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Rideterminazione sanzione: dovere del giudice

Un dipendente pubblico, sanzionato con la sospensione per un mese per essersi allontanato senza autorizzazione, ottiene l’annullamento della sanzione in Appello per sproporzione. L’ente ricorre in Cassazione lamentando la mancata rideterminazione di una sanzione più lieve. La Suprema Corte accoglie il ricorso, stabilendo che la rideterminazione della sanzione disciplinare non è una facoltà, ma un preciso dovere del giudice per tutelare l’interesse pubblico ed evitare l’impunità del lavoratore, anche se la richiesta dell’ente è tardiva.

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Rideterminazione Sanzione Disciplinare: Un Dovere del Giudice, non una Scelta

Quando un giudice annulla una sanzione disciplinare perché ritenuta sproporzionata, cosa succede? Il lavoratore resta impunito? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, fornisce una risposta chiara e netta, delineando i contorni del potere-dovere del giudice di procedere alla rideterminazione della sanzione disciplinare. Questo principio, fondamentale nel pubblico impiego, mira a bilanciare la tutela del lavoratore con la salvaguardia dell’interesse pubblico, evitando che una condotta illecita rimanga priva di conseguenze.

I Fatti del Caso: L’Allontanamento Ingiustificato

Un dipendente amministrativo di un ente pubblico veniva sanzionato con la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un mese. La contestazione riguardava un episodio specifico: il lavoratore aveva timbrato l’entrata al mattino e l’uscita nel pomeriggio, ma durante l’orario di lavoro era stato visto fuori dall’ufficio, al telefono, senza aver timbrato l’uscita intermedia e senza aver ricevuto alcuna autorizzazione dal suo superiore. L’ente datore di lavoro considerava questa condotta una grave violazione dei doveri d’ufficio.

Il Percorso Giudiziario: Dall’Annullamento alla Cassazione

Il dipendente impugnava la sanzione davanti al Tribunale, che gli dava ragione, annullando il provvedimento. L’ente pubblico proponeva appello, ma la Corte territoriale confermava la decisione di primo grado. Secondo i giudici d’appello, la sanzione della sospensione per un mese era sproporzionata rispetto alla condotta, che, pur essendo illecita, non presentava caratteri di fraudolenza e si presumeva essere stata di breve durata. La Corte, inoltre, respingeva la richiesta subordinata dell’ente di ridurre la sanzione, ritenendola tardiva perché formulata solo in sede di appello.

L’ente non si arrendeva e ricorreva per Cassazione, sostenendo che il giudice, una volta accertato l’illecito, avesse il dovere di applicare una sanzione congrua, anche in assenza di una tempestiva richiesta di parte.

La Questione Giuridica: Il Potere di Rideterminazione della Sanzione Disciplinare

Il nodo centrale della controversia riguarda l’interpretazione dell’art. 63, comma 2 bis, del D.Lgs. 165/2001. Questa norma stabilisce che, in caso di annullamento di una sanzione disciplinare per difetto di proporzionalità, il giudice può rideterminarla. La questione è se quel “può” indichi una mera facoltà o un vero e proprio dovere. La Corte di Appello lo aveva interpretato come una facoltà, per di più subordinata a una tempestiva richiesta dell’amministrazione. La Cassazione, invece, sposa una tesi completamente diversa.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ente pubblico, affermando un principio di diritto di notevole importanza. I giudici supremi hanno chiarito che il potere di rideterminare la sanzione disciplinare è, in realtà, un potere-dovere del giudice. Questa interpretazione si fonda su diverse ragioni:

1. Tutela dell’Interesse Pubblico: Annullare la sanzione senza sostituirla con una più adeguata comporterebbe l’impunità del dipendente che ha comunque commesso un illecito. Ciò contrasterebbe con la necessità di tutelare il buon andamento e la trasparenza della Pubblica Amministrazione.
2. Natura della Norma: L’art. 63, comma 2 bis, è una norma processuale che attribuisce un potere specifico al giudice. Come tale, si applica ai processi in corso al momento della sua entrata in vigore, a prescindere da quando sia stato commesso l’illecito.
3. Irrilevanza della Richiesta di Parte: Il dovere del giudice di agire non è condizionato da una richiesta dell’amministrazione. Lo scopo della norma è garantire che a un fatto accertato come disciplinarmente rilevante segua sempre una sanzione proporzionata, a prescindere dalle strategie processuali delle parti.

La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello, rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte per un nuovo giudizio che dovrà attenersi a questo principio, procedendo a determinare la sanzione corretta da applicare al dipendente.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per il diritto del lavoro pubblico. La rideterminazione della sanzione disciplinare non è un’opzione a disposizione del giudice, ma un obbligo funzionale a garantire giustizia ed efficienza. La decisione sottolinea che, una volta accertata la responsabilità del dipendente, il processo non può concludersi con un ‘nulla di fatto’ solo perché la sanzione originaria era eccessiva. Il giudice deve intervenire attivamente per ristabilire l’equilibrio, applicando la giusta misura sanzionatoria che la legge e i contratti collettivi prevedono, a tutela sia del rapporto di lavoro che dell’interesse collettivo.

Se un giudice annulla una sanzione disciplinare perché la ritiene sproporzionata, il dipendente rimane impunito?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice, dopo aver accertato l’esistenza di un illecito disciplinare, ha il dovere di rideterminare la sanzione, applicandone una più adeguata alla gravità del comportamento per evitare l’impunità del dipendente e tutelare l’interesse pubblico.

Il potere del giudice di modificare una sanzione disciplinare si applica anche a illeciti commessi prima dell’entrata in vigore della norma che lo prevede (D.Lgs. 75/2017)?
Sì. Secondo la Corte, la norma che attribuisce al giudice il potere di rideterminare la sanzione (art. 63, comma 2 bis, D.Lgs. 165/2001) è di natura processuale. Pertanto, si applica a tutti i giudizi in corso al momento della sua entrata in vigore, indipendentemente dalla data in cui è stato commesso l’illecito.

Perché il giudice ha il dovere di rideterminare la sanzione anche se l’amministrazione non lo chiede tempestivamente?
Perché tale potere-dovere non è condizionato dalla richiesta dell’amministrazione. La sua finalità è quella di garantire che una condotta disciplinarmente rilevante riceva una sanzione proporzionata. Lasciare la decisione alla richiesta della parte pubblica vanificherebbe lo scopo della norma, che è quello di tutelare l’interesse pubblico e il principio di legalità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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