Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4251 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 4251 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/02/2024
Sentenza
sul ricorso iscritto al n. 4110/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, domiciliata a Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ;
-ricorrente-
contro
NOME NOME, difeso da ll’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME, domiciliato a Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro n. 1227/2019 del l’11 /6/2019.
Ascoltata la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Ascoltato il AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità di entrambi i ricorsi .
Ascoltati gli avvocati NOME COGNOME per la ricorrente RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME per la ricorrente RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME per il controricorrente.
Fatti di causa
Il promissario acquirente NOME COGNOME conveniva dinanzi al Tribunale di Cosenza la costruttrice e promittente venditrice RAGIONE_SOCIALE per la riduzione del prezzo a causa di difformità progettuali e vizi nella costruzione del bene oggetto del contratto preliminare. La convenuta chiedeva il rigetto e in via riconvenzionale la risoluzione del contratto per inadempimento del promissario acquirente e la ritenzione della penale contrattualmente concordata, poiché la controparte aveva sospeso il pagamento a rate del prezzo. Nelle conclusioni, l’attore chiedeva in via subordinata la riduzione della penale per l’eccessiva onerosità. In primo grado, veniva dichiarata la risoluzione del contratto preliminare e la ritenzione della penale di € 413.000, pari al 20% del prezzo della compravendita, in assenza di elementi per ridurla ex art. 1384 c.c. In secondo grado l’importo della penale da ritenere è stato ridotto alla metà, cioè a € 206.500 (sulla base dell’adempimento parziale del promissario acquiren te e dell’eccessiva onerosità), le spese dei due gradi sono state compensate per un terzo e l’attore è stato condannato a rimborsare alla convenuta i restanti due terzi. Nel frattempo, la convenuta è stata oggetto di scissione societaria di cui sono state beneficiarie la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, nella pari misura del 50% RAGIONE_SOCIALE quote sociali, dell’attivo e del passivo della precedente società (poi estintasi). In seguito alla sentenza di primo grado la RAGIONE_SOCIALE ha restituito pro quot a all’attore le somme da questo versate, al netto della penale riconosciuta alla promittente venditrice.
Ricorrono in cassazione con due atti introduttivi distinti la RAGIONE_SOCIALE con due motivi, illustrati da memoria, e la RAGIONE_SOCIALE con due motivi. Resiste il promissario acquirente attore, COGNOME, con due distinti controricorsi, illustrati da memoria. L’interlocutoria n. 28549/21 ha rimesso la trattazione del ricorso alla pubblica udienza.
Ragioni della decisione
-In via preliminare è da statuire che il ricorso di COGNOME è procedibile (questo il dubbio che aveva sollecitato la rimessione alla pubblica udienza), poiché (come dichiarato anche dalla ricorrente in memoria) la copia della sentenza notificata con la relata di notifica è stata depositata correttamente.
Con il primo motivo (p. 8) del ricorso di COGNOME è denunciato l’omesso esame circa fatto decisivo ovvero omessa motivazione sul supposto adempimento parziale da parte del promissario acquirente, valutato ai fini della riduzione dell’ammontare della clausola penale ex art. 1384 c.c. In particolare, si fa valere che al fine di giustificare la riduzione della penale la Corte di appello ha rilevato che il NOME avrebbe versato una somma di poco inferiore al 50% del prezzo complessivo ed ha assunto che di tale somma godrebbe, a tutt’oggi, la promittente venditrice, cosicché il giudice di secondo grado ha omesso di considerare che tali somme, al momento della sua pronunzia, non erano più nella disponibilità del promittente venditore, poiché integralmente restituite al promissario acquirente, al netto della penale. Inoltre, il giudice di secondo grado ha omesso di considerare che, trattandosi di vendita immobiliare oggetto di risoluzione con restituzione RAGIONE_SOCIALE prestazioni e ritenzione della penale non è configurabile propriamente un adempimento parziale.
Con il secondo motivo (p. 14) del ricorso di COGNOME è denunciata la violazione degli artt. 1382 e 1384 c.c. e dell’art. 134 d.lgs. 163/2006
per avere la Corte di appello qualificato la penale pattuita come manifestamente eccessiva facendo riferimento all’art. 134 d.lgs. 163/2006 , che non è applicabile nella fattispecie. Tale disposizione considera il caso di recesso dell’appaltante e grava quest’ultimo del pagamento all’appaltatore RAGIONE_SOCIALE opere eseguite e dei materiali utili presenti in cantiere, oltre al decimo dell’importo RAGIONE_SOCIALE opere non e seguite. Il giudice d’appello ha considerato il preliminare di compravendita tra il NOME e la RAGIONE_SOCIALE alla stregua di un contratto d’appalto e stimato, quindi, l’utile netto della alienazione (che vedeva un prezzo di € 2.065.000) in € 206.500 ovverosia pari a quel 10% che spetta all’appaltatore sui lavori ancora da eseguire, in caso di recesso della stazione appaltante, ma il contratto di vendita non può essere assimilato al contratto d’appalto, nemmeno se il venditore ha costruito il bene. Viceversa, l’entità della penale è stata equamente pattuita dalle parti, non solo in considerazio ne dell’utile atteso, ma anche perché il RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la riduzione della penale sul limitato presupposto dell’inesistenza di una propria responsabilità nell’inadempimento che ha condotto alla risoluzione contrattuale. Si allega poi a sostegno dell’argomentazione un avviso di accertamento dell’RAGIONE_SOCIALE (p. 18) e si cita dottrina sulla multifunzionalità della penale, e quindi si denuncia che sia stato considerato solo il mancato utile.
– Con il primo motivo (p. 11) del ricorso di COGNOME si denuncia la violazione degli artt. 1382 e 1384 c.c., de ll’art. 134 d.lgs. 163/2006 nonché l’omesso e /o contraddittorio esame di un fatto decisivo per aver ridotto la penale ritenendo di poter qualificare i pagamenti in acconto del promissario acquirente come adempimento parziale e che l’interesse all’adempimento del promittente venditore non potesse superare il 10% del prezzo complessivo.
Con il secondo motivo (p. 23) del ricorso di COGNOME si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il punto decisivo, per avere la Corte di appello da un lato riconosciuto l’inadempimento del promissario acquirente, dall’altro lato diminuito la penale sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che la promittente venditrice ha avuto la disponibilità degli acconti versati dalla controparte per un lungo arco di tempo e che l’interesse all’adempimento del promittente venditore non potesse superare il 10% del prezzo complessivo.
-I quattro motivi di ricorso (i due di COGNOME e i due di COGNOME) possono essere esaminati congiuntamente, in quanto sollevano questioni comuni e convergono nell’obiettivo di sovrapporre l’ apprezzamento RAGIONE_SOCIALE parti a quello della Corte di appello circa la riduzione della somma di denaro da trattenere a titolo di penale, disposta in secondo grado.
Ognuno dei quattro motivi è da disattendere.
La parte censurata della sentenza (p. 9) è sintetizzabile così. Il promissario acquirente ha adempiuto parzialmente al contratto preliminare, pagando alla promittente venditrice la somma di € 970.000 (corrispondente a poco meno della metà del corrispettivo pattuito), senza poi pervenire alla stipula del contratto definitivo. Di tale importo gode, sino ad oggi, la promittente venditrice poiché non è stata proposta domanda di restituzione e il pagamento non è contestato. D’altro lato, considerati i risultati dell’indagine sui prezzi di mercato svolta dal c.t.u. in primo grado, dall’esecuzione del contratto la promittente venditrice non avrebbe potuto trarre un utile netto del 20%, poiché tale margine di guadagno esula dalle usuali regole di mercato e dalle stesse disposizioni normative che, in materia di appalto, sono volte a remunerare l’appaltatore del mancato utile, fissandolo in percentuali pari al 10% (cfr. art. 134 d.lgs. 163/2006, come vigente all’epoca dei fatti). Di
conseguenza, la Corte di appello tiene conto sia dell’adempimento parziale, che ha consentito alla promittente venditrice di fruire di una tale cospicua liquidità per un prolungato periodo di tempo, sia della comparazione tra l’utile che l’impresa avrebbe potuto trarre dalla regolare esecuzione del contratto, che si stima non superiore al 10%, e l’ammontare della penale. In conclusione, la Corte di appello ha ritenuto che l’importo della penale sia eccessivo e sia da ridurre ex art. 1384 c.c. Alla luce dei parametri indicati, la Corte ha ritenuto equo ridurre la penale della metà e quindi al complessivo importo di € 206.500.
Dalla sintesi si evince che la Corte non ha scambiato il contratto di vendita per un contratto di appalto, ma ha usato quella disposizione solo come punto di riferimento argomentativo per esemplificare un parametro di individuazione della somma diminuita di cui essa ha ritenuto equo disporre la ritenzione. Analogamente la Corte ha parlato in senso ampio di «adempimento parziale» con riferimento alla disponibilità nel patrimonio della promittente venditrice, per un apprezzabile arco di tempo, RAGIONE_SOCIALE somme di denaro corrisposte dal promissario acquirente a titolo di acconti, che è elemento di cui essa ha ritenuto di dover tenere conto nel suo apprezzamento della necessità di ridurre la penale. Quanto agli altri argomenti fatti valere, anch’essi al pari dei due precedenti – si sostanziano nel tentativo di sovrapporre l’apprezzamento di parte a quello che la Corte ha espresso in una motivazione che non si espone a censure in sede di legittimità.
Sotto questo profilo, non si scorgono ragioni per non ribadire nel caso di specie il consolidato principio secondo il quale la valutazione di eccessività dell’importo fissato dalle parti contraenti con una clausola penale per il caso di inadempimento o di rita rdo nell’ adempimento, nonché sulla misura della riduzione equitativa d i quell’ importo, rientra nel potere di apprezzamento del giudice del merito il cui esercizio è
incensurabile in sede di legittimità, se fondato – come è richiesto dall’ art. 1384 c.c. – sulla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione all’entità del danno subito. In questo senso, cfr. Cass. 30049/2017 e 23750/2018.
-I due ricorsi sono rigettati. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di ciascuna RAGIONE_SOCIALE due parte ricorrenti, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta i due ricorsi e condanna le due parti ricorrenti in solido a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 7.000 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera di ciascuna RAGIONE_SOCIALE due parti ricorrenti, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 23/1/2024.