Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18463 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18463 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 8766/2023) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Carmen (P.IVA: P_IVA, in persona del suo titolare NOMECOGNOME rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrente –
contro
Arciconfraternita ‘RAGIONE_SOCIALE Chiesa di San Michele Arcangelo (P.IVA: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila n. 198/2023, pubblicata il 10 febbraio 2023, asseritamente notificata il 10 febbraio 2023;
R.G.N. 8766/23
C.C. 27/05/2025
Appalto -Opere -Pagamento compenso -Penale per ritardo
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27 maggio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
vista l’opposizione tempestivamente spiegata dalla ricorrente avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380bis c.p.c.;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse della ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -La Corte d’appello di L’Aquila, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello spiegato dalla RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, confermava integralmente la sentenza impugnata del Tribunale di Avezzano n. 271/2019, depositata il 7 maggio 2019, che -a sua volta -aveva accolto, per quanto di ragione, l’opposizione spiegata dall’Arciconfraternita ‘Sacro Monte di Pietà’ avverso il decreto ingiuntivo n. 72/2014 del 31 gennaio 2014 per euro 20.680,00, a titolo di saldo per i lavori eseguiti in appalto presso la INDIRIZZO Michele Arcangelo in Celano, e aveva condannato parte opponente al pagamento della minore somma di euro 1.880,00, all’esito della compensazione con la rivendicata penale per il ritardo, nella misura di euro 18.800,00 (euro 200,00 giornalieri per i 94 giorni di ritardo accertati dall’11 marzo 2013 al 23 giugno 2013, con esclusione del periodo 23 marzo 2013 -2 aprile 2013), a fronte di un appalto dell’importo complessivo di euro 62.000,00.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che le prove orali
avevano dato conto dell’insussistenza di cause ostative all’esecuzione del lavoro da parte della RAGIONE_SOCIALE, che avessero potuto giustificare il notevole ritardo da questa accumulato nella riconsegna della Chiesa rispetto ai termini pattuiti ed all’impegno da essa assunto di impiegare per l’esecuzione dei lavori almeno cinque maestranze specializzate, come già osservato dal Tribunale; b ) che, contrariamente a quanto addotto dall’appellante, non era previsto che la RAGIONE_SOCIALE fosse immessa nel ‘possesso’ del fabbricato senza che ivi potessero operare altre maestranze, considerato che l’art. 9.2 del contratto stabiliva espressamente che il bene venisse consegnato libero da ogni impedimento, ostacolo, onere o quant’altro potesse impedire o pregiudicare la normale esecuzione dei lavori, garantendo il libero e adeguato accesso, il che non impediva la contemporanea presenza di maestranze che si occupassero di diverse lavorazioni, ove non si fosse ingenerata interferenza; c ) che nessuna iniquità appariva caratterizzare l’entità della penale pattuita, sì da indurre l’esercizio del potere ufficioso di riduzione, al fine di riequilibrare le posizioni delle parti, non essendo state allegate, all’uopo, le circostanze in ragione delle quali avesse dovuto valutarsi l’eccessività di detta penale; d ) che, a fronte di un minore importo della penale (di euro 50,00 giornalieri) e di un tetto massimo complessivo della stessa, come stabiliti nel precedente contratto, quest’ultimo era rimas to inadempiuto ed era stato ‘doppiato’ da quello successivamente stipulato dalle parti il 5 febbraio 2013, il quale aveva previsto che l’entità della penale giornaliera dovesse corrispondere grossomodo a circa l’11,50% del compenso giornaliero pattuito per l’esecuzione dei
lavori nei tempi prestabiliti, sicché detto ammontare non appariva eccessivo; e ) che l’interesse ad ottenere in tempi rapidi la riconsegna della Chiesa, all’evidente fine di riaprire la stessa, come danneggiata dal sisma del 2009, già oggetto del precedente contratto poi superato e della successiva convenzione conclusa tra le parti, era individuabile nella stessa previsione di un termine essenziale ed anzi improrogabile, ai sensi dell’art. 9.1 del contratto; f ) che, in ordine alla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento, doveva aversi riguardo all’effettiva incidenza dello stesso sull’equilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione con l’entità del danno subito; g ) che la RAGIONE_SOCIALE aveva assunto l’impegno a garantire la presenza di almeno cinque lavoratori di adeguate capacità fino alla fine dei lavori, ai sensi dell’art. 5, lett. g), del contratto, mentre, di fatto, risultava che avesse lavorato, almeno dal marzo 2013, con un solo lavoratore, come confermato dai testi escussi, in tal modo mettendosi nelle condizioni di accumulare il notevole ritardo nella riconsegna del fabbricato, da cui dipendeva la complessiva entità della penale, senza che essa potesse ritenersi di per sé oggettivamente eccessiva.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, la RAGIONE_SOCIALE COGNOME
Ha resistito, con controricorso, l’intimata Arciconfraternita ‘Sacro Monte di Pietà’.
-All’esito, è stata formulata proposta di definizione del giudizio depositata il 6 dicembre 2024, accettata il 9 dicembre
2024, comunicata il 9 dicembre 2024, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., alla stregua della ritenuta manifesta infondatezza del ricorso.
Con atto depositato il 20 gennaio 2025, la RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE ha spiegato opposizione avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio.
4. -La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Si premette che il ricorso è procedibile benché non sia stata allegata la relata di notifica della sentenza impugnata (notificazione asseritamente avvenuta il 10 febbraio 2023), posto che, a fronte della pubblicazione della pronuncia il 10 febbraio 2023, il ricorso di legittimità è stato notificato il 9 aprile 2023, ossia entro il termine breve di 60 giorni dal deposito del 10 febbraio 2023 (Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 15832 del 07/06/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 11386 del 30/04/2019; Sez. 6-3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013).
2. -Tanto premesso, con il primo motivo articolato la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1384, 1175, 1337, 1359, 1366 e 1375 c.c., per avere la Corte di merito escluso l’iniquità della clausola penale pattuita per il ritardo, senza valutare l’interesse all’adempimento del creditore, con riferimento al momento in cui la prestazione è stata definitivamente eseguita, non tenendo conto dei limiti all’applicazione della penale derivanti dai canoni di correttezza e buona fede.
Obietta l’istante che il potere di riduzione della penale avrebbe dovuto essere esercitato tenendo conto dell’interesse che la parte, secondo le circostanze, aveva all’adempimento della prestazione, alla stregua delle ripercussioni dell’inadempimento sull’equilibrio delle prestazioni e della sua effettiva incidenza sulla realizzazione dell’interesse della parte, riferita non solo al momento della conclusione del contratto, ma anche a quello in cui la prestazione attesa era stata, sia pure in ritardo, eseguita o era rimasta definitivamente ineseguita.
Ora -ad avviso della ricorrente -la Corte d’appello, facendo leva sulla previsione di un termine essenziale e improrogabile per l’adempimento, come contenuta nell’art. 9.1 del contratto d’appalto, avrebbe ancorato la valutazione sull’interesse all’adempimento al momento cronologico della conclusione del contratto, trascurando completamente ogni considerazione sull’alterazione dell’equilibrio tra le controprestazioni derivante dall’evoluzione del rapporto e sul quomodo del mutamento dell’interesse della creditrice alla consegna tempestiva della Chiesa.
Ebbene, la committente -che già nel precedente contratto d’appalto, per le stesse lavorazioni, aveva indicato un termine finale per l’adempimento del 31 dicembre 2012, successivamente procrastinato con il contratto novativo al 10 marzo 2013 -avrebbe ritenuto ancora rispondente al proprio interesse la consegna dell’ opus dopo ulteriori 94 giorni di ritardo, maturando così il diritto alla percezione della penale.
Sicché, a fronte di una clausola seppure equa nel suo sorgere, essa sarebbe divenuta iniqua nella fase attuativa.
