Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21609 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21609 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’Avv.
contro
CAPECCHI NOME
-intimato – avverso la sentenza n. 1253/2022 della CORTE DI APPELLO DI FIRENZE, depositata il giorno 15 giugno 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che
con decreto n. 148/2009, il Tribunale di Grosseto ingiunse a NOME COGNOME ed NOME COGNOME il pagamento in favore di NOME COGNOME della somma di euro 7.184.96, oltre IVA ed accessori, nonché delle spese di procedimento, liquidate in euro 808;
IPOTECA – RIDUZIONE EX ART. 2874 COD. CIV.
NOME COGNOME -ricorrente –
lo stesso Tribunale rigettò l’opposizione al monitorio dispiegata dagli ingiunti, condannando questi ultimi in solido alla refusione delle spese del giudizio, liquidate in euro 1.200, oltre accessori;
in forza di detti provvedimenti, NOME COGNOME iscrisse su immobili di NOME COGNOME due ipoteche: la prima, per l’importo di euro 36.000, a fronte di un credito dichiarato di euro 7.184,96; la seconda, per un importo di euro 3.600, a fronte di un capitale di euro 1.200;
assumendo che le iscrizioni ipotecarie erano state compiute per importi di cinque volte superiori alle somme dovute, NOME COGNOME domandò al Tribunale di Grosseto la riduzione delle ipoteche ai sensi dell’art. 2874 cod. civ. nonché la condanna di NOME COGNOME al risarcimento dei danni patiti a causa delle iscrizioni;
all’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale dispose la riduzione delle ipoteche (rispettivamente: da euro 36.000 ad euro 20.694,22 e da euro 3.600 ad euro 1.440), ma rigettò la domanda risarcitoria;
la decisione in epigrafe indicata ha disatteso l’appello interposto da NOME COGNOME, il quale ricorre per cassazione, articolando quattro motivi, illustrati da sintetica memoria;
non svolge difese nel giudizio di legittimità NOME COGNOME;
il Collegio si è riservato il deposito dell ‘ ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell ‘ art. 380bis. 1 cod. proc. civ.;
Considerato in diritto
con il primo motivo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1294 e 1314 cod. civ., parte ricorrente imputa al giudice territoriale di non aver considerato che la condanna contenuta nel decreto ingiuntivo era rivolta a NOME e NOME COGNOME senza espressa dichiarazione di solidarietà (sicché ognuno era tenuto soltanto per la sua quota parte): sostiene, pertanto, che dalla condanna degli opponenti in solido alle spese di lite del giudizio di opposizione la sentenza impugnata abbia
erroneamente inferito « che sia dovuto in solido anche il pagamento della somma portata dal d.i. opposto »;
il motivo è inammissibile;
nella pronuncia impugnata l’afferma ta solidarietà della obbligazione è argomentata sul rilievo che ambedue i soggetti ingiunti « erano tenuti ad effettuare la medesima prestazione », con la precisazione che « l’esistenza del vincolo di solidarietà tra i due condebitori poteva formare semmai oggetto di eccezione nel giudizio di opposizione ma non può essere rimessa in discussione in questa sede »;
le descritte rationes decidendi non sono attinte criticamente dalla doglianza in scrutinio, la quale non esprime ragioni di dissenso rispetto ad esse in maniera completa, specifica e pertinente, sì da integrare violazione del requisito prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso, d all’art. 366, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. (tra le tante, Cass., Sez. U, 28/10/2020, n. 23745; Cass. 24/02/2020, n. 4905);
il secondo motivo, per violazione degli artt. 2838, 2872 e 2874 cod. civ., lamenta l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale con il quantificare il credito risultante dal titolo in euro 17.254,19 in luogo del complessivo importo di euro 10.084,57;
anche questo motivo è inammissibile;
esso si risolve in una stereotipa riproposizione di argomenti già spesi innanzi il giudice di appello: ma, soprattutto, non considera che, ai fini della determinazione del credito garantito, nella sentenza impugnata sono stati computati gli interessi sulla sorte capitale, espunti invece dal calcolo analitico sviluppato nel ricorso in esame;
il terzo motivo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 96 cod. proc. civ. e 1226 cod. civ., censura il rigetto della domanda di risarcimento del danno per azione esperita senza normale prudenza e la richiesta di valutazione equitativa del pregiudizio, pur in presenza della riscontrata eccessività della iscrizione ipotecaria;
la doglianza è inammissibile;
anch’essa, infatti, non rivolge una censura precisa, puntuale e pertinente alla trama argomentativa sviluppata dalla gravata pronuncia, la quale ha posto a fondamento del rigetto della istanza risarcitoria l’insussistenza (per mancata dimostrazione) di pre giudizio conseguente alla mera eccessività della iscrizione ipotecaria: e detta considerazione è del tutto trascurata dal motivo in esame, che si compendia in considerazioni di carattere generale ed apodittico, puramente e semplicemente affermative del fatto sostanziale che la Corte d’appello ha escluso fosse provato;
il quarto motivo, per violazione degli artt. 74 e 131 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e per errata applicazione dell’art. 13, comma 1 -quater, del medesimo d.P.R., denuncia l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha dato atto della sussistenza dei presupposti per il c.d. raddoppio del contributo unificato, non considerando che l’appellante era stato ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato;
il motivo è inammissibile;
come chiarito da questa Corte nella sua composizione più tipica di organo della nomofilachia, la debenza dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato (c.d. doppio contributo) pari a quello dovuto per l ‘ impugnazione é normativamente condizionata a due presupposti: il primo, di natura processuale, costituito dall ‘ adozione di una pronuncia di integrale rigetto oppure inammissibilità oppure improcedibilità dell ‘ impugnazione, la cui sussistenza e oggetto dell ‘ attestazione resa dal giudice dell ‘ impugnazione ai sensi del l’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002; il secondo, di diritto sostanziale tributario, consistente nell ‘ obbligo della parte impugnante di versare il contributo unificato iniziale, il cui accertamento spetta invece all’ amministrazione giudiziaria (Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315);
r.g. n. 22074/2022 Cons. est. NOME COGNOME
l’ attestazione resa dal giudice dell ‘ impugnazione sulla sussistenza dei presupposti per il c.d. raddoppio del contributo unificato ha dunque soltanto funzione ricognitiva in ordine al tenore della decisione (e ciò al fine di sottrarre al funzionario amministrativo, che deve poi in concreto verificare se il contributo è dovuto, il compito di interpretare la sentenza): si tratta, pertanto, di una pronuncia priva di carattere decisorio, avverso la quale difetta l’interesse ad impugnare (cfr., oltre a Cass. n. 4315 del 2020, anche Cass. 10/06/2021, n. 16288);
il ricorso è dichiarato inammissibile;
non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non avendo ivi la parte intimata svolto attività difensive;
atteso l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 , nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
l ‘attestazione che precede non è esclusa dalla circostanza che la ricorrente risulti ammessa al patrocinio a spese dello Stato (come da delibera versata in atti): tanto perché siffatta ammissione al patrocinio a spese dello Stato è suscettibile di essere revocata, anche dopo la pronuncia della sentenza che ha definito il giudizio di impugnazione, allorquando sopravvengano i presupposti di cui all’art. 136 del cit ato d.P.R. n. 115 del 2002 (Cass, Sez. U, 20 febbraio 2020 n. 4315);
p. q. m.
dichiara inammissibile il ricorso;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento
al competente ufficio di merito da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione