Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30438 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 30438 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/11/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1286/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDICOGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDICOGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2306/2022 depositata il 30 giugno 2022;
Udita nella pubblica udienza del 16 ottobre 2024 la relazione del Consigliere NOME COGNOME, e uditi il AVV_NOTAIO, che ha chiesto accoglimento parziale, e gli avvocati NOME COGNOME e, per delega, NOME COGNOME:
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE – d’ora in poi, RAGIONE_SOCIALE – conveniva nel 2014 davanti al Tribunale di Roma RAGIONE_SOCIALE per ottenerne la condanna a corrisponderle la somma di euro 594.145,80 o la diversa somma di giustizia quale rimborso del 50% di quanto fatturato dal 2004 al 2010 per le utenze ai sensi dell’articolo 11 l. 67/1987 come modificato dall’articolo 7 l. 250/1991.
Controparte si costituiva resistendo ed eccependo la competenza territoriale del Tribunale di Milano.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 17812/2017, riconosceva la competenza territoriale del Tribunale di Milano, davanti al quale la causa veniva riassunta. Si perveniva così alla sentenza dell’11 agosto 2020, con cui il Tribunale di Milano rigettava ogni domanda attorea.
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, cui controparte resisteva, e che la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 30 giugno 2022, rigettava.
RDS ha presentato ricorso, sulla base di quattro motivi, illustrati anche con memoria; si è difesa con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
Con ordinanza interlocutoria del 19 ottobre 2023la causa è stata rinviata alla pubblica udienza. Fissata questa al 16 ottobre 2024, il PG ha depositato memoria, chiedendo l’accoglimento del primo e del quarto motivo del ricorso, assorbiti gli altri due. Hanno poi depositato memoria sia il ricorrente sia la controricorrente.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo COGNOME denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 28 l. 5 agosto 1981 n. 416, 11 l. 25
febbraio 1987 n. 67, 1, 2 e 4 DPCM 410/1987, 4 d.p.r. 49/1983, 4, comma 6, l. 350/2003 e 12 prel. In questa censura si rinvengono due submotivi.
3.1.1 In primis , il giudice d’appello avrebbe errato – come il primo giudice – affermando che, per ottenere il beneficio annuo di riduzione tariffaria, RAGIONE_SOCIALE doveva non solo trasmettere entro i termini previsti la documentazione necessaria alla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, ma anche far pervenire al gestore del servizio di telecomunicazione -qui, appunto, RAGIONE_SOCIALE – la medesima domanda ‘corredata dalla documentazione specificamente elencata all’art. 2 D.P.C.M. 410 del 15/9/1987’. Ad avviso di RDS, non sussisteva un suo obbligo di inviare la documentazione al gestore della telefonia: l’articolo 1 DPCM 410/1987 prevede soltanto di trasmettergli la copia della domanda, e la documentazione da produrre ‘è disciplinata ed elencata’ solo all’articolo 2 del decreto medesimo.
3.1.2 Questo primo submotivo si rivolge contro la fondamentale ratio decidendi del giudice d’appello (si veda la pagina 12 della sentenza), che interpreta correlativamente del DPCM 410/1987 gli articoli 1, primo comma (‘ Le imprese di radiodiffusione sonora che, avendone i requisiti, intendono usufruire dei contributi di cui all’art. 11 della legge 25 febbraio 1987, n. 67 … devono presentare apposita domanda, a firma del legale rappresentante dell’impresa stessa, al RAGIONE_SOCIALE dellRAGIONE_SOCIALEeditoria della RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE … specificando le provvidenze richieste. Nel caso che la richiesta riguardi le riduzioni tariffarie previste dalla lettera a) del comma 1 della legge, copia della domanda deve essere trasmessa dalle imprese interessate ai gestori competenti all’applicazione delle tariffe. ‘), e 2 (che, al primo comma, elenca sub lettere a), b), c) e d) quali sono i documenti che ‘ devono essere allegati ‘ alla domanda e, al secondo comma, precisa: ‘ Per le domande successive alla prima, è consentito far riferimento ai documenti di
cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 allegati alla prima domanda, ovvero presentati in un secondo momento a completamento e corredo della stessa, ai sensi dell’art. 7, semprechè non siano intervenute variazioni ‘), affermando -al paragrafo 4.4 della motivazione – che anche la copia della domanda al gestore dei servizi di telecomunicazione deve ‘essere corredata dalla documentazione specificamente elencata all’art. 2 D.P.C.M. del 15/9/1987’, ribadendo poi al paragrafo 4.5 che ‘è normativamente previsto che la società di radiodiffusione sia obbligata non solo a trasmettere alla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, entro i termini previsti, tutta la documentazione necessaria per richiedere ed ottenere anno per anno l’ammissione al beneficio della riduzione tariffaria … ma anche a fare pervenire al gestore del servizio di telecomunicazione la medesima domanda completa della relativa documentazione’.
E questa deve riconoscersi che costituisce una interpretazione non solo letterale-logica, ma altresì doverosamente conservativa della portata dell’articolo 2, statuente appunto che ‘ alla domanda devono essere allegati ‘ i documenti che subito dopo elenca. Non si vede, invero, per quale ragione perché la copia della domanda da trasmettere ai gestori debba esserlo ‘svuotata’ da questa produzione correlata, finalizzata e, chiaramente, necessaria per rendere comprensibile il contenuto e la fondatezza della domanda stessa.
Da qui, infatti, ha dedotto la sua condivisibile decisione del giudice d’appello, che subito successivamente applica il dettato normativo -ricostruito alla luce di uno scandaglio ermeneutico del tutto corretto e razionale -, alla vicenda concreta, motivando nel senso che l’attuale ricorrente non aveva adempiuto a tale incombenza nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, tranne nell’anno 2005, quando infatti RAGIONE_SOCIALE le aveva dato quanto richiesto a seguito dell’ammissione al beneficio della RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE (pagine 12-13 della sentenza), e indicando poi, sempre su evidente piano fattuale,
come avrebbe l’attuale ricorrente inadempiuto ai suoi oneri attinenti all’ottenimento del beneficio per i vari ulteriori anni (sentenza, pagina 13), rimarcando pure una ‘inerzia’ probatoria della ricorrente stessa che La Corte territoriale ha appunto reputato non superabile mediante la disposizione di una consulenza tecnica d’ufficio (si veda ancora la sentenza, pagina 14).
La prima censura veicolata dal motivo risulta, pertanto, infondata.
3.1.3 Inoltre – secondo submotivo – si critica il giudice d’appello (pagine 1820 del ricorso) per avere ritenuto escluso dall’agevolazione tariffaria ‘il canone periodico per i servizi di fonia non costituente<> in senso tecnico’, opponendo che l’articolo 28 l. 415/1981 non prevede distinzioni al riguardo.
3.1.4 Qui viene sottoposto a censura un argomento del tutto secondario, inserito ad abundantiam , e comunque irrilevante considerato che riguarda l’oggetto della riduzione tariffaria, laddove le domande degli anni in questione di riduzione tariffaria non risultano, come si è visto quale esito dell’accertamento di merito, formulate adeguatamente.
Tutto il primo motivo, pertanto, non merita accoglimento.
Con il secondo motivo COGNOME lamenta, in relazione all’articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., illogicità e insufficienza della motivazione della sentenza impugnata quanto alla ‘accertata natura dirimente della mancata risposta alle richieste di invio della documentazione formulate da RAGIONE_SOCIALE‘.
4.1 La motivazione della sentenza, alla luce di S.U. nn. 8053 e 8054 del 2014, sarebbe palesemente insufficiente, illogica e meramente apparente, avendo ritenuto bastante il giudice d’appello, ‘per giungere alle sue drastiche conclusioni’, la mancata risposta di NOME alle richieste di invio di documentazione derivate da RAGIONE_SOCIALE negli anni 2009 e 2010.
Viene trascritto l’ampio passo della sentenza (pagine 13-14) in cui il giudice d’appello osserva come RDS non avrebbe adempiuto i
suoi oneri quanto alle richieste per gli anni in questione; vi si oppone l’elenco di documenti prodotti con l’atto di citazione di primo grado (istanze alla RAGIONE_SOCIALE e decreti d’accoglimento di quest’ultima) e allegati pure all’atto d’appello, argomentando poi sui decreti di ammissione al beneficio della RAGIONE_SOCIALE e sugli affari economici e organizzativi correlati, e quindi censurando al riguardo la sentenza impugnata.
