Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23417 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23417 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3250/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale EMAILpec.ordineavvocaticatania.it ;
-ricorrente-
contro
UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE DI CATANIA, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA SICILIA, MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 1353/2019 depositata il 11/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2025 dalla consigliera NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.La Corte d’appello di Catania con la sentenza qui impugnata si è pronunciata sul gravame proposto dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, nonché dalla Direzione scolastica regionale per la Sicilia e dall’Ufficio scolastico provinciale di Catania, avverso la sentenza del Tribunale di Catania, che in parziale accoglimento dell’opposizione proposta dal medesimo Ministero aveva ingiunto il pagamento in favore della società RAGIONE_SOCIALE dell’importo di euro 2.465.228,49 oltre gli interessi moratori ex d.lgs. 231/2002 nella misura legale dalla domanda al soddisfo. Il pagamento era dovuto in forza della convenzione stipulata il 22 maggio 1998 tra il Comune di Catania e la società RAGIONE_SOCIALE (società costituita per lo svolgimento di servizi di interesse comunale) alla quale l’Ente aveva affidato il servizio di pulizia dei plessi scolastici secondo modalità, tempi e corrispettivi ivi indicati.
Con l’opposizione il Ministero contestava l’erroneo rigetto dell’eccezione svolta in punto di difetto di legittimazione passiva (1), l’errata conclusione secondo la quale le fatture prodotte costituivano idonea prova del credito vantato (2), la ritenuta sussistenza della prova circa la fondatezza della pretesa azionata da RAGIONE_SOCIALE argomentata sulla scorta della relazione della consulenza tecnica d’ufficio espletata in altro giudizio fra le stesse parti (3) e il mancato accoglimento dell’eccezione riguardante la disposta riduzione del 25% della spesa relativamente all’anno 2010 in virtù della circolare numero 9537 del 2009 del Ministero dell’Interno (4).
La Corte d’appello respingeva la doglianza in punto di legittimazione passiva del Ministero a seguito della ricostruzione della normativa rilevante sul punto. In particolare riteneva che a
seguito dell’emanazione della legge n. 124 del 1999 e del successivo d.m. 184/1990, che avevano comportato il trasferimento dal Comune allo Stato dell’onere di fornitura dei servizi ATA limitatamente ai servizi resi in favore delle scuole statali, sussisteva la legittimazione passiva del Ministero.
Parimenti respingeva la seconda doglianza sulla prova del credito ritenendola inammissibile in mancanza di contestazioni sulle prestazioni effettuate dall’appaltatrice.
Respingeva altresì il terzo motivo ritenendo corretto il richiamo al giudicato formatosi nel precedente giudizio tra le parti.
La Corte territoriale accoglieva, invece, il quarto motivo atteso che il contenuto della circolare n. 9537 del 14 dicembre 2009 del Miur richiamava il disposto dell’articolo 11 r.d. n.2440/1923, a tenore del quale era stato comunicato relativamente all’anno 2010 che la spesa per la fornitura di servizi di pulizia ed altre attività ausiliarie doveva essere prevista nella misura massima del 75% del corrispettivo del contratto in essere. Ciò posto, a fronte della comunicazione alla Catania RAGIONE_SOCIALE detta circolare non vi era stato il ricorso alla facoltà di risolvere il contratto, sicché riteneva legittima la decurtazione nella misura del 25% dell’importo dovuto dal Ministero alla Catania RAGIONE_SOCIALE
La cassazione della suddetta sentenza d’appello n.1353/2019 pubblicata l’11/6/2019 è chiesta dalla società RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato il 10/1/2020 affidato a due motivi ed illustrato da memoria.
Il Ministero dell’Istruzione, l’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia e l’Ufficio scolastico provinciale di Catania sono rimasti intimati.
CONSIDERATO CHE
Va preliminarmente rilevato che il ricorso risulta notificato alla sola Avvocatura distrettuale dello Stato mentre avrebbe dovuto essere notificato all’Avvocatura generale dello Stato;
conseguentemente è nulla la notifica effettuata presso l’Avvocatura distrettuale anziché presso l’Avvocatura generale dello Stato e astrattamente ne è ammissibile la rinnovazione presso quest’ultima (Cass. Sez. Un. 608/2015).
9.1. Tuttavia, come precisato sempre dalla Corte, ove si abbia ragione di ritenere che il ricorso non superi la soglia di ammissibilità, ciò esonera la Corte dal disporne la rinnovazione della notificazione in applicazione del principio della ragionevole durata del processo, che impone al giudice, ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c., di evitare e impedire i comportamenti che ostacolino una sollecita definizione del giudizio, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuale e in formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo (cfr. Cass. 6924/2020; id. 16141/2019).
9.2. Ritiene, infatti, il Collegio che il ricorso in esame sia inammissibile per quanto di seguito osservato.
Con il primo motivo si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ.) la violazione e falsa applicazione del disposto dell’art. 345, comma uno, cod. proc. civ. per avere la Corte territoriale erroneamente accolto il quarto motivo di appello relativo alla riduzione del 25% della spesa relativamente all’anno 2010 in virtù della circolare n. 9537 del 14 dicembre 2009 ritenendo ritualmente proposta la relativa eccezione da parte dell’amministrazione , nonostante il primo giudice l’avesse rigettata sul presupposto che la stessa mai fosse stata argomentata dall’Avvocatura in difesa del Ministero.
10.1. La censura è inammissibile perché non si confronta con la motivazione della sentenza che dà atto che sulla questione il giudice di primo grado si era espresso, seppure in termini diversi ( cfr. pag.7 , righi 5-7 della sentenza di prime cure) e che nessun rilievo di inammissibilità della censura risultava essere stato proposto dalla parte appellata e odierna ricorrente.
11. Con il secondo motivo si deduce (in relazione all’art. 360, n.3, cod. proc. civ.) che la Corte territoriale abbia erroneamente equiparato la mera comunicazione della circolare 9537 del 14 dicembre 2009 a una ‘ concordata riduzione ‘, ignorando che la RAGIONE_SOCIALE aveva espresso dissenso attraverso le note del 10.2.2010 e 8.2.2010, allegate agli atti del fascicolo di primo grado.
11.1. La censura è inammissibile.
11.2. E’ stato al riguardo chiarito che (Cass. 18002/2018) l’art. 11 del r.d. n. 2440 del 1923, nel disporre che l’appaltatore è tenuto ad assoggettarsi, entro il limite di un quinto del prezzo di appalto, ad eventuali aumenti o diminuzioni nelle opere, lavori o forniture che si rendano necessari nel corso dell’esecuzione del contratto, detta una regola di carattere generale (già introdotta, in materia di lavori pubblici, dall’art. 344 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F), applicabile agli appalti pubblici ed analoga a quella dettata in materia di appalti privati dall’art. 1661 cod. civ.. L’esercizio della corrispondente facoltà da parte dell’Amministrazione non richiede un’apposita previsione contrattuale, costituendo espressione del principio, immanente alla disciplina dell’appalto, secondo cui la realizzazione dell’opera o la prestazione del servizio ha luogo nell’esclusivo interesse del committente. Esso non richiede la stipulazione di un atto aggiuntivo e non è subordinato al verificarsi di fatti sopravvenuti ed imprevedibili al momento della stipulazione del contratto, ma solo all’osservanza del limite quantitativo stabilito dalla legge, nonché al rispetto della natura essenziale della prestazione pattuita, rispetto alla quale le variazioni disposte non possono introdurre modificazioni sostanziali (cfr. Cass., Sez. I, 13/07/1983, n. 4760).
11.3. La ricorrente non attinge la correttezza del principio interpretativo richiamato a fondamento della statuizione impugnata ma riproponendo le medesime argomentazioni già sfavorevolmente
vagliate dal giudice di merito, si astiene dal formulare una critica specifica ed incorre perciò nella preclusione dell’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.
Il ricorso è dunque inammissibile.
Nulla è dovuto per le spese di lite per essere l’Amministrazione rimasta intimata.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione civile