Infatti, all’atto della consegna dell’ opus , rispetto al maggior guadagno di euro 12.000,00 -ricavabile dalla differenza tra il corrispettivo del secondo contratto d’appalto di euro 62.000,00, che comprendeva anche le lavorazioni del primario contratto, e l’importo del primo contratto di euro 50.000,00 la RAGIONE_SOCIALE era risultata debitrice, a titolo di penale, della somma di euro 18.800,00, pari ad euro 200,00 per 94 giorni di ritardo, ossia sarebbe stata privata di circa un terzo del compenso complessivo pattuito.
3. -Con il secondo motivo formulato la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per motivazione perplessa e incomprensibile, quanto alla valutazione della congruità della penale sulla base del riferimento al compenso giornaliero.
Osserva l’istante che il giudice di secondo grado avrebbe espresso un giudizio di congruità della penale all’esito di una valutazione di proporzionalità tra la penale giornaliera e un preteso compenso giornaliero dell’appalto, laddove il compenso dell’appalto era stato concordato per il complesso delle lavorazioni appaltate e non già per le singole giornate lavorative.
Cosicché, quand’anche verosimilmente tale compenso giornaliero fosse stato dedotto ripartendo il prezzo dell’appalto per il tempo concesso per la sua esecuzione, a partire dalla sottoscrizione del contratto sino alla data finale fissata per l’adempimento, la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto che le lavorazioni erano già iniziate dal luglio 2012, con l’effetto che non sarebbe stato possibile individuare un compenso giornaliero rispetto al quale parametrare la clausola penale.
4. -Con il terzo motivo svolto la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omessa valutazione dell’incidenza del contratto originario sulla durata complessiva del rapporto negoziale e conseguentemente sul valore giornaliero del compenso, senza alcun apprezzamento in ordine alla carenza della previsione di un tetto massimo della penale.
Espone l’istante che la Corte distrettuale avrebbe omesso di valutare l’originario contratto di appalto, il che avrebbe inficiato il giudizio di equità della clausola penale concordata nel contratto novativo.
5. -In ultimo, con l’atto di opposizione la ricorrente sostiene, per un verso, che -secondo l’ANAC , nel contesto degli appalti pubblici e, di conseguenza, anche in quelli privati, le penali possono essere applicate solo in caso di ritardo nell’esecuzione della prestazione, imputabile in via esclusiva alla ditta appaltatrice, e non già ove questa sia bloccata dalla presenza di altre maestranze o peggio ancora se, a causa di queste ultime, debba ripetere una serie di lavorazioni; e, per altro verso, che -secondo l’art. 126 del d.lgs. n. 36/2023 le penali non possono essere superiori al 10% dell’importo contrattuale.
5.1. -Ora, tali ultime obiezioni sono nuove, in quanto attengono a profili non affrontati né nei gradi di merito del giudizio, né nel ricorso introduttivo del giudizio di legittimità, sicché appaiono inammissibili.
6. -Per converso, i primi due motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono fondati nei termini che seguono.
6.1. -Occorre, in proposito, evidenziare che la sentenza impugnata ha ponderato, ai fini di escludere la riduzione della penale, l’interesse del creditore all’adempimento, avendo esclusivo riguardo all’interesse specifico dell’Arciconfraternita ad ottenere in tempi rapidi la riconsegna della Chiesa, all’evidente fine di riaprire la stessa, danneggiata dal sisma del 2009, già oggetto del precedente contratto poi superato dalla successiva convenzione conclusa tra le parti, interesse individuabile nella stessa previsione di un termine essenziale ‘ed anzi improrogabile’.
Inoltre, nella fattispecie, la congruità della penale giornaliera per il ritardo è stata parametrata alla sua proporzione rispetto al compenso complessivo, specificando che il mero fatto che inizialmente la sua misura fosse stata determinata in euro 50,00 giornalieri (anziché in euro 200,00, come avvenuto con il nuovo contratto di appalto), senza la previsione di un tetto massimo, non costituisse un indice della sua iniquità.