4.2 La struttura motivazionale viene qui censurata come consentiva il previgente dettato del dell’articolo 360, primo comma, n. 5 c.p.c., e dunque non con modalità conforme alla norma vigente e applicabile.
D’altronde la motivazione offerta dal giudice d’appello ha raggiunto senza dubbio, e infatti pure evidentemente superato, il minimo costituzionale; per il resto, quel che la ricorrente si sforza di inserire nella doglianza è riconducibile a una diretta ricostruzione fattuale.
Il motivo va pertanto disatteso.
Con il terzo motivo COGNOME denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2697, 2729, 2730 c.c., 115, 116, 62, 194 e 198 c.p.c.
In effetti il motivo è scindibile in tre submotivi .
5.1.1 Si sostiene, in primo luogo, che il giudice d’appello abbia gravato RDS di oneri che non le spettavano, traendone poi il rigetto delle sue legittime richieste.
Ritornando – con l’aggiunta della parte finale, ove il giudicante afferma che le inerzie probatorie dell’attuale ricorrente non avrebbero potuto sopperirsi disponendo una consulenza tecnica d’ufficio -al passo in tema fattuale offerto dalla sentenza richiamato nel motivo precedente (pagine 13- 14 della sentenza), si insiste nel sostenere che non vi era obbligo di legge ad allegare la documentazione alla copia della domanda inviata al gestore e
che era stato provato l’adempimento di tutti gli oneri di comunicazione dell’ammissione di RDS al beneficio da parte del ‘soggetto che vi era tenuto’, cioè la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE.
Si contestano, inoltre, alcuni elementi ancora evincibili dal suddetto passo per lamentare che il giudice d’appello avrebbe violato le norme relative alle presunzioni – articoli 2729 e 2730 c.c. – nonché gli articoli 115 e 116 c.p.c. nel non ritenere RAGIONE_SOCIALE informata dei decreti ammissivi pronunciati dalla RAGIONE_SOCIALE.
5.1.2 Questa prima censura costituisce, in effetti, una evidente ripetizione di argomenti precedenti, cui vengono aggiunte argomentazioni direttamente fattuali, tentando poi la ricorrente di coprirne tale inammissibile natura mediante l’invocazione in realtà generica – degli articoli 2729 e 2730 c.c. da un lato e degli articoli 115 e 116 c.p.c. dall’altro.
5.2.1 In secondo luogo, si sostiene che sarebbe contrario ‘ai principi e alle regole citate’ l’avere la corte territoriale negato di disporre consulenza tecnica d’ufficio reputandola una consulenza esplorativa, e quindi qualificandola inammissibile.
5.2.2 Anche questa doglianza, oltre ad essere palesemente generica, cade nel qui inammissibile ambito fattuale, in quanto è diretta a dimostrare che l’istruttoria avrebbe dovuto essere integrata – valutandola dunque come insufficiente nei suoi esiti mediante una consulenza tecnica d’ufficio.
D’altronde, il giudice d’appello ha ben spiegato perché non ha disposto la consulenza tecnica d’ufficio evidenziando -correttamente -che tale disposizione non può sostituire l’adempimento dell’onere probatorio della parte attrice/appellante.
5.3.1 Infine, ad avviso della ricorrente sarebbe ancora contraria ‘ai principi e alle regole’ una frase asseritamente rinvenibile nella motivazione con cui il giudice d’appello avrebbe ammesso che RAGIONE_SOCIALE riconobbe di dovere la somma di euro 101.576,66 (si cita
anche un passo della comparsa di costituzione in primo grado di RAGIONE_SOCIALE) nonostante ciò rigettando in toto la domanda di RDS.
5.3.2 Quest’ultimo submotivo ‘sconnette’ i passi motivazionali dal contesto in cui sono inseriti: le precisate conclusioni di RAGIONE_SOCIALE, sin dal primo grado, sono sempre state per il totale rigetto.
La ricorrente però tenta di negarlo anche già nella premessa del ricorso, a pagina 11, ove afferma che davanti al Tribunale di Roma RAGIONE_SOCIALE aveva riconosciuto di dovere a RDS ‘in ogni caso’ euro 101.575,66, e lo stesso davanti al Tribunale di Milano. RAGIONE_SOCIALE nel controricorso ribatte che costituendosi, prima a Roma (controricorso, pagina 2) e poi a Milano (controricorso, pagina 3), aveva concluso per il totale rigetto della domanda attorea.
La corte territoriale, affrontando la questione a pagina 14 della sentenza, sub 4.9, dichiara che l’ipotesi di questa – parziale debenza sarebbe stata per RAGIONE_SOCIALE ‘del tutto residuale e ipotetica’ (‘… la resistente non può dirsi abbia riconosciuto nelle proprie difese di dovere corrispondere alla procedente, quanto meno, la somma di € 101.576,66 sulla quale si è soffermata l’appellante in via di estremo subordine, all’evidenza trattandosi di ipotesi formulata dalla convenuta in via del tutto residuale ed ipotetica, per l’eventuale, pur denegato, caso -non ricorrente nella fattispecie -in cui il decidente avesse ritenuto, sia pure parzialmente, fondate le ragioni dell’attrice.’); e l’estrapolazione compiuta appunto dalla ricorrente non supera questo rilievo, senza contare che poi, per sostenerlo, sarebbe stato necessario in termini di autosufficienza trascrivere nel motivo – o semmai nella premessa del ricorso – le complete precisate conclusioni di RAGIONE_SOCIALE.
In conclusione, quindi, anche quest’ultimo submotivo rimane inammissibile.
Nuovamente, tutto il motivo risulta privo di consistenza.
6. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., ‘violazione e/o falsa
applicazione dei canoni di ermeneutica contrattuale (artt. 1362, 1366 e ss. c.c.)’ quanto all’articolo 15 delle condizioni generali di contratto allegate all’offerta di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, nonché violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1341 c.c.
6.1 Il giudice d’appello avrebbe violato i canoni di ermeneutica contrattuale quanto all’articolo 15 delle condizioni generali di contratto, laddove nella sentenza, sub 4.7, dichiara l’infondatezza della censura dell’attuale ricorrente attinente alla ‘vessatorietà dell’art. 15 … atteso che, in sostanza, la disciplina sinallagmatica in questione non pone a carico della qui procedente alcun aggravio di oneri rispetto a quelli già previsti normativamente per la regolamentazione della materia …, né risulta tale da impedire l’esercizio del diritto a richiedere il beneficio oggetto di lite, tanto meno in termini più ristretti rispetto a quelli indicati dal legislatore’. Si sarebbe dinanzi a un ‘assunto … completamente erroneo’. Per dimostrarlo la ricorrente trascrive l’articolo de quo (ricorso, pagine 31-32), per poi offrire quel che la stessa ricorrente definisce ‘molteplici elementi desumibili dall’analisi letterale della disposizione contrattuale’ -cioè sei ‘elementi’, illustrati nelle pagine 33-34 del ricorso -, deducendone che tale ‘disciplina contrattuale, valida per le imprese della carta stampata, non poteva … trovare applicazione … alle imprese radiofoniche’.
Qualora poi ‘denegata ipotesi’ -sia invece ‘ritenuta applicabile anche alle imprese radiofoniche’, questa disciplina contrattuale avrebbe un ‘contenuto palesemente vessatorio’ e pertanto necessiterebbe di ‘separata e specifica approvazione scritta’ ex articolo 1341 c.c., qui ‘totalmente mancata’.
Si argomenta ancora sul contenuto dell’articolo 15, giungendo a qualificarlo come contrastante con ‘la ratio della normativa in vigore, quella del 1987, che attribuiva alla sola RAGIONE_SOCIALE … di verificare la sussistenza dei
requisiti di ammissione al beneficio attraverso la documentazione via via presentata, e di emettere i relativi decreti’.
6.2 La censura è manifestamente inammissibile, in quanto, invece di identificare in che cosa sono consistite le pretese violazioni dei codicistici canoni ermeneutici, critica il risultato della interpretazione, ovvero compie un vaglio direttamente fattuale perché il giudice di legittimità eserciti, dunque, una funzione correttiva nell’accertamento di merito sul contenuto del contratto -quantomeno, sulla clausola n. 15 – come concordato dalle parti.
Conseguentemente, anche l’ulteriore doglianza relativa all’articolo 1341 c.c. non ha radici.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
La peculiarità del tema, sul quale ex professo questa Suprema Corte non si è spesa in precedenza, giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso compensando le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 16 ottobre 2024