n. 6649; Cass. 7 novembre 2019, n. 28750), è dunque necessario che sia contestata l’esistenza del rapporto in capo al titolare del contratto;
nel caso di specie, tuttavia, la lavoratrice non ha contestato che, fino a quando il rapporto era intercorso con RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima fosse la titolare di esso e non è neppure contestato che il rapporto con RAGIONE_SOCIALE dovesse cessare con la revoca della convenzione e quindi, a ben vedere e secondo quanto emerge dal ricorso per cassazione, non vengono neanche in gioco (o comunque non sono più in gioco) questioni in sé sulla legittimità del licenziamento intimato dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, in quanto la pretesa è diversa e consiste nell’accertamento riconosciuto fondato dalla Corte di merito -del RAGIONE_SOCIALE alla riammissione in servizio presso il RAGIONE_SOCIALE
di Torino per effetto delle convenzioni intercorse tra lo stesso e RAGIONE_SOCIALE;
non si chiede dunque l’accertamento del radicarsi del rapporto in capo a soggetto diverso da titolare del contratto, ma la pretesa si fonda sul diverso presupposto che al cessare del rapporto con RAGIONE_SOCIALE il medesimo si sarebbe dovuto ricostituire con il RAGIONE_SOCIALE;
non ricorre dunque l’ipotesi decadenziale eccepita, e neppure può portarsi la disamina su altre ipotesi di decadenza (ad es. sull’ipotesi di cui alla lettera c del medesimo art. 32), in quanto non è quanto dedotto e su cui insistono i motivi, dovendosi del resto considerare che quella di decadenza è – di regola -eccezione in senso stretto (art. 2969 c.c.);
in definitiva la fattispecie su cui si fonda la domanda accolta dalla Corte di merito non rientra nell’ambito della come detto eccezionale -ipotesi decadenziale;
2.
il quarto motivo denuncia l’erronea e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e 1367 c.c. nella parte in cui la Convenzione RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE è stata intesa nel senso che essa affermasse l’obbligo di prosecuzione del rapporto pur in assenza di una effettiva reinternalizzazione del servizio;
secondo il RAGIONE_SOCIALE, le previsioni convenzionali avrebbero riconosciuto il RAGIONE_SOCIALE al ripristino dei rapporti di lavoro solo se vi fosse stata reinternalizzazione del servizio, come pacificamente non era avvenuto, appunto che addirittura, il fallimento di RAGIONE_SOCIALE aveva in realtà trasferito l’azienda a soggetti terzi che avevano proseguito l’attività;
2.1
il motivo è da accogliere, nei termini in cui si va a dire;
2.2
è indubbio che non sia sufficiente, a sorreggere il RAGIONE_SOCIALE alla riassunzione, un accordo convenzionale con l’ente pubblico , di
applicazione dell’art. 2112 c.c. a prescindere dal verificarsi di un trasferimento di azienda o, almeno, del servizio;
questa RAGIONE_SOCIALE.CRAGIONE_SOCIALE, ha recentemente precisato, in vicenda del tutto analoga a quella oggetto di causa e con motivazioni cui si fa rinvio ai sensi dell’art. 118 disp., att. c.p.c., che il ritrasferimento alla P.A. dei rapporti di lavoro, già ceduti da quest’ultima ad un RAGIONE_SOCIALE in concomitanza con la stipula di un rapporto di concessione, è ammissibile solo nelle specifiche ipotesi di retrocessione previste dalla legge (art. 31 d.lgs. n. 165 del 2001 o art. 2112 c.c.), sicché è nulla la clausola del contratto di concessione che preveda tale retrocessione quale mero effetto della cessazione del rapporto concessorio (Cass. 25 luglio 2023, n. 22324);
del resto, anche in altri precedenti in cui si è ipotizzata in RAGIONE_SOCIALE la possibilità di un rientro dei dipendenti presso la P.A. (Cass. 12 aprile 2021, n. 9568; Cass. 5 marzo 2020, n. 6290), ciò è stato comunque riconnesso -a parte una serie di ulteriori condizioni che qui non interessano -al verificarsi della reinternalizzazione dei servizi;
tali regole valgono certamente per la Convenzione del 2007 che, in esito alla scadenza di quella precedente, disciplina la vicenda, ma anche nel vigore del pregresso regime di cui all’originario d. lgs. 29/1993 non era certamente possibile che in via negoziale si stabilisse in ipotesi l’assegnazione o il rientro di personale verso l’ente pubblico, senza transito delle corrispondenti attività o aziende;
non è infatti consentito alla RAGIONE_SOCIALE acquisire personale al di fuori delle esigenze dei servizi da essa svolti e secondo le regole di rispetto dei vincoli di spesa, programmazione e dotazione;
pertanto, se il senso da attribuire a quella clausola fosse quello di prevedere un ritrasferimento a prescindere dal ricorrere delle specifiche condizioni di legge, essa sarebbe nulla ed improduttiva di effetti, come indirettamente sostenuto nel motivo attraverso il
richiamo all’art. 1367 c.c., salvo solo il disposto -a meri fini retributivi di attività comunque medio tempore svolte dell’art. 2126 c.c.;
non può dunque ritenersi fondato il riconoscimento del RAGIONE_SOCIALE alla riammissione in servizio in conseguenza di una portata ‘atecnica’ del richiamo all’art. 2112 c.c., perché si tratta di effetti che non è possibile ricondurre ad una volontà negoziale, avendo al contempo la Corte territoriale accertato che non vi era stata reinternalizzazione del servizio e dell’azienda e dunque non vi erano margini per l’applicazione delle norme che solo in tali frangenti riconoscono la prosecuzione dei rapporti di lavoro;
2.3
nella sentenza impugnata si fa riferimento ad una pronuncia del TAR n. 3317/2000, che avrebbe imposto al RAGIONE_SOCIALE, illo tempore , di mantenere nella dotazione organica i posti relativi al personale addetto alla formazione professionale;
a tale pronuncia si fa riferimento non quale documento del presente processo, ma attraverso la trascrizione delle motivazioni di altro precedente della medesima Corte territoriale che aveva accolto domande analoghe a quella della COGNOME proposte da altri lavoratori (profilo quest’ultimo, di per sé, irrilevante in questa sede per come viene prospettato; vedi, per tutte: Cass. n. 17026 del 2008);
al di là di ciò, non vi è peraltro dubbio che, se anche quello così riportato fosse il contenuto di tale pronuncia, evidentemente essa nel 2000 non poteva certamente avallare una riassunzione da effettuare nel 2012 -sulla base poi anche di una nuova convenzione, per quanto riproduttiva in parte qua della precedente; d’altra parte, a tutto concedere, va rilevato come il mantenimento dei posti in pianta organica sia cosa diversa dal RAGIONE_SOCIALE alla riammissione in servizio, condizionato dal ricorrere dei presupposti di legge al momento del verificarsi della cessazione del rapporto
con il cessionario e che non può dunque prescindere dal fatto che vi fosse reinternalizzazione delle attività e/o trasferimento dell’azienda;
2.4
la Corte d’Appello ha dunque errato nel ritenere possibile che una previsione negoziale consentisse il rientro del personale presso il RAGIONE_SOCIALE, pur essendo al contempo accertato dalla stessa sentenza impugnata che non vi era stata alcuna reinternalizzazione del servizio e dunque neanche alcun rientro di aziende nell’alveo della PRAGIONE_SOCIALE;
3.
tutto ciò comporta la cassazione della sentenza impugnata in riferimento al quarto motivo di ricorso, con rigetto dei primi tre motivi e assorbimento del quinto e del sesto motivo, in quanto riguardanti il trattamento retributivo da applicare nel passaggio e dunque un profilo dipendente da quello in ordine all’ an della riassunzione, di cui al motivo accolto;
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, rigettati i primi tre, assorbiti il quinto ed il sesto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 07/11/2023.