D’altronde, la percentuale della penale per il ritardo sul compenso giornaliero, nella misura dell’11,50%, è stata calcolata dividendo il compenso complessivo pattuito per il numero di giorni lavorativi programmati.
Ancora, la Corte del gravame ha escluso che la compresenza di altre maestranze avesse aggravato la progressione dei lavori di restauro, la cui prolungata durata doveva invece imputarsi al numero esiguo di lavoratori impiegati rispetto a quelli stabiliti proprio per portare a compimento l’opera nel termine pattuito.
6.2. -Nondimeno non è stato descritto in termini analitici il danno ipoteticamente subito dal creditore in conseguenza di tale
ritardo, né vi è alcun riferimento alla congruità della penale per il ritardo, non già in chiave statica (rispetto alla previsione genetica della sua misura), bensì in chiave dinamica e comparativa (all’esito del confronto tra la sua cristallizzazione, in ragione del ritardo definitivo consacratosi nella fase esecutiva, e il compenso complessivo convenuto per l’opera appaltata).
Segnatamente vi è una specifica ponderazione circa la congruità della penale pattuita per ogni giorno di ritardo rispetto all’importo complessivo dell’appalto (euro 200,00 giornalieri, pari all’11,50% del compenso giornaliero complessivo concordato), ma non vi è alcun apprezzamento sulla congruità della penale come definitivamente quantificata all’esito del ritardo maturato pari ad euro 18.800,00 -, a fronte del compenso stabilito in contratto -pari ad euro 62.000,00 -.
Orbene, per la valutazione della manifesta eccessività della clausola penale ai fini dell’art. 1384 c.c., il criterio di riferimento per il giudice è costituito dall’interesse del creditore all’adempimento e, cioè, dell’effettiva incidenza dell’inadempimento sullo squilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale nel corso di rapporto, sicché non può prescindersi da una comparazione con il danno che sarebbe stato ipoteticamente risarcibile in mancanza della clausola, la quale è una predeterminazione forfettaria di tale pregiudizio (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 14706 del 27/05/2024; Sez. 3, Ordinanza n. 26901 del 20/09/2023; Sez. 1, Sentenza n. 10626 del 09/05/2007; Sez. L, Sentenza n. 7835 del 04/04/2006).
E tanto sebbene la riduzione della penale non debba essere rigidamente ed esclusivamente correlata con l’effettiva entità del
danno subito (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 19492 del 10/07/2023; Sez. 6-1, Ordinanza n. 17731 del 07/09/2015; Sez. 2, Sentenza n. 6158 del 16/03/2007; Sez. 2, Sentenza n. 7528 del 23/05/2002; Sez. 3, Sentenza n. 6380 del 08/05/2001; Sez. 3, Sentenza n. 3475 del 14/04/1994; Sez. 2, Sentenza n. 5625 del 09/06/1990).
In questa prospettiva, ai fini dell’art. 1384 c.c., il criterio fondamentale per valutare l’eccessività della penale coincide con il dato oggettivo dello squilibrio tra le posizioni delle parti con riferimento alla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento alla data di stipulazione del contratto; tuttavia, il riferimento all’interesse del creditore, avendo la funzione di indicare lo strumento per mezzo del quale giungere a stabilire se la penale sia o meno manifestamente eccessiva, presuppone una motivata valutazione della situazione esistente al momento della sua applicazione (con specifico riferimento al contratto di leasing traslativo Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 28037 del 04/10/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 10249 del 30/03/2022).
Per l’effetto, l’ammontare, che pur potrebbe essere eccessivo rispetto al momento della stipulazione, potrebbe non esserlo più rispetto a quello di applicazione, cosa che varrebbe semplicemente a testimoniare l’esistenza di un irrilevante errore di previsione del contratto, ma non l’iniquità della clausola in rapporto alla sua funzione.
Oppure, viceversa, come nella specie, l’ammontare, che pur potrebbe essere equo rispetto al momento della stipulazione, potrebbe non esserlo più rispetto a quello di applicazione, cosa che implicherebbe l’iniquità della clausola.
Ed invero, ai fini dell’esercizio del potere di riduzione della penale, il giudice non deve valutare l’interesse del creditore con esclusivo riguardo al momento della stipulazione della clausola -come sembra indicare l’art. 1384 c.c., riferendosi all’interesse che il creditore ‘aveva’ all’adempimento , ma deve valutare tale interesse anche con riguardo al momento in cui la prestazione è stata tardivamente eseguita o è rimasta definitivamente ineseguita, poiché anche nella fase attuativa del rapporto trovano applicazione i principi di solidarietà, correttezza e buona fede, di cui agli artt. 2 Cost., 1175 e 1375 c.c., conformativi dell’istituto della riduzione equitativa, dovendosi intendere, quindi, che la lettera dell’art. 1384 c.c., impiegando il verbo ‘avere’ all’imperfetto, si riferisca soltanto all’identificazione dell’interesse del creditore, senza impedire che la valutazione di manifesta eccessività della penale tenga conto delle circostanze manifestatesi durante lo svolgimento del rapporto (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11908 del 19/06/2020; Sez. 1, Sentenza n. 21994 del 06/12/2012; Sez. 3, Sentenza n. 15497 del 05/11/2002; Sez. 2, Sentenza n. 8189 del 06/06/2002; Sez. 3, Sentenza n. 9298 del 03/09/1999; Sez. 2, Sentenza n. 2655 del 26/03/1997; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9739 del 14/04/2025; Sez. 2, Ordinanza n. 10014 del 12/04/2024; Sez. 2, Sentenza n. 9150 del 03/04/2023).
Deve, infatti, prendersi in considerazione anche il decorso del tempo, in quanto la valutazione riferita esclusivamente al momento in cui si è concluso il contratto a cui accede la penale, e non anche a quello in cui viene chiesto il pagamento, ha come inevitabile conseguenza l’impossibilità di attribuire rilevanza
all’eventuale sopravvenienza di fatti che riducano l’interesse del creditore (o che, al contrario, determinino la trasformazione in accettabile, se non addirittura in irrisoria, di una penale che poteva considerarsi eccessiva al momento della stipulazione).
E tanto alla stregua del dovere costituzionale di solidarietà, dell’esigibilità come limite delle pretese creditorie e dei canoni di correttezza e buona fede oggettiva.
In questa logica non è possibile espungere ogni considerazione della fase attuativa del rapporto, ai fini di enucleare l’interesse del creditore alla prestazione.
Nella fattispecie, la valutazione della manifesta eccessività è stata vincolata ad un rigido riferimento temporale -quello della stipulazione del contratto -e non ha tenuto conto anche delle circostanze manifestatesi durante lo svolgimento del rapporto, con precipuo riguardo alla cristallizzazione del periodo di ritardo.
All’esito, il giudice del rinvio dovrà stabilire se la penale prevista contrattualmente per il ritardo sia o meno manifestamente eccessiva rispetto all’interesse del creditore, valutato tenendo conto dell’ipotetico pregiudizio subito dal creditore in conseguenza di detto ritardo e dell’eventuale variazione della situazione determinatasi al momento della richiesta della penale rispetto a quella considerata al momento della conclusione del contratto (all’esito della comparazione, appunto, tra l’importo complessivo dell’appalto e l’ammontare della penale secondo il ritardo concretamente determinatosi sino alla definitiva esecuzione della prestazione).
7. -Il terzo motivo è assorbito in conseguenza dell’accoglimento delle prime due censure.
8. -In definitiva, il primo e il secondo motivo del ricorso devono essere accolti, nei sensi di cui in motivazione, mentre il restante motivo è assorbito.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata, limitatamente ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso, nei sensi di cui in motivazione, dichiara assorbito il rimanente motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda